Qual è il giudizio a un anno sulla politica di Trump? Tra il tragico e il disastroso. Totale assenza di visione internazionale, insufficiente sulla questione del commercio internazionale, inefficace sulle riforme dalla sanità a quella fiscale. Non ha mezzi termini John Agnew, professore di geopolitica dell’Università della California Los Angeles e autore di numerosi libri, come Place and Politics, che hanno ridefinito il concetto stesso di geopolitica. Abbiamo incontrato Agnew per meglio comprendere il comportamento idiosincratico del presidente meno idoneo al ruolo della storia federale degli Stati Uniti.
Analisti come Ian Bremmer ritengono che la presidenza Trump stia indebolendo l’influenza USA nel mondo, rafforzando quella cinese. Chi vince e chi perde da questo nuovo assetto mondiale?
Trump sembra voler abbandonare i capisaldi della politica estera americana: perseguimento e difesa di un ordine mondiale liberale, che implica impegni verso istituzioni multilaterali (UN, World Bank, ecc.), e l’apertura dei mercati per accordi commerciali bilaterali e mercantilistici. Allo stesso tempo sta impiegando una retorica belligerante, dalla sfida nucleare nordcoreana all’Iran, allineandosi con le posizioni di Putin su una serie di questioni. Due posizioni contrastanti. Questo perché Trump tratta ogni questione in maniera isolata piuttosto che collegandole in maniera coerente.
Non c’è e non ci potrà mai essere una “dottrina Trump”, data la sua incapacità sostanziale a correlare sicurezza, commercio, immigrazione. Questo favorirà paesi come la Cina che possiedono in una certa misura una visione globale, e nazioni come Russia e Arabia Saudita che possono manovrare Trump data la sua inclinazione alle lusinghe e l’ingenuità sulla natura dei loro regimi.
Stiamo assistendo al tramonto degli Stati Uniti come singola superpotenza?
C’è un’inerzia incredibile nella geopolitica globale, quindi credo sia troppo presto per declassare gli USA. Si può argomentare che gli Stati Uniti sono in declino, come superpotenza, dagli anni Ottanta, visti i fallimenti finanziari e l’incapacità militare del paese. Tuttavia non c’è un chiaro sfidante, in senso storico. Anche se la leadership cinese vorrebbe riempire il vuoto che Trump sta creando. Ma la Cina è ancora un paese relativamente povero (in termini di ricchezza pro-capite) e non ha sufficienti asset militari. Pechino tuttavia può assurgere al ruolo di “main sponsor” del multilateralismo globale, mentre gli USA arretrano.
NSA, CIA e FBI sono prese di mira dall’amministrazione Trump, mentre alla Casa Bianca c’è una forte presenza della Difesa, dal Chief of Staff John F. Kelly, al segretario della difesa Jim Mattis e il consigliere sulla sicurezza nazionale H.R. McMaster. Non si rischia uno squilibrio tra poteri?
Le agenzie dell’intelligence USA sono in completo subbuglio. Gli attacchi di Trump celano le responsabilità per non aver individuato le interferenze dei russi nelle elezioni americane, almeno fino alla seconda metà del 2016, per aver sottovalutato la Nord Corea e per essere stati hackerati ripetutamente (l’infiltrazione di Shadow Group dentro i siti NSA è passata in sordina in Italia, ndr). Anche la Difesa tuttavia non è in gran forma: le recenti azioni militari hanno incrinato la sua immagine.
Trump indubbiamente apprezza il fatto di avere dei generali intorno a sé, ma in fondo non conosce la Difesa USA che, tradizionalmente, ha un passato di subordinazione alla leadership civile ed è diffidente verso la presenza di così tanti generali in pensione o ancora in servizio (come H.R. McMaster) vicini al presidente.
Nel commercio Trump sta azzoppando importanti accordi commerciali, come il NAFTA. Il Messico accusa la Casa Bianca di sostenere una guerra tariffaria con il suo paese, la Cina è sempre più sospettosa delle idee sul commercio di Trump. Quali possono essere le conseguenze della sua agenda protezionista?
Per essere un uomo di affari, Trump sembra avere poca comprensione del concetto di “leva negoziale”. Pensa che gli Stati Uniti abbiano sempre il coltello dalla parte del manico nella trattativa. Non è così. La Cina, per esempio, ha molto più potere negoziale poiché possiede una quantità immensa di titoli di stato americani (securities) e riempie i negozi USA di beni a basso costo. Aziende straniere hanno enormi quantità di investimenti esteri diretti negli Stati Uniti. Se le politiche di Trump minano il loro interesse, possono spostarsi altrove.
Negli ultimi sessant’anni la globalizzazione sostenuta dagli Stati Uniti ha creato un’economia mondiale che Trump semplicemente non capisce. Vive ancora in un mondo in cui solo materie prime e prodotti finiti attraversano i confini internazionali. Il suo concetto di commercio è fermo agli anni ’50, e il suo slogan “Rendere l’America grande di nuovo” è interamente legato allo sforzo di riportare l’orologio a un passato utopico.
In Usa, come in Europa, si torna a guardare alla Russia. Alleato o nemico?
Ci sono prove evidenti delle manipolazioni russe nelle elezioni in vari paesi, tra cui gli Stati Uniti. Gran parte di queste manipolazioni riguarda la disinformazione o le notizie false prodotte per instillare il dubbio nelle menti degli elettori su avversari politici che il presidente russo, Vladimir Putin (e l’FSB, i servizi segreti di Mosca) vorrebbe vedere sconfitti.
Più in generale si è trattato di utilizzare i social per infondere dubbi sulla legittimità delle elezioni nelle democrazie liberali. Trump stesso ha accusato di brogli il processo elettorale del 2016, sostenendo che mass media, sondaggisti e mondo accademico avevano un atteggiamento parziale nei suoi confronti. Che Trump e il suo team siano in collusione con gli operatori russi è una questione diversa. Penso ci sia stato uno sforzo per coordinarsi con i russi, ma il “team Trump” è stato incredibilmente amatoriale – in particolare Don Jr. – in questo tentativo.
È possibile l’impeachment di Donald Trump?
Impeachment è un atto politico più che legale, e al momento è improbabile. Trump è profondamente impopolare: se nel 2018 si tradurrà in un’emorragia di voti dal partito repubblicano a quello democratico, le probabilità di impeachment aumenteranno significativamente.
Inoltre, se la liason con la Russia si rivelerà essere uno stratagemma di intermediazione per il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale da parte di oligarchi, l’effetto sarà il suo indebolimento, azzoppato politicamente e ricoperto di ridicolo. A questo punto potrebbero esserci accuse penali.
Come si stanno preparando i Democratici per le elezioni del 2018? Sta lentamente emergendo un nuovo leader?
I democrats sono allo sbando. Credo necessitino di un rinnovo completo della loro classe dirigente. Se semplicemente riproporranno nel 2020 – dio ce ne scampi – Hillary o persino Bernie Sanders sono condannati. Servono nuove figure.
C’è una cosa qualsiasi che si può salvare dall’amministrazione Trump?
Impossibile, è un fiasco colossale: dai fallimenti al Congresso al governo “via Tweet”, alle revolving door per consiglieri e ufficiali di gabinetto. Una speranza è che riesca a promulgare una legge sui tagli fiscali, ma al momento tutto quello che emerge dal Congresso irrita potenti gruppi di interesse e sarà un soggetto importante nelle elezioni per il Congresso del 2018. L’altra speranza è che il 2017 finisca senza una guerra nucleare. Auspicando sia così distratto dal suo ego e da questioni interne, che non compia nulla di pericoloso.
* giornalista, da Miami