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Nuove pagine di storia

Il conflitto in atto in Ucraina evidenzia, una volta di più, la fine dell’illusione della globalizzazione. I manager sono chiamati a interpretare i cambiamenti e a lavorare per il bene delle future generazioni

Il mondo sta cambiando davanti ai nostri occhi.

Guardiamo con sgomento a ciò che sta accadendo in Ucraina e risalta, in tutta la sua evidenza, la fragilità di una coesione internazionale e sovranazionale in grado di garantire pace e prosperità.

Le televisioni e il vorticoso flusso informativo che tracima dal web ci mostrano le immagini di un conflitto che è piena espressione del caos irregolare di questo XXI secolo.

Assistiamo infatti a una guerra combattuta sul campo, come quelle che hanno funestato il Novecento, ma anche ad attacchi informatici e comunicazioni studiate ad arte per creare una sorta di “confusione organizzata” tra realtà e fake news. La risposta attraverso le crescenti sanzioni di carattere politico-economico sembra rivelarsi poco efficace, pur se necessaria per mantenere aperta la strada del dialogo e di un possibile ravvedimento.

Sembra altresì definitivamente tramontata l’illusione della globalizzazione e di una possibile armonia internazionale imposta dai vantaggi di mercato.

Registriamo infatti il tentativo di imporre capziose identità, come quella che Putin sembra aver rispolverato per giustificare l’ingiustificabile invasione dell’Ucraina.

Il pianeta, già estremamente provato da due anni di pandemia, è oggi vessato da conflitti continentali che rischiano di diventare mondiali.

È questo ciò che vogliamo lasciare alle giovani generazioni, dai ragazzi della “generazione Greta” a quelli che sono oggi costretti a fuggire dall’Ucraina? Un cumulo di macerie su cui ipotizzare un futuro?

Certamente no, e avverto il dovere di manifestarlo non solo a titolo personale, ma soprattutto in rappresentanza dei tanti manager che vogliono essere protagonisti del cambiamento.

Abbiamo tutti delle responsabilità e siamo chiamati a cambiare la storia, rimettendo al centro l’uomo, le sue condizioni di vita e di lavoro, e la sostenibilità come unica via possibile da percorrere. Dobbiamo superare la cultura delle contrapposizioni e della ricerca di un profitto immediato, quanto vano, se non viene utilizzato per strutturare un più ampio processo di ripresa.

Dobbiamo governare l’innovazione, contribuendo a stabilire regole nuove per arginare il cybercrime e per integrare al meglio l’automazione nei processi industriali.

E abbiamo altresì il dovere di incidere sulla politica nel senso più alto del termine, recuperando la concezione aristotelica della polis come pieno compimento dell’espressione sociale dell’uomo.

Siamo manager e non ci è permesso di assistere da spettatori al corso degli eventi.

La nostra Federazione saprà offrire un importante messaggio di unità e resilienza, qualificandosi ancor più come un riferimento sicuro, proprio in uno dei passaggi più difficili della nostra storia recente.

Con coraggio e fiducia nelle donne e negli uomini che lavorano insieme a noi, saremo in grado di uscire dalle crisi e di traghettare il Paese attraverso tappe di crescita stabile e duratura.

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