Questo è il tempo dell’incertezza. Il paradigma della crisi globale sta passando il testimone a un erede non meno pericoloso. Assistiamo con relativa passività alla rinascita dei populismi e indietreggiamo di fronte al dilemma austerity versus politiche espansive. Assillano gli interrogativi sul futuro dell’Europa, l’instabilità dei mercati, e sul tema della governance mondiale con i Grandi che tra pochi mesi arriveranno a Taormina.
È proprio nel tempo della contingenza che fallisce nelle previsioni attendibili, che ci si ritrova ad appellarci, più o meno segretamente, agli “animal spirits” di keynesiana memoria. L’instabilità “umana” collegata alla voglia – o, meglio, alla speranza – di costruire un mondo più ricco e migliore, risulta essere l’unica chiave per dominare le burrasche e contenere gli esiti distonici.
Non si tratta di dominare un sentimento politico che, lasciati alle spalle Brexit e le elezioni statunitensi, ci scopre tutti increduli e in apprensione per quanto potrà verificarsi l’anno prossimo – ovvero, tra pochi mesi – in Austria, Olanda, Francia, Germania. In ballo c’è l’occasione di spostare il baricentro tra la realtà e la sua interpretazione, tra il fatto e il messaggio.
Al momento in cui scrivo è impossibile prevedere quanto del testo della manovra 2017 presentato dal governo uscirà indenne dalla discussione parlamentare. Però, sono convinto che vadano alimentati il coraggio di chi fa impresa e la determinazione delle giovani generazioni che stanno cavalcando le opportunità aperte dalla rivoluzione tecnologica. Va soprattutto alimentato il disegno di un nuovo welfare, perseguendo la finalità di arricchire l’Italia con strumenti capaci di creare una crescita condivisa, con effetti diffusi sui territori.
Quest’anno si chiuderà con un conto economico che non è quello sperato, ma non è negativo. Il Paese è ancora in una condizione di difficoltà; un punto decimale di Pil non sposta certamente l’ago della bilancia. La battaglia sui conti europei ci deve vedere protagonisti ed è necessaria per ricalibrare l’agenda comunitaria in un senso più favorevole a chi contribuisce di più e fa più solidarietà.
Dal punto di vista strettamente finanziario, la Legge di Bilancio 2017 resta un provvedimento che crea debito, distribuisce le risorse in molti rivoli finendo per perdere di vista il saldo contabile. Avremmo gradito più incisività su pensioni e flessibilità in uscita e una mano più salda per la lotta all’evasione.
Preferiamo comunque vedere il bicchiere mezzo pieno, come dice Confindustria nell’intervista che proponiamo su questo numero della rivista. Nelle conversazioni che intrattengo con i rappresentanti del governo e con i tecnici di Palazzo Chigi ho riscontrato la mentalità aperta di chi crede in una politica di investimenti pubblici sulla manifattura e l’industria.
Con il vice ministro ai Trasporti e Infrastrutture, Riccardo Nencini, che ci ha onorato della sua presenza qui in Federmanager, abbiamo condiviso un piano sulla logistica che parte dai grandi poli e arriva fino alla riconversione “smart” delle nostre città. Il dibattito istituzionale su Industry 4.0 è aperto, grazie all’impegno dei componenti della nostra commissione protagonisti del recente evento che abbiamo promosso, il 4 novembre scorso, nella nostra sede nazionale e che ha avuto un’eco sui media nazionale.
Riscontriamo anche un’attenzione verso i corpi intermedi che era mancata all’inizio e che ci auguriamo non sia finalizzata a ottenere provvedimenti orientati al mero consenso. D’altronde, da parte nostra sarebbe sciocco lasciare al caso ogni spazio di interlocuzione che si schiude e che, al di là della appartenenza ideologica, vale in quanto occasione per dare una spinta al Paese.
Colgo le parole del presidente di Confapi per affermare che le Organizzazioni di rappresentanza hanno il merito di precorrere il cambiamento, sperimentando e tracciando la linea per renderci competitivi a livello globale. Questa è e deve diventare l’epoca degli investimenti. In un mondo troppo incline alle contrapposizioni semplicistiche, immettere progettualità assumendosene la responsabilità significa lavorare per una società più inclusiva e più giusta.
A questo noi tutti dovremmo porre massima attenzione: nell’Italia colpita dai sismi, stretta dai vincoli europei, fare i conti con l’incertezza è la prima sfida. Da manager sappiamo confrontarci con il “rischio”, che è una categoria di pensiero prima ancora che di azione. Come “animal spirits” possiamo riporre fiducia nelle scelte che proponiamo e, oggi più di ieri, attribuire valore alle politiche economiche e finanziarie che sosteniamo a livello di sistema Paese.
Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager