Il rapporto tra formazione delle competenze e occupazione non è mai stato così stretto. L’occupazione cresce in numeri assoluti, ma la richiesta di competenze da parte delle imprese resta insoddisfatta. Intervenire sul mismatch è fondamentale se è vero che un’impresa su due dichiara di non trovare i profili che cerca. Così come è essenziale insistere nella formazione continua, dato che i saperi acquisiti hanno una data di scadenza sempre più ravvicinata, diventando obsoleti di fronte ai cambiamenti di processi e mercati. È di tutta evidenza, inoltre, l’impressionante evoluzione tecnologica in atto nel sistema produttivo. L’interazione e la collaborazione tra uomo e intelligenza artificiale, solo per fare un esempio, già richiedono un patrimonio di skills che non ha precedenti. Parliamo di un tema attualissimo: la Presidente della Commissione europea, von der Leyen, nel suo discorso di settembre sullo Stato dell’Unione ha indicato proprio le competenze come una delle tre grandi “sfide economiche” dell’Ue, insieme a inflazione e semplificazione.
Noi che ci occupiamo di far crescere le competenze manageriali, abbiamo proprio di recente festeggiato il primo quarto di secolo del Fondo interprofessionale Fondirigenti.
Nel corso del convegno organizzato per l’occasione, Fondirigenti ha presentato un’indagine, in collaborazione con Data Hubs, e rivolta a circa 500 imprenditori, 500 manager e 500 cittadini, su cui è bene riflettere insieme.
Dalla survey sono emersi segnali inequivocabili: quasi la metà dei manager e degli imprenditori e quasi il 60% dei cittadini ritengono inadeguati sia il tempo sia le risorse dedicate alla formazione.
C’è “fame di sapere”, per utilizzare un’espressione forte.
Solo il 45% della popolazione e poco più di un manager su due hanno dichiarato di aver partecipato ad attività formativa nell’ultimo anno.
Eppure, una volta entrati in contatto con una formazione di qualità, i vantaggi diventano evidenti: l’83,5% degli imprenditori e dei manager e il 73,6% dei cittadini ritengono, infatti, molto o abbastanza efficace la formazione fruita.
A riprova che, se si erogano percorsi di valore, si può dare una svolta concreta alle carriere e, in ultima analisi, alle vite delle persone.
Anche perché un Paese con una popolazione poco formata è meno competitivo e più esposto a inevitabili ingerenze.
Ecco, serve un intervento di carattere complessivo sul tema, in cui vi sia una proficua sinergia tra pubblico e privato per agire sui diversi livelli in discussione. Partendo dalla scuola, che registra divari territoriali e differenze di performance inaccettabili, per arrivare poi alla formazione più evoluta, come quella universitaria in cui lo scollamento con il mondo dell’impresa è un’enorme anomalia, fino a quella manageriale. È questa la via per radicare un futuro di sviluppo per il nostro Paese, probabilmente l’unica.