L’attuale scenario economico mondiale, condizionato da pandemie, crisi economiche ed ultimamente anche dalla guerra in Ucraina, ha reso ancora più complicata questa difficile fase economica tale da richiedere un rapido cambiamento dei modelli decisionali aziendali, delle sue strutture organizzative e delle skill professionali interne per gestire al meglio la transizione energetica-ambientale, imposta dalla crisi climatica ed ambientale in atto.
Federmanager e Confindustria Energia hanno deciso di affrontare e approfondire insieme le questioni connesse a questi temi, ponendo grande attenzione allo sviluppo di nuove competenze e conoscenze manageriali necessarie a tracciare il percorso di un futuro sostenibile in campo energetico e ambientale con un approccio innovativo nelle organizzazioni aziendali, ma anche nei contesti sociali. In particolare, tale sinergia, ratificata nello scorso mese di marzo con un protocollo di collaborazione, prevede lo sviluppo di iniziative congiunte per attività di divulgazione, progettazione e realizzazione di percorsi formativi e di certificazione delle competenze.
Tale progetto formativo è coerente con le mutate esigenze delle imprese e sono rivolte ai manager con lo scopo di ridisegnare e valorizzare nuove competenze in ambito energetico, nel quadro dei cambiamenti climatici e sociali e delle mutate esigenze del mercato.
Il primo progetto che nasce da questa iniziativa tra Federmanager e Confindustria Energia è il programma formativo “Energie in transizione per un mondo sostenibile“, che si sviluppa attraverso sei executive seminar, organizzati da ottobre a dicembre 2022, su temi come: i principi della sostenibilità, la riconversione industriale, l’efficientamento energetico, la mobilità pulita e smart city, la gestione dei rifiuti, le nuove comunità energetiche e l’economia circolare.
Dall’intesa tra Federmanager e Confindustria Energia è nato il programma formativo “Energie in transizione per un mondo sostenibile”, che si articola in sei executive seminar rivolti ai manager
Gli argomenti trattati sono stati pensati e strutturati, oltre che per lo specifico obiettivo di formazione continua per i manager, anche per aggiornare i partecipanti sull’attuale quadro d’insieme delle iniziative europee in ordine al tema della transizione energetica. A tal proposito è utile ricordare che nel nostro pianeta l’inquinamento ambientale, rimasto stabilmente basso per 15 mila anni per una popolazione mondiale pari a poco più di un miliardo di persone, contro i 7,7 attuali e 9 nel 2050, è esploso prepotentemente e velocemente solo negli ultimi due secoli, con la rivoluzione industriale e lo sviluppo agricolo-intensivo.
Il quadro della preoccupante densità demografica presente e futura rischia di aggravarsi per il fatto che quasi 1 miliardo di persone non ha, purtroppo, accesso all’elettricità e all’acqua ed i cosiddetti Paesi emergenti, con una popolazione di oltre 1,5 miliardi di persone, sono in piena fase di sviluppo, generando emissioni di gas-serra fuori controllo rispetto ai parametri indicati dalla Cop 25; purtroppo, solo i Paesi occidentali avanzati, che contano 1 miliardo di persone, da circa trenta anni stanno. promuovendo e adottando politiche attive di mitigazione ambientale e di rimodellamento delle risorse energetiche in senso green. Per quanto sopra, è comprensibile quindi che la complicata transizione energetica che stiamo tentando di gestire al meglio in Europa, continente tra i più attivi, possa trascinarsi dietro ritardi, fragilità ed errori; difficoltà tipiche di quando ci si trova a governare in emergenza questioni difficili ed importanti, che nel nostro caso devono trovare parziale soluzione, come primo step, entro la fine del decennio in corso.
Entro il 2030, infatti, la direttiva sull’efficienza energetica Ue, con il pacchetto “Pronti per il 55%”, punta a rivedere lo stato dell’arte del settore energetico nei Paesi Ue che aderiscono al programma di transizione energetica ed a rifocalizzare e migliorare alcuni degli obiettivi in precedenza assegnati come, per esempio, quello della crescita di alcuni target di consumi passati dal 32,5% al 36% per il consumo primario ed al 39% per quello finale; per le rinnovabili l’obiettivo è stato modificato per raggiungere una quota almeno del 40% rispetto a quella precedente del 32%.Nel quadro del menù delle iniziative ed orientamenti fissati nel Green deal, il programma da realizzare invece al 2050, atteso che verranno raggiunti i target indicati dalla Commissione europea al 2030, sarà finalizzato al raggiungimento di una economia decarbonizzata.
Si tratta di obiettivi ambiziosi di lungo termine per i quali prudenzialmente si può ipotizzare che la loro realizzabilità sarà meglio definita dopo il 2030, allorché si conosceranno alcuni fattori di sviluppo economico come il Pil, la densità demografica, la vetustà della popolazione e le tecnologie a quel tempo disponibili. Pur tuttavia, fin da adesso la direttiva UE sollecita i Paesi membri a presentare piani d’azione nazionali atti a efficientare i modelli di produzione e di consumo attuali che utilizzano combustibili convenzionali, con l’obiettivo di una loro graduale riduzione in favore delle energie rinnovabili e del vettore H2 o di altre tecnologie nel frattempo maturate e maturande.
L’Ue, sempre al fine di perseguire l’obiettivo della neutralità climatica, sollecita altresì la realizzazione di sistemi energetici interconnessi con settori d’uso finale collegati come trasporti, clima, ambiente, agricoltura, finanza sostenibile in un nuovo quadro favorevole agli investimenti privati e pubblici. Inoltre, per contenerne l’aumento dei prezzi energetici e assicurare più integrazione del mercato, più sicurezza degli approvvigionamenti e più competitività del mercato, suggerisce di sviluppare progetti di collegamento delle reti energetiche trans-europee. Siamo in un periodo di grande allerta con turbolenze e volatilità del mercato senza precedenti, oltre che con un caro-prezzi energetici incontrollato.
L’Italia volendo meritoriamente rilanciare il tema della transizione e recuperare il ritardo della soluzione di un problema già noto 50 anni fa, si è traguardata al 2030 puntando prioritariamente sulle rinnovabili e favorendo l’installazione di ben 70 Giga Watt. Per il Paese tale obiettivo rappresenta uno sforzo ambiziosissimo, visto che si tratterebbe di raddoppiare la quota di energia rinnovabile finora installata in Italia, in presenza di problemi di vischiosità burocratica nel rilascio agevole delle relative autorizzazioni e di insufficienti infrastrutture di smart grid, ossia sistemi di reti di distribuzione intelligenti abbinati a batterie di accumulo.
Per quanto riguarda il settore industriale, che non può prescindere da quello oil&gas, occorre innanzitutto garantire la continuità operativa del business per i prossimi 10/15 anni, minacciata dalle scarse risorse delle materie prime e dal rincaro dell’energia. In tal senso, nella valutazione di tipo strategico delle possibili scelte di riqualificazione energetica, va tenuto conto anche del fatto che le attuali infrastrutture di produzione non possono essere fermate immediatamente e ripristinate in toto da fonti energetiche alternative perché tecnicamente, economicamente e socialmente impossibile; semmai sarà più realizzabile l’avvio di progetti di complementarità e integrazione con le rinnovabili.
Per quanto riguarda il settore industriale occorre innanzitutto garantire la continuità operativa del business per i prossimi 10/15 anni, minacciata dalle scarse risorse di materie prime e dal rincaro dell’energia
Tale valutazione porta a riconsiderare e modificare gradualmente l’attuale modello dei processi di produzione, puntando su alcune direttrici di riqualificazione energetica, di tecnologie digitali abilitanti di remanufacturing e di servitizzazione come per esempio:
- autoproduzione e ibridizzazione energetica per ridurre la dipendenza da fonti esterne;
- favorire nel ciclo di manifattura e riciclo, l’uso di materie prime secondarie e di seconda vita;
- integrare i cicli produttivi con facility (raffinati, plastiche e fertilizzanti) e sistemi di cattura della CO2.
Il grande tema dell’energia va naturalmente integrato sia con quello dei rifiuti che in Italia, a causa di ingiustificati fenomeni Nimby, non riusciamo a termovalorizzare per la produzione di energia, pagando paradossalmente alcuni Paesi europei per il loro ritiro e regalando ad altri l’energia prodotta, sia con quello della mobilità elettrica che comincia a impegnare tante case automobilistiche e compagnie di distribuzione energetica.
L’Europa, nonostante i migliori risultati nei confronti del resto del mondo, è rimasta tendenzialmente indietro un po’ per sottovalutazione del fenomeno inquinamento e principalmente perché i programmi governativi, ancora oggi, risentono della carenza di una visione strategica d’insieme. Ciò nonostante, L’Italia ha saputo costruire in questi ultimi decenni un buon patrimonio di conoscenze e competenze tecniche di persone e imprese nel campo della sostenibilità energetica e ambientale. Infine, concordando sull’assunto che il costo dell’inattività ed immobilismo in campo ambientale sarebbe di gran lunga superiore rispetto a quello generato dall’attività e che i sistemi energetici sostenibili si fondano anche sull’adesione, partecipazione e responsabilità della maggioranza delle popolazioni, dobbiamo impegnarci ancora di più per raccontare diffusamente e meglio la gravità dell’attuale crisi ambientale. La transizione ecologica è il più urgente processo di innovazione tecnologica per realizzare un cambiamento importante della nostra società nel rispetto dei criteri sottostanti di sostenibilità ambientale condivisi. Al centro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite c’è proprio il tema dello sviluppo sostenibile nella dimensione economica, sociale ed ambientale.
Al centro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite c’è il tema dello sviluppo sostenibile nella dimensione economica, sociale e in quella ambientale
Federmanager continuerà ad impegnarsi nello sviluppo del Paese favorendo la formazione continua di una nuova cultura d’impresa e la valorizzazione delle competenze professionali dei manager verso nuovi scenari produttivi promuovendo altresì l’inserimento di figure manageriali ad hoc nelle Pmi, necessitate, più che in passato, a mantenere il passo con le mutate condizioni dei mercati di riferimento.