Se signori si nasce, come recita un noto adagio, leader si diventa, a colpi di esperienza e di tanta formazione.
Negli anni il concetto di leadership si è decisamente evoluto, superando la stagnante immagine di un comando fine a sé stesso per giungere alla definizione di una guida illuminata, capace di condurre il proprio team verso nuovi, ambiziosi traguardi.
Oggi le policy gestionali delle più moderne organizzazioni raccomandano modelli di leadership gentile, aperta all’ascolto e pienamente inclusiva, così da far sentire le persone al centro del progetto aziendale e integrate in un ambiente lavorativo propenso a far esprimere talenti, diversità e competenze.
E questi nuovi orizzonti della leadership sono alla base di un mercato del lavoro sempre più consapevole dell’importanza del benessere a tutto tondo di individui chiamati a partecipare all’obiettivo aziendale.
Bisogna crederci, per diventare leader diversi. Per passare dal paradigma tradizionale del verticismo e del compito aziendale da eseguire a una vera ed effettiva responsabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. In un rapporto fiduciario sostanziale e non meramente formale, occorre che tutti avvertano di essere coinvolti e valorizzati.
A partire dalle donne, ancora troppo penalizzate professionalmente da retaggi subculturali che, oltre a essere deprecabili sul piano morale, sono fallimentari sotto il profilo aziendale. Chi non garantisce pari opportunità alle donne perde infatti la sfida della competitività globale, perché la parità di genere è un dovere e conviene. Come affermato da fonti autorevoli, con più donne al lavoro il Pil nazionale potrebbe crescere del 12%. Una cultura manageriale basata sui principi di diversity, equity & inclusion può allora davvero rappresentare la leva dello sviluppo sostenibile a cui tutti vogliamo contribuire.
Includere donne e uomini di talento, quindi, senza però rinunciare a trasmettere il valore dell’impegno e del sacrificio.
Per diventare leader capaci, insomma, bisogna faticare.
Mi vengono in mente le parole di una figura iconica per lo sport mondiale come Roger Federer. Rivolgendosi ai neolaureati del Dartmouth College, in New Hampshire, il fuoriclasse elvetico ha cercato di condividere alcune riflessioni sul percorso compiuto per raggiungere successi che fanno parte della storia del tennis: «Ho dovuto lavorare molto duramente per farlo sembrare facile. […] Il talento conta, ma il talento ha anche una definizione ampia. La maggior parte delle volte non si tratta di avere un dono, ma di avere determinazione.»
Parole forti, non parole comode. Come le decisioni che ogni giorno da manager siamo chiamati a prendere, anche rispetto al nostro stile di leadership. Guardiamo al merito, apriamo alle diversità e proseguiamo sulla strada della determinazione.