Persone capaci

Se prima l’opinione pubblica manifestava dei pregiudizi nei confronti della categoria manageriale, oggi la percezione sta cambiando in positivo. Perché si avverte il bisogno di competenze per superare le crisi.

Poco meno di 10 anni fa lo slogan “uno vale uno” riecheggiava non solo nelle stanze della politica, ma nei meandri delle imprese, delle industrie e delle organizzazioni.

Il nostro Paese, fatto principalmente di piccole e medie imprese, vedeva un padre padrone, anziano proprietario, che diceva “si è sempre fatto così, si fa come dico io”. Niente strategie, niente internazionalizzazione, niente adeguamenti senza incentivi.

Non abbiamo bisogno di manager, dicevano gli imprenditori. Non abbiamo bisogno di manager, dicevano istituzioni e organizzazioni, costano troppo. Può farlo chiunque, diceva la politica. Sono dei privilegiati, si sentiva tra l’opinione pubblica.

Il Covid, il Pnrr, la crisi energetica e le guerre in corso ci hanno rapidamente dimostrato come nulla fosse più lontano dal vero di quelle affermazioni.

Dall’ultima analisi svolta con Reputation Research emerge come la reputazione dei manager sia cresciuta del 26,7% negli ultimi 36 mesi.

Entriamo nel dettaglio per spiegare meglio questo dato e l’impatto che può avere sulla nostra economia.

Investire strutturalmente in piani di valorizzazione e crescita del capitale umano manageriale rappresenta senz’altro un passaggio chiave per la ripartenza del Paese, alle prese con gli strascichi della pandemia da Covid-19, caro-bollette ed effetti a medio-lungo termine delle tensioni geopolitiche in atto.

Le competenze stanno finalmente tornando al centro del dibattito.

Un ospedale o una scuola funzionano diversamente se dirette da persone competenti. Un’industria può ottimizzare centinaia di migliaia di euro di sprechi e salvare posti di lavoro, se affidata alle mani giuste.

Così se prima dicevi manager e accanto la discussione verteva su “privilegi”, “compensi d’oro”, “stipendi”, oggi scrivi manager e leggi sostenibilità, capitale umano e competenze.

In generale possiamo dire che oggi più del 90% delle discussioni sui manager hanno accezione positiva o neutra.

 

 

La cultura aziendale e il capitale umano di un’impresa sono tanto importanti quanto il fatturato, la capitalizzazione azionaria o il valore degli investimenti in corso. I beni immateriali dimostrano la loro importanza soprattutto in tempi di crisi.

Un manager oggi ha una responsabilità economica e sociale verso la propria impresa e impatta su tutti e 5 i driver reputazionali. Un buon management consente di accedere più facilmente al credito, di attrarre risorse migliori sul posto di lavoro, che lavoreranno con più piacere, di assicurarsi un buon rapporto con i fornitori, che vuol dire migliori materie prime e migliori rapporti con le istituzioni e quindi in generale un miglior prodotto o servizio.

Non è un caso se negli ultimi due anni le direzioni dei fondi di investimento non sono più focalizzate sull’ambiente bensì sulle persone. La finanza ha scelto di mettere al primo posto nelle scelte di investimento la reputazione. La reputazione oggi si basa su tre fattori: quello ambientale, quello sociale e quello del capitale umano e tutti dipendono da un buon management.

Questi tre asset intangibili pesano sempre di più sul capitale economico del paese.

Ora anche i politici, gli imprenditori e la popolazione tutta lo ha capito, le nostre imprese hanno bisogno di più manager, il Paese ha bisogno di più manager. Non è un caso che in ambito politico ed economico la parola più utilizzata sui giornali e sui social sia “competenze”.

Ognuno vale ciò che sa fare e ciò che sa fare ha bisogno di formazione continua.

La reputazione oggi si basa su tre fattori: quello ambientale, quello sociale e quello del capitale umano e tutti dipendono da un buon management

Dietro questo traguardo di certo c’è anche il continuo lavoro degli ultimi anni di realtà come Federmanager, le quali propongono e implementano nel concreto strategie per supportare e formare le figure manageriali del futuro, discutendone il ruolo direttamente con i decision maker politici e certificando le loro competenze.

C’è sempre più bisogno di manager per rimuovere processi che non funzionano bene, per raggiungere obiettivi e accertarsi che i principi e gli interessi della comunità siano posti al di sopra degli interessi e del potere del singolo individuo o di una fazione.

Ricordando sempre (citando Ray Dalio nel suo bellissimo libro “I principi del successo”) che il “chi” è più importante del “cosa”.

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