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Il Tap è una scelta razionale

Le informazioni relative al Tap sono legate esclusivamente alle proteste e ai dubbi sull’impatto ambientale. Mentre i benefici sono ben maggiori dei rischi. Come ci spiega in questa intervista il professor Marco Valigi, si tratta di una misura perfettamente razionale

Il Tap, Trans – Adriatic Pipeline, è il gasdotto che unirà le coste italiane in Puglia al giacimento caspico di Shah Deniz II a sud di Baku, in Azerbaigian. Poco meno di novecento chilometri che copriranno per un breve tratto il mare Adriatico e poi le terre di Albania e Grecia, per connettersi infine a due altre strutture simili: il Tanap, che attraversa la penisola anatolica da occidente a oriente, e lo Scp, in Georgia e appunto Azerbaigian. I lavori sono previsti per un arco di cinque anni dal 2016 fino al 2020, ma la genesi è ben precedente. «Si tratta di un’opera che può essere vista anche come uno spin-off della “oil diplomacy” clintoniana della metà degli anni Novanta – spiega Marco Valigi, docente di relazioni internazionali all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di alcuni saggi sulla questione energetica nel Caucaso – ma che è balzata agli onori della cronaca solo di recente e quasi prevalentemente per le proteste di carattere ambientale, piuttosto che per l’impatto economico e geopolitico».

Marco Valigi, docente Relazioni Internazionali, Università Ca’ Foscari di Venezia

Cos’è dunque il Tap e cosa consegue alla sua realizzazione?

Parliamo di una infrastruttura che affonda le radici nella transizione post-sovietica, quando sostanzialmente gli Usa, durante l’amministrazione Clinton, avevano spinto per la valorizzazione delle risorse azere attraverso la stipula del cosiddetto “contratto del secolo”. Il BTC, infatti, costituisce il ceppo principale di tutte le infrastrutture che poi sono seguite. Il Tap è un’opera di più piccola entità, che collegandosi a una rete infrastrutturale già in essere, collega il bacino del Mediterraneo con quello del Caspio. Il tratto Adriatico, nello specifico, rappresenta la sua porzione terminale, nel quadro più ampio del Corridoio meridionale del gas.

Perché è importante arrivare fino in Puglia, cioè a noi?

È importante per l’Italia perché c’è stata una fase, e in larga parte il rischio geopolitico è ancora presente, dove gli approvvigionamenti libici erano minacciati da una situazione di caos politico. In un contesto nel quale al problema iracheno si erano aggiunte le incertezze provocate dell’intervento in Libia e dalle Primavere Arabe. Insomma, aprire una nuova linea di approvvigionamento lungo la direttiva caucasica costituiva una misura perfettamente razionale. Questa razionalità non è stata sempre spiegata, e le informazioni a riguardo del Tap sono esclusivamente sulle proteste e sui dubbi legati all’ambiente.

La contestazione che sta avvenendo ancora adesso non tiene conto del fatto che i negoziati si sono svolti in un contesto complicato, preoccupante, nel quale le incertezze erano notevoli

Va tenuto a mente che infrastrutture di questo genere non si costruiscono dalla sera alla mattina. La contestazione che sta avvenendo ancora adesso, cioè ex post, non tiene conto del fatto che i negoziati ci sono stati in un contesto complicato, preoccupante, nel quale le incertezze sia in Medio Oriente sia sul fronte delle relazioni con la Russia erano notevoli. Ripeto: era perfettamente sensato, e lo è tuttora per un paese mediterraneo come il nostro, connettersi a un’area complessivamente stabile come quella del Caspio.

Per un Paese mediterraneo come il nostro connettersi a un’area stabile come quella del Caspio è importante. L’Italia avrà il vantaggio di diventare un connettore tra i giacimenti caspici e il mercato europeo dell’energia

Insomma, si è parlato poco dei benefici.

A mio avviso le proteste sono pretestuose, e mi riferisco a quelle paesaggistiche. Molti servizi di quelli passati in televisione insistevano sull’impatto ambientale. Tuttavia, posto che a impatto zero quando si parla di infrastrutture non vi è nulla, mi è parso che raramente abbiano mostrato l’effetto complessivo dei lavori. Più di frequente si trattava di immagini che riprendevano i dettagli dei cantieri. Inoltre, parliamo di gas trasportato con le classiche condotte, non di GNL, ovvero di gas movimentato con navi e il cui utilizzo richiede il ricorso a impanati di rigassificazione come per esempio in Alto Adriatico. In parole semplici: il tubo è sostanzialmente interrato. Il problema mi pare di altra natura, e forse potrebbe riguardare la richiesta di maggiori diritti di transito da parte dei territori interessati.

Quali sono dunque in vantaggi del Tap?

Un vantaggio esplicito per l’Italia è quello di diventare un connettore tra i giacimenti caspici e il mercato europeo dell’energia. Il Caucaso è un’area politicamente stabile e della partita Tap fa parte Snam. Con il gas azero insomma l’Italia entra in una logica commercializzazione più ampia, europea ovvero regionale anziché meramente nazionale.

Chi è dentro al progetto?

Le quote del Tap sono principalmente ripartite tre attori: Bp e Socar – che di fatto lavorano in partnership sul giacimento nelle acque al largo di Baku – e Snam. Snam, dalla partita, ne trae soprattutto un ruolo come player commerciale. Essere nel consorzio del Tap significa avere una leva molto più ampia di quella limitata e nazionale presentata spesso dalla stampa e dai politici. Quando si dice che è un’opera strategica, e il Tap è questo, si intende affermare che è una struttura di proiezione di interessi economici italiani altrove.

La realizzazione del Tap può determinare svantaggi per altri attori internazionali o criticità, diciamo, di natura geopolitica?

Possiamo dire questo, che molto spesso i vantaggi sono condivisi e non ci sono parti penalizzate. E sul piano energetico e commerciale tutti i paesi attraversati da Tap ottengono dei benefici. La Russia, in apparenza, ne risulta danneggiata. Tuttavia, non va dimenticato che Mosca è un player globale dell’energia e i suoi interessi vanno valutate secondo una scala e in base a logiche di tutt’altra entità.

In che modo?

In linea teorica il Tap a competere in qualche modo con gli interessi russi, sebbene Mosca si stia muovendo anche con il TurkStream e possegga risorse incomparabilmente maggiori di quelle azere. Le capacità di Shaz Deniz II sembrano essere state oggetto di stime troppo ottimistiche. Non va escluso, dunque, che magari un domani la Russia possa entrare in partita.

Dunque è anche una partita di natura geopolitica?

Il Tap non è così impattante dal punto di vista geopolitico. Anche qui, a mio parere, il dibattito in Italia è stato alimentato oltre misura, nel senso che ci sono infrastrutture più significative sul mercato. È però vero che il controllo politico generalmente può essere esercito in due modi: con la coercizione o distribuendo appunto benefici.