Il nostro sistema di tassazione (e in particolare l’art. 15 del testo unico sulle imposte sui redditi) prevede uno specifico beneficio fiscale per le spese di natura sanitaria. Si può portare in detrazione dall’Irpef il 19% delle spese sanitarie, esclusivamente per la parte che eccede la “franchigia” stabilita per legge di 129,11 euro per anno. Questa franchigia non si applica però a tutte le spese sanitarie: alcune spese sostenute a favore di soggetti disabili sono completamente detraibili al 19%, senza applicazione di alcuna franchigia (dalle spese per il trasporto in ambulanza fino all’acquisto di protesi artificiali ai fini della deambulazione).
La normativa fiscale vuole però, in linea generale, che la detrazione spetti solo se le spese restano effettivamente a carico del contribuente con alcune eccezioni che consentono la detraibilità pur in presenza di spese sanitarie rimborsate. Quindi, prima di affrettarsi a ridurre le imposte dovute sulla base delle spese mediche può essere opportuno ricordare alcuni chiarimenti apparsi negli ultimi anni a opera dell’Agenzia delle entrate. La circolare 21/E del 2010 dell’amministrazione finanziaria, proprio in relazione ai dirigenti del comparto industriale, in una risposta a quesito (il n. 4.8), ha ricordato come si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi versati dagli stessi e per i quali non spetta la detrazione d’imposta e che non sono nemmeno deducibili.
In base a questo principio, la circolare del 2010 distingue fra dirigenti industriali in servizio e dirigenti in pensione. Nel primo caso, i contributi versati al Fasi dai dirigenti in servizio vengono dedotti dal reddito fiscalmente imponibile entro 3.615,2 euro annui. Conseguentemente le spese sanitarie rimborsate dal Fondo non possono essere detratte dall’imposta dovuta dal dirigente o da quella dovuta dai suoi familiari non a carico. Se però la somma dei premi e contributi ad assistenza sanitaria (ad esempio la somma dovuta sia a Fasi sia ad Assidai) supera la soglia di 3.615,2, dato che l’eccedenza resterà imponibile, le spese sanitarie saranno detraibili in misura proporzionale rispetto alla quota dei contributi che superano la soglia di deducibilità, mentre le spese non rimborsate dalle forme di assistenza sanitaria saranno del tutto detraibili al 19% dopo i primi 129,11 euro annui. Per i dirigenti pensionati, invece, i contributi versati al Fasi non generano il beneficio della deduzione e, come nel caso del contributo aziendale per pensionati, non sono riferibili a una posizione collegata al singolo dirigente. Così, per la platea dei dirigenti a riposo assicurati al Fasi, l’Agenzia delle entrate ha specificato che le spese mediche rimborsate dal fondo restano comunque integralmente detraibili dall’imposta lorda al 19% oltre i primi 129,11 euro per anno.
La franchigia non si applica sempre: alcune spese sostenute a favore di soggetti disabili sono completamente detraibili al 19%
Ma la verifica rispetto alla deduzione dei premi per le forme di assicurazione sanitaria integrativa non è l’unica che dovrà essere condotta per stabilire la legittima detraibilità delle spese sanitarie: è necessario prestare attenzione anche alla modalità di pagamento. Infatti, la legge di Bilancio del 2019 ha previsto che la detrazione del 19% di tutti gli oneri mappati dall’articolo 15 del Tuir, tra cui rientrano a pieno titolo le spese sanitarie, può essere richiesta solo se il pagamento viene sostenuto con bonifico bancario o tramite conto postale; sono validi anche gli altri sistemi tracciabili come i pagamenti con carte di credito, debito, nonché prepagate (postepay etc.) inclusi anche gli assegni bancari e quelli di tipo circolare, Mav e pagamenti con PagoPa. Tuttavia, l’Agenzia ha specificato (nell’aggiornamento di maggio 2021 dell’informativa sulle agevolazioni fiscali) che il versamento in contanti continua a essere ammesso ai fini della detrazione per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici e per saldare le prestazioni sanitarie erogate da strutture pubbliche, private accreditate al sistema sanitario nazionale.
Su questo tema appare estremamente utile la risposta n. 431 del 2 ottobre 2020 dell’Agenzia delle entrate; con questa pronuncia particolarmente analitica, l’amministrazione finanziaria ha rassicurato che la spesa sanitaria si considera sostenuta (e detraibile) dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa, non essendo rilevante chi sia l’esecutore materiale del pagamento. Questo aspetto resta infatti, secondo il punto di vista dell’Agenzia, attinente al rapporto fra le parti e non nei confronti dell’erario. Resta necessario però assicurare il nesso tra la spesa fiscalmente detraibile per un contribuente e il pagamento effettuato da un altro soggetto. Sul tema, l’amministrazione finanziaria ha anche ammesso che il contribuente potrà impiegare la sua carta di credito o debito (ovvero forme di pagamento tracciabili) per sostenere le spese detraibili riferibili al proprio coniuge senza che questi perda per tale motivo il diritto alla detraibilità di tali somme. La detrazione potrà essere goduta a condizione che l’onere sia sostenuto effettivamente dal soggetto cui è intestato il documento di spesa (nel caso di specie la persona che aveva beneficiato del trattamento sanitario). In questi casi il nesso fra soggetto beneficiario della prestazione (la moglie) e del pagatore dell’onere detraibile (il marito) è quindi rappresentato dalla cointestazione fra coniugi del conto corrente collegato alla carta di credito, garantendo così la legittimità della detrazione della spesa sanitaria. La risposta n. 484 dello stesso anno ha visto poi una ulteriore conferma di questo principio nel caso di una spesa sanitaria pagata da carta bancomat del figlio del genitore intestatario della fattura, che aveva fruito del servizio sanitario: in quel caso l’Agenzia aveva evidenziato come la detraibilità fosse assicurata anche dalla dichiarazione del genitore di aver rimborsato in contanti la spesa sostenuta dal figlio.
La risposta di ottobre 2020 dell’Agenzia, ai fini della detraibilità, ricorda che il contribuente che beneficia della detrazione ha un obbligo di produzione documentale al proprio Caf o al fiscalista abilitato. Il contribuente deve, in ultima analisi, dimostrare l’utilizzo di un mezzo di pagamento che risulti tracciabile, con una prova cartacea della transazione e dei pagamenti delle spese sanitarie con ricevuta bancomat, estratto conto bancario, copia di bollettino postale o del Mav, nonché le ricevute dei pagamenti telematici con il sistema PagoPa. Una ulteriore, cruciale, precisazione riguarda le fatture emesse dalle strutture sanitarie: è stato chiarito che l’utilizzo di un mezzo di pagamento tracciabile delle spese sanitarie potrà essere documentato anche attraverso l’annotazione su fattura, ricevuta fiscale o in un documento commerciale, da parte del soggetto che incassa le somme a fronte della vendita di un bene o fornisce il servizio sanitario. Secondo questa impostazione, per godere della detrazione rispetto alle prestazioni sanitarie erogate direttamente dal fondo sanitario, il soggetto beneficiario dovrà, nel possesso dei requisiti statuiti dalle norme fiscali, anche fornire la fattura sulla quale viene indicata la data del pagamento da parte del fondo o, in presenza di una fattura generica, integrare con una certificazione del fondo.
In ultimo, va ricordato – per coloro che hanno scelto di beneficiare di prestazioni sanitarie fuori dall’Italia – che le spese mediche sostenute all’estero hanno il medesimo trattamento di quelle effettuate in Italia. Anche per queste spese sarà necessaria una documentazione dalla quale sia possibile ricavare le stesse indicazioni richieste per le spese sostenute in Italia; se la documentazione è in lingua straniera il contribuente dovrà allegare anche la traduzione (per le lingue comunitarie più diffuse dallo stesso contribuente).