L’hub del welfare

547 sedi e 26 mila dipendenti al servizio di 42 milioni di italiani. L’Inps è una colonna portante del Paese, intervistiamo il nuovo Presidente dell’Istituto, Gabriele Fava

Gabriele Fava, Presidente dell’Inps

Presidente Fava, dopo oltre due mesi dal suo insediamento all’Inps, quali le prime impressioni? Quali le priorità?

Nei suoi 126 anni di storia, l’Inps ha realizzato un’efficace rete di protezione che ha garantito la tenuta del sistema sociale ed economico, anche nelle crisi più profonde, da ultima quella prodotta dalla pandemia da Covid-19 in cui ha dimostrato capacità di risposte immediate e capillari, raggiungendo una platea che coincide sostanzialmente con tutti i residenti sul territorio nazionale. Oggi serve oltre 42 milioni di cittadini attraverso 440 prestazioni socioassistenziali, con 547 sedi dislocate sul territorio nazionale che funzionano grazie ad oltre 26 mila dipendenti. Le due sfide più urgenti sono quella dell’inclusione sociale e delle politiche attive del lavoro.

Nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno oltre il 30% della popolazione. Quali scenari si aprono e quanto conta puntare, sin da oggi, sulla silver economy?

La cosiddetta silver economy rappresenta una grande opportunità per il nostro Paese e impone di ripensare l’attuale sistema di welfare, previdenziale, assicurativo, sanitario. E l’Inps in questa partita ha e avrà sempre di più un ruolo fondamentale. La mia riflessione muove dalla funzione svolta dai nonni per il welfare in questi ultimi due decenni. I nonni sono stati e sono una forma di welfare, ma allo stesso tempo un indicatore di cosa servirà in futuro: strutture specializzate, servizi di assistenza su misura, una sanità adeguata ai problemi di una popolazione più anziana, trasporti, alimentazione, intrattenimento. Dal 2010 al 2022, gli “over 50” sono passati dal 26% al 39% del totale degli occupati. In Italia gli “over 55” diverranno 25.2 milioni nel 2030 e, nel 2050, oltre 25.5 milioni (Istat) e questo nuovo mercato prevede una ricaduta diretta sull’economia italiana di 43,4 miliardi di euro.

Dal 2010 al 2022, gli “over 50” sono passati dal 26% al 39% del totale degli occupati. In Italia gli “over 55” diverranno 25.2 milioni nel 2030 e, nel 2050, oltre 25.5 milioni

Ma l’attuale inverno demografico apre anche grandi interrogativi sulla sostenibilità del welfare pubblico nei decenni a venire. Qual è la sua visione?

L’inverno demografico, il trend inflazionistico, le profonde trasformazioni della nostra società sono tutti fenomeni ampiamente attenzionati e affrontati con un’articolata strategia. Proprio per questo l’Inps è attuatore delle misure di legge volte a favorire la stabilità e la sostenibilità del sistema, assicurando una rete di protezione e di sicurezza per il Paese. Sono convinto che la sostenibilità del sistema previdenziale si baserà sulla capacità di allargare la base contributiva. L’obiettivo che mi son dato come presidente di Inps e su cui il Parlamento mi ha dato fiducia è quello del welfare generativo, dove la parola generativo significa proprio guardare al futuro, cioè personalizzare le prestazioni socioassistenziali e previdenziali per accompagnare le persone durante tutto ciclo di vita. Negli ultimi 20 anni, caratterizzati da radicali mutamenti sociali e del lavoro, siamo chiamati a ripensare il rapporto con i cittadini: le esigenze, infatti, sono diverse per i giovani, le coppie, le famiglie con e senza bambini, gli anziani, i lavoratori dipendenti e autonomi, le donne. La famiglia, le famiglie rappresentano il nocciolo dell’azione dell’Inps.

Come si può far crescere la cultura della previdenza in Italia per avere cittadini più consapevoli?

Quella della promozione della cultura previdenziale è una delle sfide più importanti che ci siamo dati con il nuovo Consiglio d’amministrazione che mi onoro di presiedere. Il welfare è poco orientato al futuro perché fino ad oggi è stato mero assistenzialismo o erogazione di pensioni. Dobbiamo e possiamo invertire la tendenza, costruendo quella cultura di welfare generativo a cui ho accennato. La mia idea è puntare sui giovani, sulle donne e su tutti coloro che non lavorano o non hanno un’occupazione stabile. Investire su politiche attive, formazione, orientamento e conciliazione tempi vita-lavoro, educazione previdenziale. Con una parola d’ordine: competenze. Dobbiamo attivare tutte le risorse per incrementare la partecipazione al mercato del lavoro. Da ottobre partiremo con un grande progetto di educazione previdenziale per i giovani con una roadmap sul territorio assieme alle più grandi aziende del Paese e ai i ministeri dell’Università e dell’Istruzione, attraverso incontri nelle scuole, nelle università. 

Il welfare è poco orientato al futuro perché fino a oggi è stato mero assistenzialismo o erogazione di pensioni. Dobbiamo e possiamo invertire la tendenza, costruendo una cultura di welfare generativo

Le imprese si trovano dinanzi alla sfida del lavoro che cambia, quali gli strumenti per affrontarla e come l’Inps può aiutarle?

Il lavoro non è mai uguale a sé stesso, muta giorno dopo giorno sotto l’impulso dell’evoluzione sociale, tecnologica, culturale e politica. I contratti devono andare di pari passo. Nella mia visione, l’Istituto deve affiancare le imprese. Due importanti segnali sono venuti con il nuovo piano della Vigilanza che prevede controlli ex-ante e una più marcata attività di affiancamento, e le nuove funzionalità della piattaforma per la regolarità contributiva che dal 24 giugno ha introdotto il pre-Durc.

La nostra Federazione invoca da tempo la separazione, a sistema, tra previdenza e assistenza, al fine di favorire una gestione più sostenibile, equa e trasparente delle risorse disponibili. Qual è la sua posizione?

Eurostat le calcola insieme, in tanti Paesi europei il sistema è misto. È contro l’evoluzione naturale dell’Istituto degli ultimi anni tornare al passato. Ho ricevuto la fiducia del Parlamento presentando la mia idea di Inps come hub del welfare che è centrato sull’idea di un sistema integrato.

Un’ultima domanda: la dirigenza lamenta una penalizzazione sulle pensioni, che si è tradotta in parziali indicizzazioni degli assegni medio-alti, inadeguate a sostenere costo della vita e pressioni inflazionistiche. Come si può intervenire, a suo modo di vedere?

Questo compito spetta al legislatore, poiché l’Inps si preoccupa di garantire la contribuzione previdenziale e liquidare le pensioni come ente strumentale. Ad ogni modo su questi temi l’Istituto supporta in modo sistematico il Governo e il Parlamento con dati, analisi e documenti.

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