Il prof. Giancarlo Elia Valori, una carriera ai vertici delle più importanti realtà imprenditoriali italiane, analizza i due fronti contrapposti: il Qatar con l’Iran e la Turchia, i sauditi con l’Egitto, gli Emirati e il Bahrein. Oggi presidente della merchant bank La Centrale Finanziaria Generale e della partecipata La Centrale International, nonché partner di COFCO INTL, ci rivela perché, in questa guerra appena cominciata, l’unica che uscirebbe sconfitta dal nuovo legame economico e geopolitico tra Doha e Teheran, rischia di essere proprio l’Arabia Saudita.
Professor Elia Valori, nel suo ultimo libro, “Geopolitica dell’incertezza”, (Rubettino) delinea una nuova configurazione del sistema eurasiatico, in cui il peso dell’Unione Europea sarà sempre minore. Cambia qualcosa con l’isolamento del Qatar?
Il Qatar è stato isolato dal sistema sunnita per due motivi: è sede di fatto del vertice della fratellanza musulmana, nemica durissima sia dell’Egitto di Al Sisi (e dei suoi predecessori) che dell’Arabia Saudita. Inoltre, l’Emirato di Doha ha annunciato che aumenterà almeno del 30% la sua estrazione di gas naturale, che è fuori dalle quote OPEC e che ormai minaccia anche quella statunitense dello shale gas, mentre i contratti del gas qatariota, soprattutto quelli con il Giappone, si stanno rinnovando a prezzi più bassi del consueto.
Mentre la crisi fiscale dello stato è visibile in Arabia Saudita, il Qatar è gonfio di liquidità e potrebbe rubare ai sauditi e ai loro alleati quei mercati evoluti euroamericani e cinesi che sono essenziali per la differenziazione produttiva dell’OPEC.
E l’Europa sta a guardare?
Per quanto riguarda l’Eurasia di cui parlo nel mio più recente libro, la questione è ancora più semplice: gli Usa se ne stanno andando dall’Europa per giocare la loro carta cinese nella nuova egemonia globale dell’Asia centrale e nel Pacifico.
Se l’Europa dovesse rimanere un “nano” strategico e militare, non potrà non collegarsi con l’heartland russo e cinese, attraverso un’alleanza che le permetterà una nuova stabilità anche in rapporto alle crisi del mondo arabo, che dureranno ben oltre la sparizione, temporanea, del “califfato” sirio-iracheno.
Che ruolo avranno Cina e Russia in questo nuovo scacchiere geopolitico che si sta delineando nel Golfo? E l’Iran?
Teheran non potrà non espandere la sua alleanza militare ed economica con la Federazione Russa. L’Iran ha combattuto in Siria per sostenere Bashar el Assad, mentre Mosca vuole giocare comunque un ruolo primario in tutto il Medio Oriente, rispetto a una ondivaga presidenza Trump. Per questo, i russi si stanno accordando con tutti i poteri dell’area, da Israele all’Iran, fino agli emirati sunniti e all’Arabia Saudita.
Non a caso la presenza di Mosca in Siria è una garanzia strategica per Teheran. Per la Cina, poi, l’Iran è un partner primario, ma anche uno strumento di leverage contro gli Stati Uniti. E il progetto della “nuova Via della Seta” elaborato da Xi Jinping nel 2013 sarà determinante per lo sviluppo economico e il rilievo strategico dell’Iran.
Nel Golfo, Russia e Cina opereranno con accordi commerciali (già oggi Teheran ha sostituito l’Arabia Saudita come primo fornitore di petrolio a Pechino) che saranno basati sulla moneta cinese, il che favorirà investimenti sia in Iran che in tutto il Golfo. Inoltre la Federazione Russa è diventata il vero player militare dell’area.
Il Qatar è davvero un Paese così diverso dagli altri della Penisola arabica o si tratta di schermaglie che non hanno motivi religiosi o politici ma, piuttosto, ragioni economiche?
Il Qatar è stato sanzionato dall’Arabia Saudita, dall’Egitto, dagli Emirati, perfino da un’America ancora più ingenua del solito, per i suoi contatti con l’Iran, con cui spartisce il più grande deposito sottomarino di gas naturale, nonché per il sostegno alla fratellanza musulmana. Inoltre, per la sua immensa ricchezza, che deriva dal gas naturale non regolato dall’OPEC, il Qatar potrebbe diventare, se messo in ginocchio, una nuova “mucca da mungere” per i sauditi, che hanno una estrazione petrolifera sempre meno facile.
La messa in mora del Qatar, infine, colpirebbe anche la Turchia, storico alleato di Doha, e metterebbe in crisi il “US Central Command”, il comando militare americano in Medio Oriente, Nordafrica e Asia centrale, che ha sede in Qatar. Insomma, un mix di tensioni e progetti geopolitici che, sulla base della “NATO sunnita”, dovrebbero permettere a Riad di rimettersi economicamente in sesto, a spese degli Stati Uniti e degli inutili europei.
Se davvero dovessero prendere corpo le sanzioni che i Paesi della Penisola Arabica hanno annunciato contro Doha, l’Emirato sarebbe in grado di reggere l’urto o rischierebbe di capitolare?
La Turchia e l’Iran hanno mandato navi di beni alimentari per evitare il blocco delle linee di terra tra i sauditi e il Qatar, mentre il Kuwait ha dichiarato la sua disponibilità a mediare, ma mi sembra che Riad abbia premuto il grilletto contro Doha perché era sicura che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto i sauditi, incolpando l’Iran e i suoi alleati, Qatar compreso, di fomentare il “terrorismo”.
Le tredici richieste inviate, come ultimatum a Doha, sono generiche e spesso irricevibili, poiché presupporrebbero la definitiva cessazione della sovranità dell’Emirato. E’ quindi probabile che si arriverà a un periodo di blocco tra i due fronti contrapposti, che significherà soprattutto la fine del Consiglio di Cooperazione del Golfo e l’inizio di una sorta di “guerra fredda” interaraba e infra-sunnita.
Il Qatar rafforzerà i suoi legami con l’Iran e la Turchia, mentre i sauditi rafforzeranno la loro egemonia sull’Egitto, gli Emirati e il Bahrein. Se si rafforza il legame economico e geopolitico tra Doha e Teheran, l’unica che uscirebbe sconfitta sarebbe però l’Arabia Saudita.
In Qatar si disputeranno i mondiali di calcio del 2022, un affare colossale, per il quale si è anche parlato di corruzione. Pensa che si terranno ugualmente, nonostante inizino ad arrivare alla FIFA richieste di cambiare paese ospitante?
Il blocco diplomatico, terrestre, marittimo e aereo da parte dell’alleanza saudita contro il Qatar è un problema serissimo, e certamente Riad non mancherà di creare il maggior danno possibile a Doha, anche per quanto riguarda il campionato mondiale di calcio.
Alcune leghe e federazioni di calcio europee non intendono mettere in pericolo il loro ruolo e i rapporti con i sauditi, ma certamente la FIFA, che molto ha fatto e molto ha preso per organizzare la coppa del mondo di calcio in Qatar, non rinuncerà facilmente al mondiale del 2022 a Doha.
Per quanto riguarda i rapporti tra Italia e Qatar, pensa che si possa arrivare a un brusco stop come è avvenuto con la Russia?
Il Qatar ha recentemente dichiarato che continuerà a investire, in modo rilevante, sia in Italia che nel resto dell’Unione europea. Ma l’Italia, si ricordi, è in fondo alla classifica dei Paesi in cui Doha investe: la prima è la Cina (30% dei capitali qatarioti all’estero), mentre l’Italia viene dopo il Brasile con meno dell’1%.
Se il blocco dovesse continuare, il Qatar non avrà altra scelta che rafforzare i legami con Turchia, Iran e, magari, con la stessa Unione europea, senza nemmeno mettere in conto un possibile nesso, paradossale ma non impossibile, con Israele. In questo caso, l’economia di Doha si riequilibrerebbe, stante anche i 30 miliardi di Usd sauditi collocati nelle banche dell’Emirato.
Ci saranno meno investimenti non solo del Qatar negli altri Paesi della penisola arabica, che ne hanno molto bisogno a seguito della caduta stabile dei prezzi petroliferi, ma anche di natura internazionale nella Regione, che sarà meno stabile sul piano geopolitico.
Per una azienda italiana, ha senso in questo momento tentare gare per aggiudicarsi commesse in Qatar?
La fiera internazionale, “Project Qatar”, in programma a Doha dall’8 all’11 maggio scorso, è stata un successo per le imprese italiane. Certo, se si tratta di infrastrutture che collegano l’Emirato al resto della Penisola, è bene andarci con i piedi di piombo. Se invece si tratta di commesse da eseguirsi interamente in Qatar, non vedo perché le imprese italiane non dovrebbero operare nell’Emirato.
* giornalista