1980

Quei grandi maestri

Sono tanti i modelli umani e professionali da cui ognuno di noi trae ispirazione. Perché la formazione, per dirsi completa, passa anche dagli esempi che “fanno scuola”.

Sulla strada della vita ciascuno di noi ha incontrato figure d’ispirazione verso le quali sarà sempre, a suo modo, riconoscente. Dal maestro di scuola al docente universitario, passando per colleghi di lavoro e capi d’azienda, sono tanti i mentor che influenzano la nostra evoluzione, personale e professionale. Non sempre si tratta di incontri de visu, talvolta il legame è virtuale ma, in ogni caso, ricordiamo vivido l’insegnamento che ne abbiamo tratto.

Apprendere dall’esempio altrui è un incredibile strumento di formazione.

Rifletto su questo lascito oggi che le scuole stanno riaprendo e gli studenti si riaffacciano sui banchi. L’istruzione dovrebbe costituire la priorità per il nostro Paese, non il fanalino di coda.

Al di là delle contingenze che ogni ciclo socioeconomico determina, l’Italia ha bisogno di superare il compromesso al ribasso su cui si è placidamente adagiata, svegliandosi dal “torpore della conoscenza”.

Sono allarmanti i dati Ocse, secondo cui circa il 28% degli italiani tra i 16 e i 65 anni sarebbe analfabeta funzionale. Vale a dire incapace di comprendere testi “di senso comune”, si sarebbe detto una volta.

Le cause di un tale degrado culturale sono certamente rinvenibili nelle abitudini private di giovani e famiglie, ma sul banco degli imputati a salire è inevitabilmente la scuola. Luogo deputato all’apprendimento e alla convivenza civile, oltre che fucina nella quale modellare i talenti a cui affidare le professioni di domani.

The times they are a-changin’, canta Bob Dylan. E il World Economic Forum sottolinea infatti che il 23% dei posti di lavoro cambierà nei prossimi cinque anni, sotto la spinta della green revolution e dell’intelligenza artificiale in tutti i settori della produzione e dei servizi.

I giovani si troveranno di fronte a un ininterrotto lifelong learning e ci sarà sempre più bisogno di “grandi maestri”, di formatori che alle nozioni tecniche sappiano abbinare il patrimonio umanistico in senso ampio.

Un grande maestro, soprattutto sul piano delle relazioni sindacali e delle capacità dirigenziali, era Giorgio Rembado, scomparso nei giorni scorsi dopo lunga malattia.

Fino all’ultimo alla guida della Federazione nazionale dei dirigenti e delle alte professionalità della funzione pubblica (FpCida), Rembado si è sempre distinto quale persona capace di abbinare vivaci e stimolanti intuizioni a una visione rigorosa e autorevole del ruolo dirigenziale.

Nei nostri numerosi incontri, abbiamo lavorato insieme per garantire alta dignità al ruolo fondamentale dei presidi della scuola, rappresentati nell’Anp, l’associazione di cui è stato fondatore e presidente. E insieme abbiamo stretto il patto che tiene unita la Cida, quel patto tra dirigenza pubblica e privata che è al servizio del Paese.

La sua eredità culturale e morale sarà preziosa per i molti che, come me, vorranno raccoglierla.

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