Ernesto Maria Ruffini, Direttore dell‘Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione
«La Pa è il volto dello Stato che i cittadini guardano ogni giorno». Così Ernesto Maria Ruffini, Direttore dell‘Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che per Progetto Manager abbiamo il piacere di intervistare.
L’economia del nostro Paese deve fare i conti con l’enorme piaga dell’evasione fiscale. Quali sono oggi le principali linee d’azione e gli indirizzi che l’Agenzia sta seguendo?
Concordo sulla definizione di “piaga”, purché non la si intenda in senso biblico, ovvero un flagello contro cui non si può fare nulla, ma in senso medico come una ferita, magari grave, ma sicuramente curabile. Tant’è vero che si incominciano a vedere significativi miglioramenti. Secondo l’ultima Relazione sull’economia non osservata pubblicata dal Mef, l’evasione fiscale in senso stretto è scesa da 89 miliardi del 2017 a 65 miliardi nel 2021, l’annualità più recente disponibile. Parliamo di quasi il 30% in meno. Questo risultato è stato possibile in gran parte per effetto della digitalizzazione, che restringe i margini per gli illeciti e fa aumentare la fedeltà fiscale. Oggi l’Agenzia delle Entrate, grazie alla fatturazione elettronica e agli scontrini elettronici con la trasmissione giornaliera degli incassi, compresi quelli tramite pos, dispone di una grande banca dati aggiornata da flussi continui. E questo ci consente anche di essere più efficaci nell’attività di recupero, che lo scorso anno, insieme ad Agenzia delle Entrate-Riscossione, ha segnato il record di oltre 31 miliardi riportati nelle casse dello Stato, quasi l’80% in più di appena una decina di anni fa.
I riflettori sono spesso accesi sull’evasione dei singoli, con lavoratori dipendenti e pensionati tra le categorie costrette a pagare anche per chi fa il furbo. Ma di quali altre tipologie di evasione soffre il nostro Paese?
Definire l’evasione per tipologie o, ancora meglio, per categorie non rende giustizia a questo fenomeno, che per la sua ampiezza è difficile ricondurre dentro singoli comparti stagni. Va quindi sgombrato il campo da questo equivoco di fondo: le iniziative di controllo non riguardano determinate categorie professionali o attività imprenditoriali ma, con le possibilità offerte dalla tecnologia, si basano su analisi di rischio sempre più evolute. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo individuato 100 mila soggetti che non avevano presentato la dichiarazione dei redditi e altri 40 mila del tutto sconosciuti al fisco.
Come si pone l’Agenzia di fronte alla sfida della trasformazione digitale e dell’utilizzo di banche dati e AI? Quali misure state adottando per la digitalizzazione dei servizi in favore di cittadini e imprese?
Un algoritmo ben addestrato è in grado di leggere 80mila fatture in 3 minuti: la stessa operazione, fatta da un dipendente con gli strumenti tradizionali, richiederebbe anni di lavoro. Questo per dare l’idea di quanto l’intelligenza artificiale, non da oggi, rappresenta un formidabile ausilio per l’Agenzia, in grado di valorizzare un patrimonio informativo vastissimo e rilevare incongruenze molto difficili da individuare. Lo scorso anno, ad esempio, mediante un uso strutturato dei dati, abbiamo scongiurato frodi allo Stato per quasi 8 miliardi tra crediti fittizi, compensazioni indebite e rimborsi non spettanti. Ma questi nuovi strumenti possono anche sostenere la compliance, attraverso comunicazioni personalizzate ai cittadini che vogliono essere in regola con il fisco oppure nell’ambito dei servizi telematici ai contribuenti, che ormai rappresentano la maggior parte di quelli erogati e che coprono un ampio spettro che va dalla tessera sanitaria alla registrazione dei contratti. Ogni anno, solo per mettere a disposizione la dichiarazione precompilata per lavoratori dipendenti, pensionati e partite Iva, utilizziamo circa un miliardo e mezzo di informazioni di natura fiscale. E sempre grazie alla tempestività con cui questi dati possono essere messi in correlazione, riusciamo a comunicare in tempi rapidi eventuali anomalie o sviste prima che parta un accertamento vero e proprio.
Lo scorso anno, mediante un uso strutturato dei dati, abbiamo scongiurato frodi per quasi 8 miliardi tra crediti fittizi, compensazioni indebite e rimborsi non spettanti
La vostra attività si esprime inevitabilmente anche nel più ampio contesto internazionale. Vi è una collaborazione sinergica tra Paesi, soprattutto in ambito Ue?
I vari Paesi, anche nell’ambito dell’Unione europea, mantengono una propria specificità in materia fiscale, ma c’è una collaborazione ormai consolidata. Un esempio è il Common reporting standard, il protocollo per lo scambio automatico di informazioni fiscali e finanziarie sviluppato per contrastare i fenomeni di frode ed evasione in ambito internazionale. Nell’e-commerce è operativa invece la direttiva Dac7, che regolamenta lo scambio di informazioni sulle vendite di beni e prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso siti e app. Le maglie sono ormai piuttosto strette.
Federmanager sostiene da sempre l’innesto di managerialità qualificata nei contesti aziendali, di ogni dimensione, ma anche all’interno della Pa. Quanto conta a suo avviso una buona managerialità nel settore pubblico e in cosa può fare la differenza?
Oggi i dirigenti della Pubblica amministrazione sono chiamati a perseguire obiettivi sempre più impegnativi. Per questo, sia in fase di selezione che di valutazione dei risultati, c’è sempre più attenzione non solo al patrimonio di conoscenze maturate con lo studio, ma anche ai comportamenti espressi sul luogo di lavoro, che possono fare la differenza sia negli uffici che nei rapporti con i cittadini. Non solo sapere, dunque, ma anche saper fare. La Pa è il volto dello Stato che i cittadini guardano ogni giorno, da cui molto spesso dipende l’esistenza delle persone nel senso letterale del termine. Quindi occorre garantire un servizio che sia all’altezza, perché chi si rivolge a uno sportello non è mai un semplice “numero”. Una Pubblica amministrazione che non funziona o che non sa fornire risposte limita i diritti dei cittadini e contribuisce ad ampliare le diseguaglianze invece di appianarle. Il processo democratico si alimenta giorno dopo giorno anche dell’operato degli amministratori dello Stato.
Una Pubblica amministrazione che non funziona o che non sa fornire risposte limita i diritti dei cittadini e contribuisce ad ampliare le diseguaglianze invece di appianarle