Formazione e lavoro, un binomio indissolubile intorno al quale si gioca una partita decisiva per il futuro del Paese.
Ed è una partita a quattro, mutuando il linguaggio di alcuni rinomati giochi di ruolo.
Oltre naturalmente alla forza lavoro, i protagonisti della sfida che il quadro occupazionale ha di fronte sono infatti: istituzioni, enti di formazione e parti sociali.
Se ognuno di questi protagonisti non fa la sua parte, alla luce degli stravolgimenti in atto sul piano economico e sociale, l’auspicata ripresa del lavoro rischia di sfiorire e di rivelarsi un miraggio tra i tanti generati dal “deserto delle decisioni”.
Partiamo dalle istituzioni, che per prime devono essere in grado di liberarsi dal giogo di timide soluzioni di compromesso. Servono interventi chiari che favoriscano le start-up, supportino le imprese a strutturare percorsi credibili di assunzione e, più in generale, creino le condizioni per un mercato del lavoro in buona salute. È evidente che qualcosa non funziona e che il lavoro non si crea con le norme, ma si può incentivare e sostenere con un’adeguata politica industriale e fiscale e con scelte che rispondano alle criticità.
Ci confrontiamo infatti con numeri impietosi. Come quelli autorevolmente riportati da “Itinerari previdenziali”: su 36,5 milioni di italiani in età da lavoro, ne lavorano solo 23 (il 39% degli italiani contro l’oltre 51% dei nostri competitor europei).
Tra i tanti perché di questi dati c’è sicuramente il problema di una limitata offerta di lavoro, non in grado di offrire soluzioni occupazionali adeguate alle attese dei nostri talenti, che si trovano sempre più spesso a guardare fuori dal Paese per esperienze senza ritorno. L’eccessiva frammentazione del nostro tessuto produttivo è certamente una delle ragioni.
I presìdi della formazione, scuole, università ed enti accreditati, devono saper cambiare passo, puntando a offrire una maggiore interdisciplinarità e focalizzando l’attenzione sulle competenze più richieste dai mercati.
C’è poi il ruolo cruciale delle parti sociali, che esse devono saper svolgere responsabilmente, operando per costruire e non per arroccarsi su posizioni superate. In quest’ottica, sarà fondamentale remare tutti nella stessa direzione, interpretando l’evoluzione dei bisogni occupazionali.
A cominciare dal mismatch tra domanda e offerta di lavoro, un problema emerso con chiarezza, da risolvere nell’ambito di una rinnovata concezione del lavoro, capace di coniugare produttività e vita sociale, attraverso la promozione promuovendo una visione nuova del welfare professionale e progetti concreti di politiche attive.
Grazie a 4.Manager, espressione d’eccellenza della bilateralità con Confindustria, la nostra Federazione ha promosso ad esempio l’innovativo progetto “Rinascita Manageriale”, che prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro, sotto forma di rimborso spese, in favore delle aziende che assumano un manager inoccupato in quattro settori strategici: innovazione e digitalizzazione, sostenibilità, organizzazione del lavoro post-Covid ed export.
Offriamo modelli virtuosi perché non intendiamo limitarci a enunciazioni di principio, ma vogliamo “lavorare per il lavoro”.