Una delle principali sfide che la maggior parte delle business school affronta risiede nell’individuare modelli innovativi in grado di adattare l’offerta formativa alle mutevoli tendenze del mercato. Oggi, le nuove condizioni di business e sociali costringono gli individui a rivedere e aggiornare continuamente le proprie competenze che rappresentano l’asset fondamentale della società.
Al tempo stesso, occorre sfruttare l’enorme quantità di dati a disposizione per risolvere le decisioni importanti che riguardano le società e le organizzazioni. In tale contesto, vi è una crescente domanda di opportunità di apprendimento esperienziale e applicato all’interno delle realtà aziendali, che si contrappone ai modelli di formazione tradizionali.
Le business school occupano una posizione centrale e strategica nella preparazione di studenti e futuri leader. È fondamentale, quindi, focalizzarsi sullo sviluppo di figure professionali intese come soggetti in grado di contribuire alla società e di gestire un’economia più inclusiva (problem solving-based approach). In questo modo, manager e imprenditori potranno considerare in larga misura trasformazioni decisive quali i cambiamenti climatici e l’impatto delle nuove tecnologie, e riconoscere gli impatti sociali delle proprie decisioni economiche.
Paolo Boccardelli, direttore Luiss Business School
Le scuole di business, fortemente orientate al mondo del lavoro, devono puntare a massimizzare l’usabilità dell’esperienza degli utenti, sviluppando piattaforme di apprendimento reattive e basate sulle più avanzate tecnologie digitali. Ad esempio, lo sviluppo di app come “Luiss Business School Link” può consentire al personale docente di mantenere costantemente attivo il legame con i propri studenti, attraverso la condivisione di contenuti e pillole in modalità virtuale. Ancora, la promozione di corsi in modalità distance learning e il lancio della linea di webinar, in aggiunta all’introduzione dei programmi executive di tipo flex, rappresentano soluzioni innovative di offerta formativa.
Far crescere le competenze
A fronte di crescenti volatilità sia sul lato della domanda sia sul lato dell’offerta, il ruolo delle business school è quello di sviluppare competenze imprenditoriali in grado di assicurare la business continuity. Si stima che oltre il 40% delle competenze chiave richieste per svolgere lavori esistenti cambierà entro il 2022. In particolare, saranno sempre più indispensabili competenze trasversali come intelligenza emotiva, critical thinking, analytical thinking, problem solving, capacità di un-learn e re-learn, creatività e orientamento all’innovazione e all’imprenditorialità per fronteggiare problemi nuovi e in continua evoluzione. «Le istituzioni educative devono smettere di formare le persone come ingranaggi di una macchina dell’era industriale – sottolinea Anders Sandberg, ricercatore al Future of Humanity Institute di Oxford -, anche perché le macchine saranno molto più economiche. Dovrebbero formare le persone per affrontare lavori più complessi e poco definiti […] I lavori che possono essere definiti con precisione sono minacciati dalle macchine. I lavori attualmente sicuri sono quelli difficili da definire». Pertanto, in aggiunta a una solida formazione economica o ingegneristica classica, il manager del futuro deve arricchirsi dell’aspetto etico, umano, di gestione dei gruppi e della loro valorizzazione unitamente alle conoscenze digitali e di geopolitica. La contaminazione di discipline e culture è ormai un elemento essenziale e la conoscenza deve essere coltivata in modo costante nella forma dell’eternal learning. La gestione d’azienda si ibrida con la creatività, la resilienza, l’etica e la sostenibilità, la responsabilità della leadership, con l’opportunità di lasciare alle generazioni future delle nuove prospettive di benessere e sviluppo durevoli.
Più innovazione e personalizzazione
Nei prossimi vent’anni, si stima che per il 90% dei posti di lavoro saranno richieste competenze digitali. Pertanto, gli investimenti in formazione di digital skill rappresentano una necessità ineludibile per far fronte al significativo e diffuso gap di competenze digitali, sia hard che soft, anche tenuto conto del fatto che, secondo il “Digital economy and society index” (Desi) elaborato dall’Unione europea, l’Italia è il Paese fanalino di coda dell’intera classifica europea. L’Italia è inoltre penultima nell’Unione, seconda solo alla Romania, per numero di laureati che nel 2018 erano fermi a quota 27,8% a fronte di una media Ue che ha già superato il target del 40%, con ben 2 anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato a Lisbona per il 2020. Ci sono regioni in cui la percentuale di laureati non supera il 14% della popolazione totale e in cui il tasso di abbandono scolastico resta estremamente elevato.
Si stima che oltre il 40% delle competenze chiave richieste per svolgere lavori esistenti cambierà entro il 2022
Infine, le competenze di dominio, specifiche per ogni settore di attività, devono essere profondamente ripensate in un contesto totalmente nuovo, un contesto in cui la formazione post-graduate si fa sempre più flessibile, realizzata su misura per le esigenze del singolo candidato sia in termini di programmazione sia di contenuti. Per questo motivo i corsi executive e gli Mba stanno evolvendo in prodotti sempre più innovativi e personalizzabili, con formule part-time e multi-hub, ampliando al tempo stesso la quota di fruibilità di contenuti digitali e l’esperienza di networking con eventi appositamente disegnati per facilitare lo scambio e l’ampliamento della rete di contatti. Il tutto per promuovere la creazione di un ambiente favorevole a un apprendimento non più statico ma in continua evoluzione, sebbene fondato su ferme capacità di gestione da cui non si può prescindere.
Corsi executive e Mba stanno evolvendo in prodotti sempre più innovativi e personalizzabili, con formule part-time e multi-hub, contenuti digitali ed esperienza di networking
Solo facendo leva sul dialogo tra istituzioni, società civile, mondo accademico e partner del settore privato riusciremo davvero a garantire un accesso universale all’apprendimento, a pensare e implementare azioni coordinate e a sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia.