Nell’era dei big data

In una società ad alta tecnologia, dove l’Internet of things diventa realtà, occorre predisporre presidi giuridici che proteggano le informazioni personali e, con esse, la nostra libertà

Il 5G come nuova frontiera delle comunicazioni, ma anche come acceleratore della produttività aziendale e standard in grado di offrire servizi innovativi alle persone, nelle vesti di clienti o di cittadini. Ci sono però delicati profili di tutela legale di diritti e interessi sui quali il 5G può avere un impatto significativo. Il nostro Paese è pronto a compiere pienamente questo “grande passo” tecnologico? Lo chiediamo all’avvocato Massimo Giuliano, già docente e coordinatore nel master “Nuove tecnologie nei servizi finanziari” fondazione Inuit “Tor Vergata” e membro del Gruppo di esperti blockchain e distributed ledger technology presso il ministero dello Sviluppo economico.

Il Pnrr presentato dal Governo Draghi prevede stanziamenti significativi per il “Piano Italia 5G”. Siamo sulla strada giusta?

Certamente. La digitalizzazione del nostro Paese ha bisogno di risorse ingenti e il Piano nazionale ripresa e resilienza rappresenta un’occasione da non perdere.

I fondi del Pnrr destinati al finanziamento della banda ultralarga e del 5G sono pari a oltre 6 miliardi. Sono risorse indispensabili per l’attuazione concreta del piano, che tuttavia da sole non bastano, necessitando di regole di gestione chiare ed efficaci che consentano un costante controllo e monitoraggio delle azioni programmate.

Quali saranno i vantaggi che potremo riscontrare nella vita di tutti i giorni?

I cambiamenti favoriti dalle nuove tecnologie, se da un lato porteranno benefici a noi tutti e miglioreranno l’esperienza nella fruizione dei servizi, dall’altro richiederanno la predisposizione di adeguati presidi tecnologici e giuridici perché siano tutelate le nostre libertà.

Si pensi alle implicazioni sui diritti dei lavoratori e sulla loro salute legate alle nuove forme di lavoro abilitate dalle più moderne tecnologie, che il 5G non farà altro che alimentare.

L’uso massivo di dati e l’incremento dei flussi informativi digitali comporterà un’estensione della superficie d’attacco, esponendo noi tutti e le aziende a dover pensare di tutelare il proprio patrimonio informativo digitale attraverso idonee misure di sicurezza.

Quali potrebbero essere allora i rischi?

Viviamo nell’Internet of things, in cui gli oggetti assumono una loro identità, interagiscono per nostro conto e diventano fonte di informazioni anche personali dell’utente, che è esposto a pericoli derivanti dalla sottrazione dei dati – si pensi ai codici per accedere al proprio conto bancario o all’account di posta elettronica. Possono inoltre essere orientate le nostre preferenze, con una conseguente sottrazione della capacità di determinazione delle scelte.

Il settore sanitario certamente subirà una trasformazione dall’adozione della rete ultraveloce. Grazie a una maggiore velocità e a una minore latenza, sarà possibile per l’operatore sanitario intervenire a distanza, al fine di valutare i pazienti in condizioni critiche prima di arrivare in ospedale. Tale sistema consentirebbe di iniziare la cura direttamente da casa o di intervenire durante il trasporto in pronto soccorso.

Tuttavia, sempre per restare nel campo sanitario, i dati acquisiti – pensiamo ai semplici wearable che conosciamo di monitoraggio delle nostre performance – se non adeguatamente gestiti possono causare forme di discriminazione. Si pensi ancora ai dati che consentono la geolocalizzazione dell’individuo, sempre più precisi grazie al 5G, che, se utilizzati impropriamente, potrebbero aumentare la capacità di sorveglianza.

Occorre dunque che tali sistemi tecnologici incorporino sin dalla loro realizzazione altri sistemi in grado di proteggere i dati personali.

Perché non tutto va sacrificato sull’altare della tecnologia, giusto?

Come già sottolineato in passato dal compianto professore Rodotà, non tutto ciò che è tecnologicamente possibile è anche socialmente desiderabile, eticamente accettabile, giuridicamente legittimo.

Il diritto è chiamato a dominare le incertezze della tecnica, ponendo la persona al centro dell’osservazione. Occorre rivedere e rimodellare gli schemi giuridici a noi noti per ripensare, ad esempio, come ripartire la responsabilità nella gestione dei rischi all’interno del nuovo modello di “fabbrica intelligente”, in cui si affievolisce il confine tra l’ambiente di lavoro e quello in cui trascorriamo il nostro tempo libero.

Il diritto è chiamato a dominare le incertezze della tecnica, ponendo la persona al centro dell’osservazione

Per il ministero dello Sviluppo economico ha curato, insieme ad altri esperti, il documento per la redazione della strategia nazionale sulla blockchain. Secondo lei, questa tecnologia potrà apportare benefici al 5G?

A mio avviso si tratta di un connubio perfetto. Da un lato abbiamo una tecnologia che abilita una modalità di trasmissione dati ad alta velocità e bassa latenza, dall’altro con la blockchain si potranno sviluppare modelli tecnologici in grado di certificare lo scambio di dati (che potranno rappresentare anche la nostra identità), assicurandone al tempo stesso tracciabilità e resilienza.

Si pensi alle città intelligenti in cui è necessario assicurare non solo una trasmissione veloce ed efficiente, ma anche che i dati scambiati, spesso di natura personale, siano certificati, integri e disponibili secondo le condizioni che il soggetto che li trasferisce ha deciso di fissare.

Si genererebbe una catena di valore in cui è l’utente a trarne profitto, in termini economici e per i servizi ricevuti, pur mantenendo, al contempo, il controllo dei propri dati.

C’è poi anche un tema di sicurezza nazionale e di tutela degli interessi dello Stato, per citare due obiettivi della neonata Agenzia per la cybersicurezza nazionale…

Sì, l’enorme mole di dati generati dalla società digitale richiede una presa di consapevolezza sui rischi di attacchi informatici e sulla necessità di protezione del nostro patrimonio informativo pubblico e privato.

La recente creazione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale costituisce una tappa fondamentale nella realizzazione della digitalizzazione del Paese, che ha tra i suoi obiettivi proprio quello sviluppo di competenze altamente specialistiche indispensabili per l’attuazione del processo di transizione tecnologica.

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