Si è conclusa la ventottesima Conferenza delle parti, Conference of the parties, Cop, tenutasi a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dal 30 novembre al 13 dicembre 2023, dove, come al solito, c’è stata molta confusione, poche decisioni e tanti auspici. La Cop è l’organismo che, all’interno dell’Onu, dovrebbe prendere decisioni per cercare di affrontare la questione del cambiamento climatico. La prima Cop fu tenuta nel 1995 a Berlino, ma da allora le emissioni di Co2, il principale gas climalterante, sono aumentate di quasi il 30%, nonostante gli obiettivi di riduzione presi nel 1997 con l’accordo di Kyoto e nel 2015 con quello di Parigi.
La prima Cop fu tenuta nel 1995 a Berlino, ma da allora le emissioni di Co2 sono aumentate di quasi il 30%, nonostante gli obiettivi di riduzione presi con l’accordo di Kyoto e con quello di Parigi
Molto si è detto circa l’impegno, per la prima volta, per l’abbandono dei combustibili fossili al 2050, ma, in realtà, questo non cambia nulla, si fa semplicemente il nome di chi è responsabile del 75% delle emissioni antropiche di gas climalteranti, soprattutto anidride carbonica, che già prima ci si era impegnati a ridurre. Dire che dobbiamo tagliare le emissioni o dire che dobbiamo smettere di consumare combustibili fossili è la stessa cosa.
Che lo dicano i paesi produttori di petrolio, come accaduto in questa occasione, suona un po’ strano, ma l’impegno dell’industria dei fossili non è solo di facciata, non è solo lavaggio verde, come i detrattori sono portati a concludere. I profitti che incassano le società del carbone, del gas, del petrolio, assieme ai relativi paesi produttori, sono talmente alti che se lo possono permettere di investire qualcosa nel tentativo di effettuare la transizione energetica. La prossima Cop29 si terrà nel novembre 2024 a Baku in Azerbaijan, una delle capitali storiche del petrolio.
Non è un caso che fra i paesi che più finanziano progetti giganteschi in parchi eolici o fotovoltaici ci sono proprio i paesi petroliferi del Golfo Persico, perché ricchi di denaro. Gli Emirati Arabi Uniti sono diventati il punto di riferimento per la costruzione di nuove centrali nucleari, ne hanno realizzate da poco quattro, in tempi rapidi, circa 5 anni, con l’aiuto di società elettriche della Corea del Sud. È un riferimento soprattutto in occidente, perché la cosa importante della Cop28 è che finalmente si è riconosciuto che senza il nucleare non potremmo mai raggiungere la decarbonizzazione. Il nucleare è l’unica fonte in grado di competere con i fossili, in quanto fornisce alta densità energetica e programmabilità senza emissioni di Co2. Le altre fonti che non emettono Co2, le rinnovabili, sono disperse, hanno bassa densità energetica, e sono spesso intermittenti.
Un risultato importante della Cop28 è che finalmente si è riconosciuto che senza l’energia nucleare non potremmo mai raggiungere la decarbonizzazione
Una centrale nucleare da 1300 Mw, come quelle costruite di recente a Dubai, necessita di una superficie, comprese le aree di rispetto per la sicurezza, di 50 ettari, ma produce per oltre 7 mila ore anno sulle 8.760 disponibili. Per avere la stessa quantità di energia elettrica da fotovoltaico serve una superfice di circa 1.000 ettari, perché il Sole è intermittente e c’è per un limitato numero di ore all’anno, in Italia al massimo 1.500 ore sulle 8.760 totali. Certamente le rinnovabili sono importanti, come anche l’accordo di Dubai ha ribadito e il loro ruolo dovrà triplicarsi nei prossimi anni, ma occorre ricordare che quelle nuove, l’eolico e il fotovoltaico, contano a livello globale per il 2% del totale della domanda di energia. Certo, un contributo importante viene dall’idroelettrico, dal geotermico e dalle biomasse, ma queste di fatto si fa fatica ad espanderle proprio a casua dell’opposizione ambientale diffusa. L’Italia, sotto questo aspetto, è un ottimo esempio.
L’obiettivo dell’Unione europea è quello di portare le fonti rinnovabili dall’attuale 22% del mix energetico al 42,5% nel 2030, un aumento quasi del doppio che fisicamente è impossibile
Gli encomiabili propositi enunciati a Dubai continuano ad essere il faro delle politiche energetiche dell’Unione Europea, la prima della classe nel percorso della decarbonizzazione. L’obiettivo, già annunciato da tempo, è quello di portare le fonti rinnovabili dall’attuale 22% del nostro mix energetico al 42,5% nel 2030, un aumento quasi del doppio che fisicamente è impossibile. Difficilmente si riuscirà a raggiungerlo e nel frattempo il nostro sistema elettrico rimarrà dipendente da gas importato i cui prezzi determineranno anche quelli dell’elettricità. Questi in Europa, per le imprese, sono a inizio 2024 intorno ai 250 € per megawattora, quando negli Stati Uniti e in Cina non arrivano a 100 €. Il frastuono generato dalle Cop28 ha il negativo effetto di distrarre l’attenzione dalle cause degli alti prezzi dell’energia, ovvero la carenza di offerta, e ciò penalizza le nostre imprese e spinge sul processo di lenta e inesorabile deindustrializzazione del nostro Vecchio Continente.