L’ampia riforma fiscale voluta dal Governo sta procedendo attraverso gli step dei diversi decreti attuativi e può rappresentare un punto di svolta importante per il Paese.
Ce lo auguriamo, soprattutto perché la nostra capacità di essere competitivi è strozzata dal peso di un fisco iniquo e da cattiva burocrazia.
Dalle premesse che vediamo, alla base della riforma si pone l’intento politico di agire per ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese, semplificare e rendere comprensibile il quadro normativo e garantire una piena certezza del diritto.
Se è giusto intervenire per migliorare l’efficacia delle fasi sanzionatorie e i meccanismi di riscossione, in un Paese come il nostro che patisce un tax gap intorno ai 100 miliardi, non si deve però appesantire il panorama del contenzioso, con oltre il 40% delle controversie civili presso la Corte di Cassazione che riguarda oggi questioni di carattere tributario.
Appare pertanto più che opportuno che si proceda spediti sulla via di una modernizzazione e sburocratizzazione di sistema; il che significa sposare il concetto che per pagare meno tasse è necessario che le paghino tutti.
Altrimenti si ricade nell’usuale malcostume italiano di vessare chi lavora onestamente, come i tanti manager che la nostra Federazione rappresenta, e di permettere a chi fa il furbo di vivere sulle spalle degli altri, beneficiando di servizi a cui non contribuisce.
Per crescere in maniera sostenibile sotto il profilo economico e sociale, l’Italia ha bisogno quindi di giustizia ed equità fiscale, anche e soprattutto per quel ceto medio che è il motore dell’iniziativa economica nazionale.
Chi guadagna da 50 mila euro in su non può essere considerato un super ricco, come ha ben sottolineato il Viceministro Leo anche in occasione del nostro Open Day Cida sulla petizione a salvaguardia del ceto medio.
L’intervento riformatorio rappresenta un banco di prova importante per tutti e, affinché il Paese sia in grado di fare uno scatto in avanti, dovranno essere coinvolte al meglio competenze, professionalità e amministrazioni diverse.
Soprattutto perché, quando parliamo di fisco, parliamo anche di investimenti sullo sviluppo e sul progresso dell’Italia. La leva fiscale ha difatti assunto, negli ultimi anni, un ruolo preponderante anche come strumento di politica industriale, grazie a un significativo strumentario di agevolazioni e crediti di imposta.
Organizzazioni come la nostra vogliono sempre più contribuire a un dialogo qualificato con tutti i livelli istituzionali per favorire interventi, sul piano normativo e regolatorio, che producano effetti benefici in termini di crescita strutturale. Dal taglio del cuneo fiscale ai sostegni di cui le Pmi hanno bisogno per dotarsi di competenze manageriali innovative, serve un progetto di riforma affidabile, che premi chi è onesto e rilanci il lavoro.