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Il digitale non ha età

Navigano sul web e sono pronti ad avvalersi di tutte le opportunità offerte dal progresso tecnologico. I silver possono guardare con ottimismo a un futuro che, tra robot e AI, sembra sempre più smart.

L’eredità della pandemia di Covid-19 si legge in controluce anche nella digitalizzazione delle abitudini delle persone più anziane. Per il nostro Paese basta consultare i dati che raccoglie l’Istat in merito. E che mostrano come la percentuale di persone che usa internet nella fascia 65-74 anni sia passata dal 39,3% del 2018 al 47,3% del 2020 fino al 55,6% del 2021 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati). Mentre nella classe di età superiore, gli over 75, si passa dal 10,9% al 14,9% fino al 17,9%.

Sono numeri che lasciano intendere che il muro tra generazioni più adulte e tecnologia sta crollando. Sia perché entrano in queste classi di età persone che, nel tempo, hanno avuto modo di familiarizzare con alcune forme di digitalizzazione, incidendo positivamente sul dato statistico, sia perché la pandemia ha imposto restrizioni che hanno reso il digitale l’unica alternativa. Non solo per le chiamate familiari di gruppo, ma anche per sbrigare commissioni.

In Italia, la percentuale di persone che usa internet nella fascia 65-74 anni è passata dal 39,3% del 2018 al 47,3% del 2020 fino al 55,6% del 2021

E questa è una notizia rilevante per chi sta progettando i servizi della futura silver economy, un ombrello che si applicherà, a tendere, a un numero sempre maggiore di consumatori, con il costante aumento dell’età media della popolazione.

Nel 2022 il centro studi Federanziani ha osservato come, per esempio, sia in crescita il ricorso all’ecommerce anche da parte delle classi di consumatori più adulte, per prodotti che vanno dal farmaceutico alla cura della casa fino al cibo per animali, complici la comodità della consegna a domicilio, l’ampia scelta di prodotti e la possibilità di confrontare i prezzi.

Sul fronte sanitario, digitale vuol dire telemedicina, con un’assistenza continua e personalizzata, gestita attraverso consulti a distanza potenziati dalle reti 5G. In questo modo si potrà perseguire un alleggerimento delle strutture centralizzate e degli ospedali, garantire un monitoraggio costante per individuare i segnali precoci di qualche malattia, lavorare sulla prevenzione ed elaborare i dati raccolti da dispositivi connessi per tracciare l’andamento delle cronicità. Lo stesso scenario si può riflettere nell’ambito dei servizi pubblici, semplificando il rapporto tra Stato e cittadino e velocizzando le pratiche. Saranno gli stessi anziani a richiedere una dimensione più digitale e smart. Peraltro, proprio il Pnrr accantona somme dedicate a un nuovo patto per la terza età, che deve rafforzare i servizi rivolti alle persone non autosufficienti e colmare i gap degli enti locali anche attraverso il digitale.

Certo, non è tutto già scritto. Primo: occorre agire con forza su quella fascia di popolazione che ancora si tiene alla larga da internet. Secondo dati diffusi nel 2021 dalla Commissione europea e relativi al 2020, l’Italia si trova ben al di sotto della media europea del 61% di persone tra i 65 e i 74 anni che hanno usato internet nei tre mesi precedenti. In Danimarca la percentuale arriva al 94%, in Svezia e Lussemburgo al 91%. L’ultimo piano nazionale innovazione, traguardo al 2025, prevedeva di colmare il digital divide regalando ad alcune persone più fragili tablet, già dotati delle principali applicazioni in uso, per spingerle a prendere dimestichezza con internet. Ora altri fondi sono contenuti nel Pnrr. E poi ci sono svariate iniziative locali. Ma è sempre più evidente come colmare il divario digitale non sia solo un problema geografico (città vs comunità rurali, centro vs periferia) ma anche generazionale. Secondo la Commissione europea la silver economy entro il 2025 può arrivare a valere 4,4 miliardi e 88 milioni di posti di lavoro nel vecchio continente.

Il secondo aspetto riguarda l’infrastruttura: perché il digitale possa abilitare le applicazioni più interessanti e avanzate in campo di silver economy, come per esempio le consulenze di telemedicina in campo sanitario, la rete deve essere adeguata a queste necessità e un salto a piè pari nell’era 5G non è più rimandabile. In futuro una copertura stabile delle reti di quinta generazione potrà consentire di mettere su strada flotte di mezzi a guida autonoma dedicati, per esempio, allo spostamento delle persone più fragili e bisognose in città, magari per visite mediche o altre attività per le quali spostarsi anche con il trasporto pubblico risulta più gravoso.

E poi c’è la frontiera della robotica. Dopo la sua fase industriale, che ci accompagna ormai stabilmente dagli anni Settanta del secolo scorso, l’industria dei robot guarda ai servizi alla persona: accoglienza negli alberghi o in spazi pubblici, intrattenimento, affiancamento agli anziani. In Giappone quella che per noi sembra ancora fantascienza è realtà: migliaia di residenze per anziani hanno arruolato robot di diverse fogge e funzioni per compiti di assistenza e affiancamento al personale umano. Certo, in Oriente la familiarità è maggiore che in Occidente ma all’ultima conferenza dell’Itu, l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (un’agenzia Onu), dedicata all’intelligenza artificiale, i robot umanoidi da compagnia hanno conquistato la ribalta. Come Nadine, un androide realizzato a immagine e somiglianza della sua creatrice, la professoressa Nadia Thalmann, ora all’Università di Ginevra. Nadine ha lavorato per un anno in una residenza per anziani a Singapore, dove cantava canzoni e gestiva il bingo. O Grace, la più avanzata infermiera umanoide, frutto della creatività di Ben Goertzel e della sua SingularityNet.

L’intelligenza artificiale farà la differenza anche nella silver economy ed è la nuova tecnologia con cui le persone dovranno imparare a convivere e a interagire. Per questo già nel 2022 l’Organizzazione mondiale della sanità avvertiva di adeguare i dataset su cui gli algoritmi sono allenati per eliminare bias e pregiudizi e creare sistemi che possano aiutare in modo equo persone di diversa estrazione sociale e con una cultura digitale di diverso livello. È una delle tante sfide per gli sviluppatori di AI. E un elemento chiave per determinare o meno il successo della silver economy del futuro.

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