Marco Calabrò, Capo della Segreteria tecnica del Ministro presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy
La competizione globale vive di accelerazioni e per rimanere in pista bisogna saper guidare il cambiamento. Imprese e manager hanno oggi una grande opportunità, rappresentata dal Piano Transizione 5.0 che mette in campo una dotazione finanziaria di 6,3 miliardi di euro. Per saperne di più, incontriamo Marco Calabrò, Capo della Segreteria tecnica del Ministro presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Dottor Calabrò, quali sono gli obiettivi del Piano Transizione 5.0?
Gli obiettivi sono fondamentalmente tre: in primis, riuscire a proseguire il percorso di innovazione già avviato con il precedente Transizione 4.0, per una riconversione delle imprese italiane verso standard tecnologici avanzati, attraverso il supporto agli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali. Vi è poi un obiettivo di carattere ambientale, che può essere declinato in due sotto-obiettivi: uno legato all’efficientamento dei processi produttivi e l’altro che punta al target di una riduzione dei costi energetici. Infine, dato che le transizioni in atto impongono processi complessi da gestire, il Piano si pone l’obiettivo di sostenere la riqualificazione delle competenze, supportando una formazione che sia focalizzata su digital e green.
Qual è l’impatto atteso sul settore industriale italiano?
Anche in questo caso bisogna ragionare in continuità con il percorso avviato da Transizione 4.0 che ha registrato un tasso di penetrazione di alcuni beni strumentali significativo, ad esempio fino a un +7% medio annuo dei robot nelle aziende. Siamo consapevoli che non tutti gli obiettivi che il Piano si proponeva sono stati raggiunti: basti pensare agli aspetti riguardanti l’estrazione di valore dal dato, nuovo fattore di produzione alla base della quarta rivoluzione industriale. Con Transizione 5.0 vogliamo stimolare un salto culturale da parte delle imprese, chiamate a programmare gli investimenti non più in chiave tattica ma in chiave strategica, avendo ben chiari da subito gli obiettivi di innovazione ed efficientamento e le modalità per raggiungerli.
Da luglio sono partiti i primi decreti che danno attuazione al Piano. Cosa viene previsto?
Innanzitutto, ricordo che il Piano agevola anche gli investimenti avviati a partire dal 1° gennaio 2024, quindi copre l’intero arco del 2024 e prosegue fino al 31 dicembre 2025. I decreti attuativi hanno chiarito le regole operative, definendo le procedure di accesso al beneficio e il perimetro degli investimenti agevolabili. Ma è una disciplina in costante aggiornamento per la quale occorre definire un quadro delle regole chiaro e di facile accesso per le imprese. Al di là dei decreti e delle circolari, abbiamo intenzione di pubblicare sui nostri canali chiarimenti periodici per assicurare alle imprese certezze a fronte dell’avvio degli investimenti. In quest’ottica, abbiamo introdotto una novità anche nella struttura di governance: nell’impostazione del Piano, nella gestione e nella successiva fase di accertamento, il ministero sarà affiancato dal Gse. Assicureremo così competenze tecniche adeguate sia per gli aspetti tecnici concernenti i beni strumentali sia per gli ambiti energetici e ambientali della disciplina agevolativa.
Quanto conta, a suo avviso, avere alla guida delle aziende manager con le competenze giuste per guidare le transizioni?
È un aspetto decisivo per garantire il salto culturale cui facevo riferimento. Occorre restituire il corretto rapporto tra obiettivi e incentivi, che devono essere uno strumento e non il fine stesso degli investimenti. Con il Piano 5.0 le aziende, sin dall’inizio, devono definire un articolato progetto di innovazione, capace di coniugare l’innovazione tecnologica con l’efficienza dei processi produttivi. Sono quindi necessarie competenze in grado di incidere sulla fase di programmazione e ingegnerizzazione dei progetti. E sono richieste nuove competenze per poter utilizzare al meglio le enormi potenzialità delle nuove tecnologie e scongiurare i rischi che ne derivano: penso, ad esempio, alle conoscenze in ambiti come l’analisi dei dati o la cybersecurity.
Il nostro Paese gioca un ruolo di primo piano in Europa e l’Ue ha una grande sfida all’orizzonte: rafforzare la produttività senza disattendere gli obiettivi ambientali. Si può fare?
Sì. È il tema che abbiamo posto all’attenzione della Commissione europea e che vogliamo venga affrontato già nel programma dei primi 100 giorni della nuova Commissione von der Leyen. Occorre cambiare il paradigma dominante che fino a oggi ha scisso l’obiettivo della politica ambientale dall’obiettivo di politica industriale. Lo segnala anche il Rapporto curato da Mario Draghi: è un tema trasversale e decisivo per l’Ue. Ambiente e industria devono procedere insieme e il Piano Transizione 5.0 rappresenta un modello efficace di approccio nuovo alla questione. È importante che il sistema delle regolamentazioni Ue tenga conto delle esigenze dell’industria, perché le trasformazioni hanno bisogno dei loro tempi. Alla Commissione europea e a tutti i decisori spetta il compito di offrire alle imprese indirizzi chiari al fine di conciliare ambiente e produttività. È l’unica via per essere competitivi in un contesto globale così mutevole e in rapida trasformazione.