Già da quest’anno scolastico, manager privati e Pubblica amministrazione realizzano insieme progetti innovativi di alternanza scuola lavoro. Questo è quanto prevede l’accordo sottoscritto prima dell’estate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e da Federmanager; un patto di cui la ministra Valeria Fedeli si è detta “molto soddisfatta” perché “costituisce un ulteriore passo in avanti nella realizzazione di questo obiettivo dell’alternanza, molto rilevante e di specifica validità, una delle scelte di fondo della legge 107, quella che ha istituito la Buona scuola”.
Ministra Fedeli, come cambia il percorso formativo degli studenti?
Cambia nel senso che migliora, si arricchisce con contenuti formativi nel momento in cui diventa strutturale. Storicamente nella formazione dei nostri ragazzi valevano sostanzialmente i saperi, quello che si apprendeva dai libri di testo, dalla didattica. Adesso aggiungiamo questo elemento in più che viene direttamente dal mondo del lavoro e dell’industria, che finora è stato totalmente estraneo al mondo dell’istruzione creando non pochi problemi nel momento in cui i ragazzi si trovavano a dover entrare in questo mondo sconosciuto, che in parte li respingeva e che loro stessi, non conoscendolo, respingevano.
Non c’è il pericolo di confusione tra l’alternanza scuola lavoro e l’apprendistato? In fin dei conti anche con l’apprendistato si lavora, ma al tempo stesso si studia e crescono le competenze.
Sono due cose molto diverse tra loro. L’alternanza scuola lavoro è una modalità didattica ed è obbligatoria, l’apprendistato è un contratto vero e proprio, sia pure con particolari modalità. Il giovane che partecipa all’alternanza resta a tutti gli effetti, anche giuridici, uno studente, l’apprendista è un lavoratore che continua a studiare. E ha fatto bene Federmanager a distinguere con attenzione le due fattispecie.
Quale sarà il compito di Federmanager?
La Federazione dei dirigenti di aziende industriali si è impegnata a mettere a disposizione di questa iniziativa le proprie competenze manageriali. Vuol dire che chi accoglie i ragazzi li consiglia e fa formazione come all’interno dei loro processi manageriali. Non è una cosa di poco conto. E’ vera qualità formativa. Diventa una vera materia di studio. E lo fanno i manager e questo attribuisce all’operazione un valore in più perché loro per definizione sanno organizzare le risorse umane, sanno come si trattano le persone, come le si introduce negli ambienti di lavoro. Sanno come dare i giusti stimoli.
E i ragazzi così cominciano a guardare al di là della scuola.
E’ una vetrina aperta sul mondo del lavoro, i ragazzi cominciano a conoscere questa realtà socioeconomica del Paese con cui dovranno poi entrare in diretto rapporto, a tutti gli effetti. Li mettiamo in condizione di avere nuove relazioni con figure che guidano l’organizzazione aziendale. In questo modo si qualifica la didattica, che acquisisce nuovi contenuti, sempre molto concreti portando a nuovi saperi, nuove competenze, nuovi skill.
L’azione dei manager può aiutare anche nell’orientamento?
Conoscere significa sapere cosa rappresentano le diverse strade che si aprono davanti, una volta finita la scuola. Conoscere il mondo del lavoro, tanto più attraverso la competenza di un manager, non può non essere un dato di estremo rilievo per loro. I manager possono indicare una strada, illustrarne i vantaggi e le prospettive di sviluppo. Fatto da loro, che rappresentano quel mondo del lavoro dove i ragazzi prima o dopo devono arrivare, l’orientamento è una carta in più di grande valore. Del resto è una pratica che noi conosciamo bene. Anche le università lo fanno, consentendo agli studenti di partecipare all’attività di altri dipartimenti per mixare le conoscenze, dare stimoli aggiuntivi che sarebbero negati restando sempre nell’ambito dello stesso dipartimento. Uno sguardo circolare è sempre positivo, allarga la mente, provoca piccoli shock sui quali costruire le trasformazioni.
Come si realizza la partecipazione dei manager?
Attraverso i progetti avviati da Federmanager sui territori e attraverso la piattaforma delle Camere di commercio a cui sono iscritte le imprese dove i ragazzi possono fare le loro esperienze. Poi comunque sono sempre le scuole che scelgono.
Quanti saranno i ragazzi che parteciperanno all’iniziativa?
Nell’anno scolastico 2017-2018 coinvolgeremo un milione e mezzo di ragazzi.
Ma sono moltissimi.
Sì, è una cifra molto alta, ma noi crediamo molto a questa operazione, sappiamo che la crescita delle competenze è una cosa importante, su cui puntare. E ci siamo regolati di conseguenza. Questa è innovazione vera, una cosa buona nel momento in cui l’industria con Industry 4.0 sta cambiando radicalmente volto.
Avete raggiunto un accordo anche con l’Anpal, l’agenzia per le politiche attive del lavoro.
Sì e lo reputo altrettanto importante perché l’Anpal si è impegnata a mettere a disposizione delle scuole 1.000 tutor esperti da inserire nei territori per facilitare la costruzione qualitativa dei progetti e i rapporti tra i ragazzi e chi li accoglie, che siano imprese o altro.
* Direttore Il Diario del Lavoro