“I muri sono nella mente”, si legge in uno dei suggerimenti che sono profusi lungo il “Cammino della meditazione” nell’Isola di San Giulio sul Lago d’Orta. Partecipi dell’innovazione aperta, cambiamo animo. Come dice Virgilio, “Scompaiono terre e città, all’orizzonte” (Virgilio, Eneide, III, 72, citato da Seneca, Lettere a Lucilio, III, 28).
La passione unita alla determinazione riesce a produrre risultati eccezionali.
Riandando a una delle cinque “miniature storiche” di Stefan Zweig (2016 – The First Word to Cross the Ocean), fu proprio la passione, insieme alla volontà di riuscire, che permise a Cyrus W. Field di portare a termine con successo la posa nell’Oceano Atlantico dei cavi sottomarini per le trasmissioni telegrafiche tra Europa e America.
Ci vollero otto anni, tra il 1858 e il 1866, e diversi tentativi andati a male per ottenere il risultato desiderato. Field compì una grande impresa nella raccolta di tanti fondi quanti ne richiedeva un progetto così ambizioso. Se accanto alla porta della finanza se ne fossero aperte altre nel campo dell’innovazione, forse i tempi si sarebbero accorciati.
Quella che oggi prende il nome di Innovazione Aperta 2.0 dovrebbe contribuire ad accelerare la corsa lungo il tragitto che va dall’ideazione alla realizzazione.
Non c’è persona che abbia conoscenza di tutto.
È l’abilità di rapportarsi agli altri per pensare in grandi gruppi che libera l’Homo Innovatus dall’isolamento in cui altrimenti lo costringerebbe il rigido corsetto della razionalità individuale, con marcati segni di egoismo ed egocentrismo, indossato dall’Homo Oeconomicus.
L’Homo Innovatus è agile, impareggiabilmente abile a integrarsi nel contesto sociale e quindi incline a piantare radici nel terreno della cooperazione. Suscitare la conversazione per ‘cambiare insieme’: questo il proposito perseguito.
Lo spazio mentale abitato dall’Homo Innovatus non è quello dello specialista la cui esperienza è calata dall’alto nel suo pozzo di conoscenza.
Via via che scende nel pozzo, lo specialista si appropria di pezzi sempre più piccoli del suo campo cognitivo e li protegge dallo sguardo altrui. La protezione è un alto muro di cinta, alzato con i mattoni dell’esperienza accumulata.
L’Homo Innovatus fuoriesce dallo spazio esperienziale e occupa lo spazio sperimentale tanto esteso quanto l’immaginazione che lo circoscrive. In quanto sperimentatore, egli è ben consapevole che i fatti di cui ha notizia ed esperienza e le idee che ha già coltivato riflettono il passato. D’altra parte, sogni e speculazioni sul futuro sono fantasie che si confrontano con la realtà.
L’Homo Innovatus è così irragionevole da trasbordare dai confini della ragione dogmatica e della saggezza convenzionale per sfidare con i suoi esperimenti lo stato di cose esistenti e così compiere l’intero percorso dalla fantasia alla realizzazione.
Adattabilità sociale e capacità di piantare radici cooperative fanno evolvere il linguaggio dell’innovazione tanto da inventare un appropriato vocabolario tra le cui voci spiccano “fluttuazione”, “perturbazione” e “squilibrio”.
Esse si trovano nel bagaglio culturale dell’Homo Innovatus lungo il percorso che partendo dall’organizzazione chiusa nella sua bolla sbocca nell’innovazione che aprendosi al dialogo riesce a disegnare un futuro possibile.
Con l’evoluzione del linguaggio si rafforza l’argomentazione a sostegno delle perturbazioni evolutive dei rapporti economici al posto della quiete assicurata dalle preferenze razionali, dalla massimizzazione dell’utilità e dei profitti, e dalla piena disponibilità dell’informazione pertinente: tre condizioni climatiche che tengono lontane le tempeste.
Come ci si muove nello spazio mentale dell’innovazione aperta? Una risposta prende spunto dal gioco degli scacchi. L’innovatore aperto è assimilabile al cavallo giacché salta da un team a un altro, e così spostandosi è fonte di sorprese.
Il nostro giocatore ha infinite possibilità da sfruttare, e illimitate sono le possibili reazioni degli altri giocatori. Nell’incertezza radicale che li avvolge, ciascuno di loro si affida a semplici regole di comportamento, un po’ a occhio e croce.
Ci si può muovere spostandosi negli spazi adiacenti al proprio dominio. Così si comportò Nicholas Callan (1799-1864), scienziato e prete irlandese, cui si deve, nel 1836, la bobina nella quale circola una corrente alternata.
Un risultato ottenuto combinando insieme due idee adiacenti: la scoperta nel 1831 dell’induzione elettromagnetica da parte del fisico e chimico Michael Faraday (1791-1867) e l’elettromagnete inventato nel 1825 dal fisico William Sturgeon (1783-1850).
Può accadere che gli spazi mentali adiacenti diano luogo a spazi fisici che sono sorgenti di combinazioni improbabili. Come racconta Christina van Houten (2016), la concentrazione nell’isola di Murano degli artigiani veneziani del vetro si rivelò una “creazione accidentale di una colonia di vetrai altamente qualificati”.
Il muoversi nelle adiacenze potrebbe indurre la comparsa della sindrome del ‘pensiero unico’ per lealtà alla comunità scientifica o al distretto industriale cui si appartiene. Si spostano verso spazi ampi e ‘bianchi’ (non contaminati) coloro che si addentrano nelle pieghe dell’anti-disciplina, un metodo che abbatte le barriere che separano discipline e specializzazioni.
*Senior Research Fellow, Innovation Value Institute, Maynooth University
**Il testo è parte di un progetto di ricerca su “Exploring the Culture of Open Innovation: Towards an Altruistic Model of Economy”, a cura di Martin Curley e Piero Formica, Emerald Group Publishing, 2018