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Serve più coraggio

L’Italia e il test della legge di Bilancio. Proviamo a ragionare su alcune misure che necessitano di un intervento coraggioso da parte delle istituzioni

Il traguardo dell’annuale legge di Bilancio inizia a scorgersi all’orizzonte, ma per raggiungerlo la Manovra deve essere compiuta, con attenzione.

Come ogni “manovra”, infatti, per utilizzare una metafora automobilistica, deve essere eseguita guardando bene indietro per poter uscire al meglio in avanti. Servono precisione, visione, ma serve anche coraggio, poiché il perimetro d’azione è ristretto.

E se certamente, da una lettura delle misure proposte, accogliamo con favore la scelta di prevedere, in materia pensionistica, l’indicizzazione sulla base della legge 388/2000, rimuovendo i precedenti blocchi che hanno penalizzato soprattutto i pensionati con oltre 5 volte il minimo, stessa cosa non può dirsi per altre misure.

Proviamo quindi a ragionare su alcuni punti che necessitano di un intervento coraggioso da parte delle istituzioni.

Sul piano fiscale, ad esempio, siamo preoccupati dalla rimodulazione delle detrazioni, da cui il Governo attende circa 1 miliardo di euro. Se si taglia 1 miliardo, è chiaro che alcune categorie di contribuenti pagheranno più Irpef e quindi maggiori tasse. A essere vessato sarà dunque nuovamente il nostro ceto medio.

In Manovra manca altresì, ancora una volta, l’innalzamento dei limiti di deducibilità fiscale dei contributi per sanità integrativa e previdenza complementare. Agevolare il limite di deducibilità dei Fondi consentirebbe invece alla sanità e alla previdenza pubblica di respirare, beneficiando della complementarità del “secondo pilastro”, senza aggravi di costi e contrastando l’evasione.

Siamo poi senz’altro favorevoli al taglio del cuneo fiscale, ma con una platea ampliata solo fino a chi guadagna 40 mila euro di reddito, si continua a penalizzare chi va oltre, che non può certamente dirsi ricco, ma dovrà subire le conseguenze di tali scelte. Per raggiungere una parziale equità si potrebbe puntare su soluzioni come sgravi fiscali, welfare aziendale, defiscalizzazione degli straordinari, solo per citare alcuni esempi.

Tornando alle pensioni, per quanto riguarda coloro che ricadono interamente sotto il regime contributivo, riteniamo che vada rimosso il limite introdotto nella legge di Bilancio del 2024, e confermato per il 2025, che ha reso più complessa l’uscita anticipata per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996. Tale misura appare irragionevole, considerando che la pensione anticipata era stata una delle poche “concessioni” accordate ai lavoratori ricadenti nel regime contributivo.

In tema di tutela della managerialità, infine, non possiamo soprassedere sulla questione del tetto agli stipendi dei manager di enti pubblici e privati che ricevono contributi dello Stato. Se è vero, infatti che bisogna fare attenzione a come vengono impiegate le risorse pubbliche, è altresì vero che la soluzione non è privare il sistema della Pa delle migliori competenze manageriali, nei fatti disincentivate a farne parte.

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