Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stato chiaro nel presentare il Pnrr alle Camere: «Gli enti locali sono i veri attuatori del Piano». Tanti e tanto profondi sono, infatti, gli interventi posti in capo alle autorità territoriali da renderli il vero e proprio punto centrale dell’intero pacchetto di riforme. Ad essi, infatti, compete l’attuazione del 39,5% dei fondi, pari a 87,4 miliardi di euro.
Alla luce della consistenza di questi fondi, della forte presenza del digitale, della transizione ecologica e della mobilità sostenibile, il Pnrr rappresenta anche l’occasione per molti territori del nostro Paese che attraversano situazioni di forte difficoltà, in particolare nel Mezzogiorno, di ridurre il gap economico, sociale e competitivo e di favorire una maggiore competitività delle imprese e l’inclusione socioeconomica dei cittadini.
Maurizio Pimpinella, Presidente Apsp (Associazione prestatori servizi di pagamento)
Lo testimonia anche il recente studio 2021 dell’Eurispes in cui è evidenziato che «è indubbio che la disunità economica e sociale dell’Italia resta ancora oggi il limite strutturale più evidente e meno affrontato». «La più grande incongruenza del nostro Paese – premette l’istituto di ricerca – è che una parte di esso (pari al 41% dell’intero territorio) vive in condizioni sociali, economiche e civili così dissimili da farla sembrare quasi una nazione a parte».
Condivido infatti il ragionamento per cui «la coesione dell’Italia è la nostra più grande riforma economica (da favorire proprio grazie ai fondi del Pnrr), il superamento del divario la nostra strategia più lungimirante».
Di recente, ad esempio, uno studio della Banca d’Italia ha certificato che la Lombardia è la regione più digitalizzata e ricca di infrastrutture veloci d’Italia, mentre le altre, con in testa quelle del Mezzogiorno, seguono talvolta a grande distanza. Il divario digitale non è certamente un problema solo tecnologico ma anche sociale, culturale ed economico, perché la mancanza di strumenti adeguati per tipologia e numero, di reti a banda larga ultra veloci che garantiscano una connessione efficiente ad internet e il ritardo culturale legato al basso livello di competenze digitali di base, incidono in maniera molto grave sulla vita delle persone.
In una tale condizione, è addirittura in pericolo la garanzia della fruizione dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione: dal lavoro alla salute, dall’educazione ai diritti civili.
Inoltre, secondo le stime prodotte dal ministero per il Sud e la Coesione territoriale: se gli investimenti del Pnrr al Sud saranno realizzati tutti, in quei territori ci sarà un incremento del Pil del 24% contro una media nazionale del 15%. Per riuscirci, il Mezzogiorno avrà bisogno di infrastrutture, soprattutto digitali. Si stima, ad esempio, che entro il 2035 la creazione di ricchezza da parte della filiera 5G sarà di 141 miliardi di dollari di Pil aggiuntivo in Europa. Agganciare questo treno, che secondo le stime richiederà una spesa aggregata di oltre mille miliardi di dollari, sarà vitale per l’Italia e per il Mezzogiorno.
Se gli investimenti del Pnrr saranno realizzati tutti, il Pil del Mezzogiorno crescerà del 24% contro una media nazionale del 15%
Investire in 5G sarà, nel breve periodo, lo stimolo che permetterà da un lato all’industria manifatturiera di rimanere altamente competitiva e dall’altro di ridurre le distanze economiche e territoriali presenti all’interno del nostro Paese, in virtù di nuove autostrade comunicative che sostituiscono quelle fisiche, talvolta imperfette. Ma non basta. Anche in virtù dell’apporto che il Pnrr e la digitalizzazione possono portare in tale ambito, l’incremento di reti e infrastrutture veloci conduce anche allo sviluppo di due particolari aree: quella sociale e quella educativa.
Dal punto di vista sociale, lo sviluppo di reti veloci rappresenterebbe un potente aggregatore e un driver di benessere per le persone, grazie a una maggiore capacità di elaborare dati e di favorire un’economia sostenibile che contribuirebbe, ad esempio, a risolvere il problema del dissesto idrogeologico e a rendere mirati e coerenti, tra loro, gli interventi di sostegno alla piccola imprenditoria locale. Ma è sotto il profilo educativo che le nuove infrastrutture veloci possono contribuire davvero a ridurre sostanzialmente l’attuale gap digitale – sociale – economico del nostro Paese.
Secondo i dati Svimez, vive al Sud il 34% dei ragazzi con famiglie prive di dispositivi informatici e scarso accesso a reti connettive veloci, coi titoli di studio più bassi: «Il rischio è che un terzo dei ragazzi italiani venga escluso dal percorso formativo a distanza, con conseguenze rilevanti nei prossimi anni sui tassi di dispersione scolastica». Potendo fornire servizi educativi di alto livello e privi di barriere, possono essere fortemente ridimensionate ad esempio le differenze di genere, di ceto e di accesso ai servizi fornendo a tutti uguali opportunità che si traducono in maggiore consapevolezza, competenze e competitività personali. Strumenti del genere possono, inoltre, contribuire a contrastare efficacemente il fenomeno dell’emigrazione nazionale ed estera che caratterizza, impoverisce e “svuota” molte regioni del Sud Italia.
Secondo i dati Svimez, al Sud il 34% dei ragazzi vive in famiglie prive di dispositivi informatici e con scarso accesso a connessioni veloci
L’economia della conoscenza è, infatti, diventata il tratto distintivo della competizione internazionale, e chi possiederà le infrastrutture più efficienti nel trasportare le informazioni guadagnerà in termini di competitività. La digital transformation è una risorsa fondamentale a supporto delle Pmi nel passaggio che stanno affrontando. Si tratta di una necessità più impellente al Sud che al Nord, se pensiamo che esistono grandi carenze strutturali, come emerge dal dato che soltanto il 60% delle imprese presenti in quest’area sono dotate di un sito internet.
Il Pnrr è stato percepito da tanti osservatori come un’opportunità davvero irrinunciabile: nell’implementarlo e nello spendere le risorse in esso previste dovremo essere ancora più bravi che nel progettarlo, coinvolgendo le realtà locali e realizzando quelle infrastrutture comunicative che, una volta per tutte, possano rendere finalmente coeso il Paese.