Cari lettori,
apriamo Progetto Manager “The best of 2021” con uno speciale dedicato all’iniziativa principale di questo anno di attività: l’Assemblea nazionale del 12 novembre.
Riportiamo, di seguito, una sintesi della relazione del Presidente Cuzzilla, che ha aperto i lavori.
Nelle pagine successive, troverete una selezione fotografica dei momenti salienti dell’evento.
Colleghe e colleghi,
ministri, onorevoli senatori e deputati,
rappresentanti delle istituzioni civili, religiose, delle Forze armate e di polizia,
Autorità tutte,
benvenuti, benvenuti alla nostra Assemblea.
La vostra presenza oggi testimonia la forte coesione che tiene unito questo Paese attorno a un serio progetto di ripresa e di futuro.
Un progetto che ci vede tutti protagonisti: istituzioni, imprese, manager e lavoratori, amministrazioni, organizzazioni di rappresentanza e società civile. Un progetto che richiede responsabilità, coraggio e – lasciatemi aggiungere – una buona dose di entusiasmo.
Se abbiamo intitolato questa riunione “Anno Uno” è proprio perché abbiamo la percezione che, pur nelle turbolenze della pandemia, esistano ora le condizioni per agire in discontinuità con il passato e di migliorarci come società, in modo rapido e innovativo.
La fiducia è base delle relazioni umane ed è elemento chiave di tutte le teorie economiche. Oggi gli italiani esprimono tassi di fiducia crescenti, ma noi sappiamo che si tratta di una fiducia ancora fragile.
Come rafforzarla è anche compito nostro. Il ruolo dei corpi intermedi come Federmanager è indispensabile per strutturare questo ottimismo e per porci in quella prospettiva condivisa di sviluppo, che è stata richiamata dal presidente Draghi.
In ossequio a quell’appello a un nuovo Patto per l’Italia, oggi il management italiano è pronto a sottoscriverlo.
Questo è il patto della dirigenza per l’Italia.
È l’impegno a collaborare con tutte le forze del Paese per realizzare un sistema economicamente più competitivo, socialmente più equo ed ambientalmente più sostenibile.
Chi non collabora corre il pericolo di credersi migliore degli altri, indicava Adorno. Con la conseguenza, poi, di fare della propria critica della società, un’ideologia al servizio del proprio interesse privato.
Noi manager non ci crediamo migliori degli altri né intendiamo barattare l’interesse generale con uno particolare.
Piuttosto, noi siamo consapevoli di chi siamo e delle nostre capacità.
E pretendiamo di sedere sui tavoli decisionali per concretizzare il piano più ambizioso di riforme ed investimenti che si ricordi dal Dopoguerra.
Va messo a terra. Va trasformato in progetti. Va tradotto in azione.
Con il patto della dirigenza per l’Italia, ci impegniamo a collaborare con tutte le forze del Paese per realizzare un sistema economicamente più competitivo, socialmente più equo ed ambientalmente più sostenibile
Questa Repubblica si fonda sul lavoro perché è attraverso di esso che si realizza un bene più alto. È il lavoro l’architrave dell’intero sistema. Per questo, le risorse vanno indirizzate per costruire un lavoro di qualità, specializzato e ben retribuito.
Tra l’altro, il lavoro specializzato e ad alto valore aggiunto è ciò che stanno chiedendo le imprese. Il problema, semmai, è che sul mercato non trovano le competenze di cui hanno bisogno.
Secondo l’osservatorio 4.Manager, questo è un problema comune al 45,5% delle imprese, ed è il primo ostacolo allo sviluppo, seguito dalla burocrazia nel 32% dei casi e nel 28% dalle insufficienti competenze manageriali presenti all’interno dell’organizzazione. I dati più recenti descrivono una difficoltà di reperimento nel 36,4% delle nuove assunzioni, (parliamo di 5,5 punti percentuali in più rispetto a settembre 2019), un dato che sale al 48,4% per i dirigenti. Il tema delle competenze pertanto ci riguarda tutti, management compreso.
A un anno di distanza, oltre a non esserci stata la temuta emorragia di figure manageriali, registriamo una ripresa della domanda di dirigenti pari a un +50%.
Cosa intendiamo fare, dunque, per rispondere a questa domanda?
Il nodo delle competenze si scioglierà se sapremo, allo stesso tempo, investire sul sistema dell’istruzione e ricerca, così come sul sistema di formazione in azienda e on the job.
Ci piacerebbe che la cooperazione tra sistema pubblico e privato segni finalmente il riconoscimento della funzione svolta dai Fondi interprofessionali. Si tratta di uno strumento importante che lo Stato deve riconoscere: già oggi il 20% di quello 0,30 che le imprese versano ai Fondi di formazione interprofessionali viene trattenuto. È importante per tutti che questi fondi non siano utilizzati per finalità diverse da quelle formative.
Dobbiamo approfittare della congiuntura e della fiducia che rileviamo nelle nostre Pmi per recuperare il cosiddetto “capitale mancante”, quella componente di trasformazione del capitale umano e sociale che ci serve per rispondere ai nuovi fabbisogni.
Promuoviamo una maggiore cooperazione tra pubblico e privato, in cui il management svolga un ruolo propulsivo nelle tre direzioni indicate dal Pnrr: trasformazione digitale, transizione ecologica e rilancio del Mezzogiorno
Se la mano pubblica deve sostenere il pilastro dell’istruzione, quella privata può e deve fare di più. Pertanto, chiedo alle aziende di farsi alleate del management in questa opera di riconversione delle competenze interne… Di sostenerla finanziariamente, investendo in piani formativi prima e in progetti di politica attiva poi.
Con Confindustria e con Confapi, così come con alcune grandi imprese, stiamo siglando accordi specifici per il management che muovono investimenti privati per milioni di euro con un obiettivo duplice: garantire l’assessment dei veri fabbisogni aziendali da un lato e, dall’altro lato, la ricerca e selezione delle competenze che, fuoriuscite dal mercato, possono essere reinserite in modo coerente e vantaggioso per gli obiettivi di impresa.
Noi ci stiamo inoltre attivando con piani di aggiornamento professionale e con la costruzione dei nuovi profili manageriali, preparando squadre di manager dell’innovazione, di mobility manager, di export manager, di energy manager, di digital Cfo e di manager per la sostenibilità che faranno da traino per la ripresa economica.
Oggi chiediamo al Governo di sostenere questo sforzo. Chiediamo di confermare il voucher per gli innovation manager e di prevedere strumenti simili per l’inserimento delle altre figure, a partire dai manager per la sostenibilità. Sgravi fiscali che incentiveranno le imprese a investire nel nuovo che serve.
Concorrenza, fisco e semplificazione. Queste sono le riforme da realizzare al più presto. Ma non vorremmo che, nella corsa, si prendano abbagli.
Il cuneo fiscale va abbattuto, sostengono le imprese. Noi siamo d’accordo, anzi rilanciamo l’urgenza di avviare una riforma dell’Irpef che tuteli i redditi da lavoro e di finalizzare quel riordino della tax expenditure che ci porti a uscire dalla giungla di detrazioni e deduzioni in cui siamo costretti.
Non è pensabile che qualcuno oggi ancora sottovaluti l’importanza della previdenza complementare. Non è accettabile che da più di 20 anni il limite per la deducibilità fiscale per chi si iscrive a un fondo pensione sia rimasto sempre uguale a sé stesso. E non è ammissibile che qualcuno proponga di eliminare la tassazione sui rendimenti e di portare a tassazione ordinaria ciò che oggi è già tassato al 15%, disincentivando ciò che dovrebbe essere incentivato.
Come per la previdenza, dovremmo aver imparato anche il valore della sanità integrativa.
Sappiamo che le politiche di welfare pubblico sono state messe a dura prova dalla pandemia. Una sfida estremamente ardua anche per i medici e tutto il personale sanitario in prima linea in questi mesi di emergenza e che, per questo motivo, non smetteremo mai di ringraziare.
Eppure, sono state carenti, le soluzioni di sanità territoriali. Assenti, le soluzioni di assistenza a distanza, telemedicina o sanità digitale.
Avrete certamente compreso che, dietro il patto della dirigenza per l’Italia, è tracciato il disegno di una maggiore cooperazione tra pubblico e privato, in cui il management intende svolgere un ruolo propulsivo nelle tre direzioni indicate dal Pnrr: la trasformazione digitale del Paese, la transizione ecologica del sistema produttivo e il rilancio del Mezzogiorno.
Non ci sono solo i fondi europei, ma anche una manovra espansiva da 30 miliardi di euro, di cui 8 destinati al taglio delle tasse.
Tutto questo non è gratis, ricordiamolo. Perciò c’è bisogno che il mondo privato accenda le sue energie. Gli investimenti privati sono l’altra parte del piano, quella di cui si parla meno, quella più importante.
Nel concreto, dopo aver atteso decenni per una soluzione sull’ex-Ilva, chiederci se intendiamo continuare a produrre il miglior acciaio d’Europa e rispondere sì. Dopo aver dismesso il nucleare, chiederci nel concreto se intendiamo investire in fonti rinnovabili, a partire da sole e vento di cui siamo ricchi e rispondere sì. O se crediamo nella graduale transizione all’idrogeno, verde e blu, e rispondere sì. Chiederci se tessile e abbigliamento è meglio che tornino in filiera, con operazioni significative di reshoring, e rispondere sì. Chiederci se costruzioni, grandi opere, dal Tav al ponte sullo stretto, vadano realizzati e rispondere sì. Chiederci se intendiamo produrre brevetti industriali, produrre farmaci e produrre vaccini, e rispondere sì. Trasformare finalmente il turismo in un’industria, e rispondere sì.
Questo è ciò che fa una grande potenza industriale. Questo è l’approccio che muove i capitali esteri e fa tornare attrattivi, invece che essere preda di chi all’estero è più grande o più spregiudicato di noi. Questo è dare un contributo alla prospettiva condivisa di sviluppo di cui ha parlato il nostro Presidente del Consiglio.
Grazie per la vostra attenzione.