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L’Osservatorio e le sue attività di ricerca

Uno strumento prezioso di analisi del mercato del lavoro e delle competenze manageriali. Il rapporto annuale 2020 è stato dedicato a “Nuovi orizzonti manageriali. Donne al timone per la ripresa del Paese”

Per individuare e analizzare i trend economici, di mercato, tecnologici, normativi e socio-culturali che condizionano l’evolvere delle competenze manageriali nel nostro Paese e in Europa, 4.Manager svolge un’attività di ricerca attraverso il suo Osservatorio “Mercato del lavoro e competenze manageriali”.

L’Osservatorio ha realizzato diversi approfondimenti, studi e survey, coinvolgendo un panel composto da più di 6 mila interlocutori, tra imprenditori e manager. Inoltre, ha animato diverse piattaforme di open innovation, a cui hanno partecipato circa 500 leader aziendali. Negli anni, l’Osservatorio ha svolto un’intensa attività di ricerca che ha portato alla pubblicazione di numerosi rapporti, tra cui: “Management e innovazione dei modelli di business”; “Capitale manageriale e strumenti per lo sviluppo”; “Capitale manageriale e strumenti per lo sviluppo in Europa”.

Realizzati approfondimenti, studi e survey che hanno coinvolto più di 6 mila interlocutori e stimolate piattaforme di open innovation a cui hanno partecipato circa 500 leader aziendali

L’azione dell’Osservatorio 4.Manager è stata ulteriormente rafforzata l’anno scorso, quando il Ccnl le ha attribuito un maggiore raggio di azione nel diffondere la cultura d’impresa, manageriale e professionale, nel favorire le politiche attive del lavoro e nel promuovere l’orientamento e la parità di genere, tema quest’ultimo a cui è stato dedicato il terzo rapporto dell’Osservatorio “Nuovi orizzonti manageriali. Donne al timone per la ripresa del Paese”.

L’epidemia Covid-19, nei suoi aspetti sanitari ed economici, ha determinato il proprio impatto sul lavoro, non solo in termini di posti di lavoro che sono andati persi o sono rimasti “sospesi”, ma anche rispetto alle modalità con le quali il lavoro è stato riorganizzato, determinando anche un forte impatto in ottica di genere.

I progressi compiuti dall’Italia nel campo della parità di genere sono più che evidenti: tra il 2005, anno della prima rilevazione e il 2018 il Gender equality index, elaborato dall’Istituto europeo per la parità di genere (Eige) è passato da 49,2/100 a 63,5/100, guadagnando ben 10 posizioni dal 2010 e collocandosi al 14° posto. Ma questi progressi non devono trarci in inganno perché a ben guardare indicano anche che, con questa velocità di avanzamento, la parità di genere sarà conseguita solo tra quasi un secolo.

Ciò che penalizza particolarmente il nostro Paese sono i ritardi che ancora caratterizzano il “lavoro al femminile”: il tasso femminile di occupazione equivalente a tempo pieno colloca l’Italia all’ultimo posto della graduatoria europea, con un punteggio di dieci punti inferiore alla media europea.

Lo squilibrio di genere che caratterizza il nostro mercato del lavoro non limita solo i diritti che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini italiani, ma rappresenta un costo che oggi non è più sostenibile per la nostra economia: una mancata crescita di centinaia di miliardi di euro ogni anno.

Tra i dati più significativi emersi dallo studio dell’Osservatorio: su circa 605 mila lavoratori in posizioni manageriali solo il 28% sono donne. Il divario non è solo numerico, ma è anche remunerativo (il gap medio tra donne e uomini di circa 19 mila euro pro capite) e di collocazione nella scala gerarchica aziendale, come dimostrano anche le analisi sugli effetti della legge Golfo-Mosca.

L’elemento più rilevante che ha colpito i ricercatori è una domanda ormai ricorrente: che senso ha, oggi, continuare a tollerare e alimentare una forma di esclusione sociale, culturale ed economica che non solo lede i diritti di metà popolazione, ma che, soprattutto, ipoteca il futuro nostro e delle generazioni che verranno?

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