Il Rapporto ASviS 2024, giunto alla sua nona edizione, offre una fotografia del Paese rispetto all’avanzamento verso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, avanzando proposte “trasformative”, anche nella prospettiva della nuova legislatura europea, per realizzare politiche in grado di migliorare il benessere delle persone, ridurre le disuguaglianze e aumentare la qualità dell’ambiente in cui viviamo.
Quest’anno la presentazione del Rapporto, che si è svolta il 17 ottobre, non poteva che partire dalla drammatica crisi in Medio Oriente e dal perdurare della guerra in Ucraina. A ricordarci che la «guerra non è un fantasma del passato ma una minaccia costante» (come ha sottolineato Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”) e ribadire l’urgenza del ritorno della diplomazia, del dialogo multilaterale e del rispetto dei diritti umani, come auspicato dalle Nazioni Unite. A sottolineare, inoltre, l’importanza che l’Unione europea parli con una voce unica e forte, per contribuire alla risoluzione pacifica dei conflitti, riconoscendo il legame indissolubile tra sviluppo sostenibile, società inclusive e democratiche e il bene assoluto della pace.
In questo contesto turbolento, il Rapporto 2024, grazie al contributo dei 1000 esperti delle oltre 320 organizzazioni aderenti all’Alleanza, attraverso dati e analisi descrive con chiarezza il grave ritardo dell’Italia su tutti i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e l’inadeguatezza delle politiche e delle risorse messe in campo per raggiungerli.
In Italia, 13,4 milioni di persone (il 22,8% della popolazione) sono a rischio di povertà o esclusione sociale; il 10,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni esce prematuramente dal sistema di istruzione e formazione
Alcune statistiche sulla sostenibilità sociale colpiscono in modo particolare: nel 2023 la povertà assoluta risulta in costante crescita, dal 6,2 % nel 2014 all’8,5%, e riguarda soprattutto le famiglie numerose e le famiglie di stranieri; 13,4 milioni di persone (il 22,8% della popolazione) sono a rischio di povertà o esclusione sociale; il 10,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni esce prematuramente dal sistema di istruzione e formazione; l’Italia si classifica in 83a posizione su 146 paesi sulla parità di genere secondo il Global gender gap index realizzato dal World economic forum, ponendosi a notevole distanza da altri paesi europei .
Sono dati che un Paese come il nostro non può leggere senza avvertire un profondo imbarazzo e che reclamano risposte adeguate e tempestive.
Le priorità di intervento sul fronte sociale per ridurre le disuguaglianze sono molte: contrastare la povertà e la precarietà del lavoro, garantire l’assistenza agli anziani non autosufficienti e redistribuire il carico fiscale, migliorare i servizi sanitari, mitigare l’impatto della crisi climatica sulla salute e affrontare problemi interconnessi come il disagio psichico, le dipendenze e le violenze familiari e di genere. Di pari passo, occorre promuovere l’inclusione, potenziare i servizi per l’infanzia, aumentare l’occupazione e ridurre la fragilità sul mercato del lavoro di donne, giovani e immigrati.
A fronte di tutto ciò, servono scelte politiche coraggiose e investimenti adeguati da inserire n un Piano d’accelerazione nazionale per conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, sotto la diretta responsabilità della Presidenza del Consiglio.
Questa evidente insostenibilità dello sviluppo italiano dovrebbe, secondo la sensibilità non solo di ASviS ma di larga parte dell’opinione pubblica, dare vita ad un grande dibattito politico, pubblico e culturale su come cambiare in fretta e senza indugio, coerentemente con gli impegni internazionali già sottoscritti, per assicurare benessere diffuso per tutte e per tutti, per noi e per le generazioni future.
Non realizzare lo sviluppo sostenibile vuol dire ridurre la qualità della vita delle persone, le loro potenzialità, la loro libertà, la resilienza delle comunità locali, la tenuta dei nostri territori, che stanno mostrando tutta la loro fragilità, la capacità del Pianeta di rigenerarsi e nutrire la nostra società. Vuol dire, anche, ridurre la competitività e la salute della nostra economia.
Realizzare lo sviluppo sostenibile, come descritto dall’Agenda 2030, non è un’utopia, è l’unica strada possibile per costruire un futuro di speranza.
Questa è la visione da abbracciare, nonostante le tante difficoltà e le tensioni che ci circondano, valorizzando i segnali positivi che pure esistono:
- la riforma del 2022 che ha introdotto “i diritti delle nuove generazioni” nella nostra Carta costituzionale;
- l’approvazione di piani e strategie da parte di Regioni e Città che guardano allo sviluppo sostenibile come orizzonte;
- il dinamismo della società civile e di una parte significativa del settore produttivo privato in nome della sostenibilità;
- i progressi verso la transizione ecologica grazie agli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
- gli sviluppi delle capacità scientifiche e tecnologiche per affrontare in modo nuovo i problemi complessi delle nostre società;
- la conferma dell’impegno dell’Unione europea per l’attuazione dell’Agenda 2030.
Realizzare lo sviluppo sostenibile, come descritto dall’Agenda 2030, non è un’utopia, è l’unica strada possibile per costruire un futuro di speranza
E, più recentemente, il “Patto sul Futuro” e i due allegati al Patto, rispettivamente il “Global digital compact” e la “Dichiarazione sulle future generazioni” sottoscritti al summit sul futuro dell’Onu svoltosi a New York il 22 e 23 settembre, documenti di assoluta rilevanza per il rilancio della cooperazione ed il multilateralismo, la definizione della governance dell’Intelligenza artificiale e la promozione della partecipazione dei giovani alle decisioni globali.
Non è, quindi, certo il tempo del disimpegno, ma quello della speranza e dell’azione. È il tempo di “Coltivare ora il nostro futuro”, come recita il titolo evocativo del Rapporto, ad esprimere tutta l’urgenza di operare ora, nonostante le turbolenze, le difficoltà e i disastri che abbiamo sotto gli occhi. Invitando le istituzioni, le imprese, le scuole e università, la società civile ad assumere un impegno straordinario per accelerare il cammino verso lo sviluppo sostenibile, utilizzando come punto di partenza i dati, le analisi e le proposte contenute in questo Rapporto.