Il nostro è un grande Paese, ne siamo consapevoli e orgogliosi.
Siede alla tavola dei principali player mondiali e, quest’anno, sta guidando un delicato G7 in uno scenario internazionale tumultuoso.
Indicare la rotta alle maggiori economie mondiali è una missione difficile che l’Italia sta portando avanti con coraggio, valorizzando anche il patrimonio industriale che negli anni abbiamo consolidato, soprattutto nel dialogo con i mercati esteri.
È il Made in Italy, bellezza! – parafrasando una celebre battuta di Humphrey Bogart – È il nostro tratto distintivo, quell’Italian way di pensare e realizzare prodotti unici al mondo.
Se, quando si parla di Italia, si parla spesso di “Great beauty”, quindi, molto si deve anche alla produzione industriale nazionale, capace di costruire una reputazione a prova di crisi.
Complessivamente, nei primi quattro mesi del 2024 l’Italia ha esportato beni per 207,8 miliardi di euro, con un saldo commerciale positivo di +17,6 miliardi. E anche il Pil promette di crescere verso un +1% a fine anno, forse leggermente meno. Un segnale incoraggiante, ma si può e si deve fare di più.
A partire proprio dall’industria, che è interessata da dossier rilevanti, come quello riguardante l’ex-Ilva, su cui la nostra Federazione è impegnata, a livello nazionale e locale, per salvaguardare l’occupazione e la produzione del gigante dell’acciaio, ribadendo l’importanza strategica del settore per l’economia.
C’è poi la questione Stellantis, in equilibrio tra la necessità di mantenere un forte ancoraggio con il nostro Paese e le spinte di crescita di un gruppo mondiale che si muove tra regolazioni differenti, a seconda dei continenti, e differenti obiettivi di sostenibilità da raggiungere, nel quadro di una competizione internazionale che non gioca ad armi pari. Un settore, quello dell’automotive che pesa parecchio sulla creazione del valore aggiunto.
Due casi emblematici, da gestire al meglio perché ne va della nostra reputazione, come Paese e come sistema industriale, con attenzione massima a tutto l’indotto rappresentato dalla costellazione di Pmi del panorama aziendale.
Rendere più competitivo il nostro network imprenditoriale, anche attraverso una maggiore diffusione di cultura manageriale, oltre a determinare uno sviluppo sostanziale, può favorire la crescita della reputazione del Paese al punto da trainare tutte le filiere; se pensiamo a ciò che le fascinazioni della Silicon Valley o dei distretti tecnologici sudcoreani continuano a generare sull’immagine nazionale, ci convinciamo anche noi dell’importanza di avere a casa dei grandi campioni.
Siamo in periodo olimpico e per un’Italia da medaglia d’oro, anche sotto il profilo industriale, dovremo saper coltivare i nostri campioni nazionali, incoraggiando la nascita di iniziative ad alto tasso di innovazione, come le start-up che tanti giovani italiani stanno lanciando.