In Italia le malattie croniche non comunicabili (NCD) sono in continuo aumento. I dati statistici forniti dall’Istat e dall’Osservatorio nazionale della salute sono allarmanti: lo scorso anno hanno interessato circa il 40% della popolazione italiana, di queste circa il 50% era afflitto da multicronicità.
Nel panorama sanitario, l’aumento della prevalenza delle cronicità rappresenta una sfida dei governi sia in Italia sia a livello mondiale con costi in ascesa che sfiorano il 70 – 80% delle risorse sanitarie globali.
In un contesto come quello italiano caratterizzato da un elevato invecchiamento della popolazione, la diffusione delle malattie croniche è un indicatore di salute. Le malattie croniche sono certamente più frequenti nelle fasce di età più adulte: nella classe 50/59 anni si riscontrano nel 55% delle persone, nella classe oltre i 75 anni si riscontrano nel 85%.
Secondo l’Oms, le malattie croniche non trasmissibili danno il maggiore contributo alla diffusione delle malattie nella regione europea. Per questo, l’Oms ha messo a punto un progetto sulla sorveglianza integrata delle malattie non comunicabili in Europa coinvolgendo l’Unione europea per eventualmente intervenire su procedure da correggere e valutare la comparabilità dei dati e la loro innovatività.
Le ricerche coordinate dall’Oms (Uffici regionali europei), unitamente alla Commissione Europea e a un gruppo di esperti e di rappresentanti degli Stati membri, ha identificato e valutato una quantità di indicatori e le informazioni necessarie e per il conseguimento dei target del (NCD Global monitoring work and health 2020).
Il fenomeno della cronicità è causato da condizioni diverse quali l’invecchiamento della popolazione, il miglioramento delle condizioni igienico sanitarie, il mutamento delle condizioni socio-economiche, stili di vita, condizioni ambientali e terapie innovative. Attualmente nel nostro Paese si spendono per questo settore della medicina 66,7 milioni di euro che, in base alle proiezioni degli scenari demografici elaborati dall’Istat, nel 2028 dovrebbero salire a 70,7 miliardi di euro.
A questo punto vanno specificate alcune caratteristiche della cronicità la cui prevalenza presenta differenze di genere, di territorio, di condizioni socio economiche.
La cronicità non è uguale per tutti. Anche nel nostro Paese sono evidenti le diversità di genere, di condizione sociale ed economica
Le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche: il 42% contro il 37% degli uomini, ed è un divario che aumenta con l’età. E ancora, i casi di multicronicità di cui è affetto il 25% delle donne si riscontra nel 17% degli uomini.
Oltre alle differenze di epidemiologia della cronicità legate al genere, è rilevante la differenza territoriale: ad esempio, la Liguria è la regione con la più alta prevalenza di almeno una malattia cronica nella popolazione (41%).
Per quanto riguarda le differenti fasce della popolazione compresa tra 45/74 anni, si prevedono 7 milioni di ipertesi, 2,6 milioni di malati di osteoporosi, 2 milioni di diabetici, più di 1 milione le patologie cardiovascolari.
La medicina nel corso degli anni ha arricchito i suoi mezzi per proteggere la buona salute della popolazione e ad oggi secondo l’Istat nel rapporto dell’inizio 2017 abbiamo in Italia 13,5 milioni di persone di 65 anni di età (22,3% della popolazione), 4,1 milioni hanno un’età di 80 anni (6,8%), mentre i novantenni sono 727 mila (1,2% gli ultra centenari che sono circa 17 mila).
Questa situazione ha importanti conseguenze che rendono necessaria una riflessione sull’organizzazione della società in tutte le sue componenti. Va segnalato che l’incremento dell’età della popolazione di età avanzata è dovuta anche alla riduzione delle nascite e che l’invecchiamento ha certamente un ruolo concausale, anche se non così importante come viene a volte sostenuto.
Anche se la mortalità provocata da queste malattie è in declino, il numero dei pazienti è in continua crescita: servono nuove strategie per il controllo e la prevenzione
La diffusione delle malattie croniche non comunicabili (NCD) ha avuto conseguenze estremamente gravose sul sistema sanitario e sulle popolazioni in tutto il mondo. Queste patologie sono la causa più importante di mortalità e malattia e la loro gestione comporta un costo notevole che si estende con effetti negativi a tutta la società causando povertà, ridotta capacità lavorativa, disabilità, interferendo con la crescita sociale e la prosperità economica.
Anche se la mortalità provocata dalla cronicità è in declino, il numero dei pazienti è in continua crescita: questo vuol dire che servono nuove strategie per il controllo e la prevenzione.
Le cronicità colpiscono con maggiore intensità le popolazioni più povere che hanno maggiore difficoltà a mantenere uno stile di vita sano, ad acquistare farmaci, ad accedere ai centri sanitari più qualificati.
Nelle decadi trascorse, il pericolo rappresentato dal diffondersi a macchia d’olio della cronicità è segnatamente di quattro malattie: diabete, malattie cardiovascolari, cancro, malattie dell’apparato respiratorio. Hanno invaso il mondo senza essere adeguatamente affrontate, fino a quando governi e organizzazioni pubbliche e private si sono resi conto della grave minaccia che incombeva. Da quel momento Onu e Oms hanno convinto governi e organizzazioni internazionali a impegnarsi per individuare le modalità di intervento per fermare l’epidemia in corso in tutti gli angoli del mondo.
La presa di posizione di queste grandi istituzioni ha avuto successo e ci sono state svariate iniziative da Ocse, Consiglio di Europa nel 2016, Organizzazione mondiale della salute nel 2017. Le varie iniziative concluderanno e potranno valutare i risultati conseguiti in tempi diversi entro il 2030 con il principale obiettivo, per quella data, di ridurre del 30% la mortalità prematura mediante prevenzione e trattamento terapeutico di lunga durata e personalizzato.
Assegnare a Stati diversi compiti diversi ha il vantaggio di poter valutare i comportamenti di fattori di rischio determinanti di varie malattie a seconda dell’ambiente e del contesto in cui si presentano.
Per quanto riguarda la mortalità, le NCD sono responsabili di 41 milioni di morti sui 57 globali conteggiati nel 2015. Sul totale delle morti causate da NCD globalmente, il 9% è attribuibile alle malattie cardiovascolari, lo stesso alle malattie respiratorie, il 4% al diabete. Questi valori di mortalità sono elevati anche per i soggetti affetti da cronicità di età compresa tra 30 e 69 anni, dimostrando così che le malattie croniche non sono solo appannaggio degli strati più vecchi della popolazione.
È iniziata una rivoluzione della natura della cura, con la trasformazione della medicina da reattiva (patologie acute) in preventiva (patologie croniche) entro i prossimi 10/20 anni
Stiamo vivendo nel nostro tempo quello che gli storici definiscono la terza transizione sanitaria caratterizzata da bassa natalità e aumento della vita media. Ed è sempre più evidente che nei Paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo, la spesa sanitaria e socio sanitaria continuerà ad aumentare anche come conseguenza dell’invecchiamento demografico dovuto all’incremento della durata della vita media, con la conseguente impennata della diffusione delle malattie croniche non trasmissibili (MCNT), diabete, malattie respiratorie, malattie cardiovascolari, cancro, obesità ed altre.
Il problema dei costi è reso più grave dall’evoluzione tecnologica e sue applicazioni pratiche. Anche se non pienamente percepito dagli amministratori pubblici, è prevedibile in tempi relativamente brevi l’arrivo di una crisi gravissima della sanità con gravi risvolti politici, economici e sociali. Per fronteggiare questa situazione è urgente ripensare la sanità attraverso soluzioni concrete e innovative in particolare:
- rivedere la modalità di erogazione delle cure passando dalle patologie acute a quelle croniche (da medicina reattiva a medicina proattiva e preventiva)
- valorizzare la prevenzione e gli interventi precoci
- responsabilizzare i cittadini
- procedere a una sostanziale modifica della governance del sistema sanitario.
Tutto ciò rende necessario ripensare i sistemi sanitari nelle scelte operative, nei modelli, nelle modalità di finanziamento, nell’integrazione tra pubblico e privato, essendo ormai chiaro che il semplice contenimento dei costi non è sufficiente.
La revisione organica della politica sanitaria è necessaria se vogliamo mantenere in vita i principi di accessibilità, equità, universalismo ed etica a cui si è sempre ispirato il sistema sanitario italiano. Il rapporto 2010 del Fondo monetario internazionale (Long term trends in public finances in G7) e il rapporto dell’Osservatorio europeo sui sistemi e politiche sanitarie (Financing health care in the European Union, challenges and policy responses), sono incentrati su questi temi. Gli interventi sulla spesa sanitaria devono essere strategicamente correlati alla spesa sociale per evitare che la riduzione della seconda possa riflettersi sulla prima, determinando così una maggiore richiesta di servizi soprattutto di emergenza che vanificherebbero in questa maniera gli interventi di riduzione della spesa.
Il tema sanità per la sua importanza e complessità è stato analizzato dall’Economist attraverso la sua Economist intelligence unit e, prendendo spunto da questa ricerca, il Ceis Tor Vergata ha elaborato una proiezione dell’evoluzione possibile del nostro Servizio sanitario nazionale nei prossimi vent’anni che lascia prevedere un default.
I fattori che condizioneranno il futuro dei nostri sistemi sanitari saranno:
- il ruolo dei medici di medicina generale,
- la burocrazia,
- l’impiego delle tecnologie con incremento dell’e-health, ma soprattutto dalla priorità che vi sarà data,
- le politiche di prevenzione,
- l’attenzione ai soggetti fragili e vulnerabili.
La ricerca biomedica in ambito genetico sui meccanismi molecolari di malattia, sulla correlazione con le scelte terapeutiche, l’evoluzione dell’ICT hanno ridotto i confini tra salute e malattia e prodotto risultati che stanno modificando in modo rilevante il contesto culturale dell’approccio alla diagnosi e alla terapia, tanto che sempre più è privilegiato quello preventivo e di medicina personalizzata.
Parliamo di un costo enorme. Può negare dignità alla vita, ridurre la forza dei lavoratori e la loro produttività e, di conseguenza, minacciare la prosperità economica e la progressione nella scala sociale
La medicina preventiva, in particolare, merita un approfondimento.
A livello mondiale si sono sviluppate problematiche nuove in ambito medico per il cambiamento clinico epidemiologico delle patologie. Ciò ha causato l’inizio di una rivoluzione che darà esito a un cambiamento della natura della cura, con la trasformazione della medicina da reattiva (patologie acute) in preventiva (patologie croniche) entro i prossimi 10/20 anni.
Questo cambiamento ha le sue radici nello sviluppo di scienza e tecnologia che hanno consentito, dalla descrizione del genoma umano in poi, di classificare le malattie a livello genetico, molecolare e cellulare. Cambiano, pertanto, le modalità di approccio alla diagnosi e al trattamento delle malattie.
Questa medicina, che possiamo definire molecolare, consente di individuare precocemente i determinanti di malattia e, quindi, il momento di transizione tra salute e malattia, con conseguente innovazione del ruolo della prevenzione e del trattamento delle patologie; si potranno studiare le interrelazioni tra meccanismi endogeni di malattia e fattori ambientali, economici, metereologici ecc, a cui è esposta la popolazione e che a loro volta condizionano l’assetto genetico.
Le numerosissime e complesse informazioni che ci vengono dalla ricerca non solo di base, ma anche clinica ed epidemiologica potranno essere interpretate e utilizzate soprattutto grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche utilizzabili in ambito sanitario.
Sul fronte scientifico è vincente un approccio interdisciplinare che contempli l’interazione tra medici, ingegneri, informatici, biologi, tecnologi, economisti. La maggior parte della ricerca biomedica e della pratica tradizionale verrà sostituita da approcci sistematici che catalizzeranno una “nuova medicina”.
Le malattie croniche non comunicabili rappresentano un intollerabile e inaccettabile peso per l’umanità. Queste malattie sono la causa più importante di morte in tutto il mondo: non solo, comportano un costo enorme che, estendendosi anche al di fuori dei costi riferibili alla salute, crea difficoltà tra i poveri a cui nega dignità della vita, riduce la forza dei lavoratori e della loro produttività e di conseguenza ne minaccia la prosperità economica riducendo la possibilità di crescita economica e la progressione nella scala sociale creando così gravi disparità. Infatti nei gruppi di popolazioni povere, esistono un rischio maggiore e una minore possibilità di avere accesso ai servizi più qualificati per individuare e curare le malattie croniche non comunicabili. Nelle decadi trascorse, governi, responsabili politici, culturali, stakeholders hanno trascurato e sottovalutato il pericolo rappresentato dalle cronicità.
Il 27 settembre 2017 l’Onu ha indetto a New York l’assemblea generale sulla prevenzione e trattamento delle NCDS; i capi di stato e di governo hanno condiviso le decisioni da prendere per fermare le NCDS non solo con i ministeri della Salute ma anche con altri settori quali finanza, commercio, agricoltura, ambiente, cultura, urbanizzazione.
Se il mondo va incontro a una recessione, è il momento di ridurre entro il 2030 la mortalità prematura causata da NCD (età compresa tra i 30 e 70 anni) facendo scelte politiche intelligenti e operative perché circa un terzo di queste morti può essere evitato.