Tra le ferite più gravi che il Covid-19 sta lasciando dietro di sé c’è il duro colpo assestato alla fiducia dei viaggiatori. Nonostante i confini esterni ai paesi della zona Schengen siano riaperti dal 1° luglio e si intravedono dei segnali di una timida ripartenza, a preoccupare l’Onu è il difficile recupero del ruolo sociale del turismo e della sua componente umana ed emotiva. Ne abbiamo parlato con Alessandra Priante, direttrice Europa dello United nation world tourism organization, l’Agenzia delle Nazioni unite che si occupa del settore a livello globale.
Alessandra Priante, direttrice Europa dello United nation world tourism organization
Dottoressa Priante, abbiamo di fronte un’estate che difficilmente dimenticheremo. Cosa dobbiamo aspettarci per il mercato del turismo europeo?
Sarà una stagione difficile, ma meno complessa di quanto potessimo immaginare. All’inizio della pandemia, noi avevamo previsto tre diversi scenari legati alla riapertura progressiva delle frontiere internazionali: il primo stimava l’apertura e la diminuzione delle restrizioni di viaggio all’inizio di luglio con perdite pari a circa il 58%, il secondo all’inizio di settembre con un calo del 70% e il terzo all’inizio di dicembre con un crollo del volume di affari intorno all’80%. Nelle nostre stime, quindi, più questa data si fosse spostata verso la fine dell’anno più ci sarebbe stato il rischio di una chiusura veramente significativa dei flussi globali. Per fortuna ha prevalso lo scenario migliore. Dal 1° luglio si può circolare liberamente nel mondo, quanto meno da e per i paesi meno a rischio e che sono in grado di implementare tutte le necessarie e doverose misure di sicurezza e questo, dal nostro punto di vista, sarà sicuramente un grande aiuto per la ripartenza del settore.
Quali criticità vede?
Purtroppo i fattori emotivi sono un elemento di grande incertezza e vanno considerati al pari di quelli economici e di sicurezza. Non bisogna dare per scontato che la gente abbia voglia di ricominciare a viaggiare. Molti hanno paura e preferiranno non esporsi a rischi nei prossimi mesi. Quello che ci preoccupa è il ritorno della fiducia dei viaggiatori: la vera sfida per il futuro è questa.
Come state pensando di rispondere?
Attraverso il coordinamento internazionale. Noi insistiamo da sempre sul fatto che la concertazione è fondamentale. Proprio per questo il segretario generale dell’Unwto, Zurab Pololikashvili, all’inizio della pandemia ha creato un comitato di crisi globale che comprende non solo tutte le agenzie sorelle dell’Onu ma anche i rappresentanti dei paesi membri e il settore privato, perché una risposta coordinata è l’unica a poter garantire dei progressi condivisi e solidi. D’altro canto, è comprensibile che, trovandosi in una situazione così inaspettata, i Governi nazionali abbiano reagito con grande panico, agendo ciascuno per proprio conto. Ma adesso è il momento dell’unità.
In Italia gli arrivi internazionali hanno subito un calo del 44% nei primi quattro mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un picco del -97% nel mese di aprile. Tutto questo si traduce in una perdita che voi avete stimato in circa 195 miliardi di dollari. Secondo lei riusciremo a recuperare il ruolo che abbiamo sempre avuto nel settore?
L’Italia resta uno dei paesi più desiderati al mondo e per l’Onu rappresenta l’icona del turismo. Nonostante sia stato uno dei più colpiti dall’emergenza sanitaria e abbia sofferto tantissimo, ha fatto e sta facendo del suo meglio per ripartire alla grande. Proprio per questo la nostra agenzia lo ha scelto come simbolo della ripartenza, come cornice perfetta per l’inaugurazione della campagna globale “Restart tourism” dedicata alla riapertura dei confini esterni a Schengen. Dal 1° al 3 luglio siamo stati a Roma, Milano e Venezia con l’obiettivo di inviare un messaggio chiaro al mondo intero: il turismo può ripartire e può farlo proprio dall’Italia.
Per l’Onu l’Italia rappresenta l’icona del settore. Per questo è stata scelta come simbolo della ripartenza per l’inaugurazione della campagna globale “Restart tourism”
Eppure il sentiment verso il nostro Paese non è sempre stato positivo…
Purtroppo l’Italia ha subito molti attacchi, spesso strumentali, soprattutto nella prima fase della pandemia. Lo scopo del nostro viaggio è stato anche quello di sostenere a livello internazionale un Paese che ha reagito benissimo, dimostrando una grande resilienza. Il contesto mondiale ha bisogno di buone pratiche e le decisioni prese in Italia sono assolutamente esempi virtuosi. Per noi l’Italia stessa è una “buona pratica”.
Su quali priorità vi state concentrando in questo momento?
Come agenzia del turismo internazionale, abbiamo lavorato fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria con tutti gli attori in campo e soprattutto con gli Stati membri, per fornire quello che sappiamo fare meglio, ovvero analisi, previsioni e report sulle restrizioni di viaggio e sulle misure di sicurezza. Abbiamo lanciato campagne di comunicazione, come quella molto seguita del “Travel tomorrow”, ci siamo impegnati per fare in modo che il settore del turismo fosse costantemente monitorato e che tutti fossero sempre aggiornati sull’evoluzione epidemiologica. Continuiamo, quindi, a fare il nostro mestiere: tenere i Governi informati e dare valore al loro sforzo per far sì che il turismo sia un’industria fiorente e considerata. Siamo molto fieri, infatti, del nostro sforzo di advocacy con la Commissione europea per restituire al settore il ruolo centrale che merita. Ora, finalmente, anche a Bruxelles si sono accorti di quanto sia importante per l’economia delle nazioni e per la protezione del patrimonio culturale.
Finalmente, anche a Bruxelles si sono accorti di quanto il turismo sia importante per l’economia delle nazioni e per la protezione del patrimonio culturale
La crisi del settore sta colpendo duramente anche l’occupazione. Su cosa occorre investire in questo momento?
La prima cosa da fare è non smettere mai di puntare sulla formazione del turismo. Alle Nazioni unite abbiamo molte iniziative in questo campo, tra le quali un progetto che abbiamo lanciato proprio in questi giorni nella Regione Europa che si chiama “Job factory” e che punta a creare con i partner mondiali accordi e investimenti seri nella formazione professionale finalizzata alla creazione di posti di lavoro.
Si è fatta un’idea di come sarà il turismo post Covid?
Non amo fare previsioni, però la nostra speranza è che ci sia una risposta coordinata, che consideri la sostenibilità e l’innovazione come pilastri irrinunciabili. La sostenibilità economica e sociale è un approccio che deve essere perseguito non solo nelle politiche amministrative e istituzionali, ma anche nel settore privato e nella quotidianità di tutte le persone che abitano questo pianeta. Ciò significa che non dovremo mai tornare agli eccessi di prima, ma iniziare ad avere un approccio molto più consapevole e meno casuale sui flussi, in modo da gestirli e programmarli.
La sostenibilità economica e sociale è un approccio che deve essere perseguito nelle politiche amministrative e istituzionali, ma anche nel settore privato e nella quotidianità delle persone che abitano questo pianeta
Che consiglio vuole dare ai manager italiani?
Continuate a insistere affinché le amministrazioni pubbliche vi sostengano. In questo momento il settore privato deve essere leader della ripartenza e deve prendere coscienza della sua importanza nella vita economica del Paese, accompagnando e guidando le decisioni del Governo, per raggiungere il miglior risultato possibile, insieme. Dal mio osservatorio non ho dubbi: i paesi che vincono sono quelli in cui c’è un rapporto virtuoso tra pubblico e privato. Tutti gli altri sono destinati a perdere.