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Materie fondamentali

Sicurezza, accessibilità e sostenibilità economica. L’equilibrio energetico mondiale deve fare i conti con le risorse disponibili. L’intervento di Michele Vitiello, Segretario generale del comitato italiano del World energy council

Michele Vitiello, Segretario generale del comitato italiano del World energy council

Le energie rinnovabili si chiamano così perché potenzialmente si rinnovano all’infinito. Non sono infinite però le materie prime critiche che servono per consentirne l’utilizzo quando ne abbiamo bisogno, essendo fonti intermittenti per natura. Pannelli solari, batterie, chip e magneti, solo per citare alcuni esempi. Sono 17 gli elementi della tavola periodica che tra l’industria della difesa, quella dell’innovazione e quella dell’energia sono diventati strategici oltre che critici, non solo per il nostro sviluppo futuro, ma per la nostra vita quotidiana. Ci siamo resi conto – in questi anni – che la dipendenza energetica ha un prezzo alto, che influisce sulle scelte della nostra libertà, e rischia di comprimere in modo inaccettabile i diritti e le possibilità di crescita. E in un contesto di crisi geopolitiche, così accese e multilaterali, lo stop improvviso a un mercato libero globale ha imposto all’Europa una profonda riflessione.

Che la transizione energetica sia un processo inevitabile è fortunatamente un assunto consolidato. Sebbene gli Stati europei producano solo il 7% delle emissioni globali, l’impegno per la riduzione dell’inquinamento è un obbligo morale di questa generazione. L’unico modo per farlo sta nel considerare tutte le opzioni possibili che ad oggi consentano un phase out dalle fonti fossili, incrementando l’accesso alle energie rinnovabili, all’idroelettrico e al nucleare, continuando al contempo a investire in ricerca e innovazione. C’è però da costruire un punto di equilibrio in quello che il World energy council definisce “il trilemma dell’energia”, che tenga in considerazione la sicurezza, l’accessibilità e la sostenibilità economica, in poche parole: umanizzare la transizione.

In supporto a queste sfide corre naturalmente la transizione digitale, inscindibile da quella verde, che in un dialogo osmotico impatta sulla realtà con crescente velocità. Sebbene infatti la rivoluzione digitale abbia un peso energetico particolarmente alto, può aiutarci di contro a definire strumenti utili per efficientare i consumi e renderli più sicuri. L’intelligenza artificiale, le smart grid, i sistemi di monitoraggio spaziale, solo per citarne alcuni, possono aiutarci sul piano della consapevolezza e dell’efficienza, migliorando i comportamenti energetici e riducendo i rischi e le instabilità di sistema. La doppia transizione, energetica e digitale, richiede sempre maggiore accesso ai materiali critici. La loro rilevanza ha perciò riflessi che diventano sociali, geopolitici, ambientali ed economici, fino al punto da determinare accordi di pace o ulteriori tensioni. Basti pensare a quanto sta avvenendo per l’Ucraina, dove il World economic forum stima ci siano 20mila depositi minerari, di 116 tipi, che includono ben 22 delle 34 materie prime critiche individuate dal Critical raw materials act dell’Unione europea.

Il World economic forum stima che in Ucraina ci siano 20mila depositi minerari, di 116 tipi, che includono ben 22 delle 34 materie prime critiche individuate dal Critical raw materials act dell’Ue

Eppure la Cina, come ricorda un rapporto Iren/Ambrosetti, detiene il primato nella fornitura delle materie prime critiche importate in Europa e, se decidesse di interrompere la fornitura di terre rare, da qui al 2030 metterebbe a rischio – ad esempio – 241 GW di eolico e 33,8 milioni di veicoli elettrici. Il Dragone produce infatti circa il 70% delle risorse e ne raffina l’85% su scala globale, riuscendo ad essere iper-competitivo grazie ad una serie di condizioni di contesto.

La normativa Ue ha delineato perciò una sua strategia, stabilendo tre parametri di riferimento per il consumo annuale di materie prime critiche, per i quali “almeno” il 10% dovrà arrivare da estrazione locale, il 40% verrà lavorato nel territorio Ue e il 25% proverrà da materiali riciclati. Secondo un recente rapporto di Banca d’Italia poi, sebbene il mercato delle materie prime critiche sia ancora di dimensioni ridotte rispetto a quello dei combustibili fossili, la sua importanza macroeconomica crescerà molto e rapidamente. Diventa fondamentale allora, lì dove è possibile, considerare anche l’aspetto della sostituibilità: mentre alcune materie critiche infatti, come il rame, hanno alternative valide, altre restano insostituibili.

L’Italia, considerate le sue competenze consolidate su riciclo ed economia circolare, può ambire a diventare un hub europeo per il recupero di questi materiali. Alcuni studi stimano addirittura che per il nostro Paese ci sia la possibilità di ricavare – dal riciclo – fino al 32% delle materie prime critiche. Per ottenere questo obiettivo però è necessario investire su più livelli: il primo è certamente quello dello sviluppo delle nuove tecnologie, utili all’estrazione e alla raffinazione, che si realizza investendo di più in innovazione e ricerca; il secondo riguarda la promozione di una filiera integrata, non solo interna, ma anche internazionale, e in particolare con i Paesi africani; il terzo è quello della leva fiscale e normativa, costruendo un ambiente fertile a questo tipo di investimenti, e all’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali, con la definizione di criteri end-of-waste e schemi incentivanti per l’utilizzo dei materiali riciclati; il quarto poi, riguarda l’aspetto culturale, affinché la consapevolezza collettiva diventi forza motrice per la politica.

L’Italia, considerate le sue competenze consolidate su riciclo ed economia circolare, può ambire a diventare un hub europeo per il recupero di materie prime critiche

In particolare, una leva strategica sarà la crescita della raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), di cui ancora il 70% non viene gestito correttamente, sia per la scarsa presenza dei centri di raccolta sia per la ridotta consapevolezza dei cittadini. Sarà per noi importante investire sulla capacità di raccolta e la realizzazione di nuovi impianti, per il recupero e il trattamento, visto che ad oggi disperdiamo il 90% delle componenti Raee esportandole in altri Paesi. Per l’Italia, perciò, tutto questo rappresenta uno spazio importante, per costruire un ruolo strategico che ci consenta di essere attrattivi, sostenibili e competitivi. Quello del recupero e del riciclo di materie critiche è infatti un asset centrale per lo sviluppo globale e la sicurezza dei prossimi decenni, sul quale pochi player possono dire la propria. E allora, reinterpretando Nietzsche, “ai rari le terre rare”.

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