In questi giorni abbiamo celebrato il 40° anniversario della fondazione del FASI, uno dei più grandi Fondi di assistenza integrativa a livello europeo. Costituito in forma paritetica da Confindustria e Federmanager, il FASI che conta circa 300.000 iscritti, è per dimensioni e qualità dell’assistenza che eroga, un autentico pilastro a sostegno del Servizio Sanitario Nazionale universalistico e solidaristico.
L’Italia è al secondo posto al mondo come longevità della sua popolazione, un dato di assoluto valore che si accompagna, però, da un punto di vista demografico, all’invecchiamento complessivo degli abitanti e incide in maniera diretta sulla disponibilità delle risorse.
Infatti, se aumentano i pensionati rispetto ai lavoratori attivi, aumenteranno di conseguenza i fondi da destinare alle coperture previdenziali e sanitarie che già scarseggiano.
La spesa sanitaria (dati 2016), ammonta in Italia a 150 miliardi annui, di questi circa 112 sono i soldi che lo Stato spende per la protezione sanitaria dei propri cittadini.
Gli altri, cioè trentotto miliardi, sono quelli che gli italiani tirano fuori dalle loro tasche, definiti dagli addetti ai lavori “out of pocket”, per pagare i ticket, le visite private, analisi, eccetera. Dobbiamo fare, a mio giudizio, uno sforzo comune per far sì che questi trentotto miliardi siano volti a favorire delle forme alternative alla copertura sanitaria pubblica.
Oggi meno di cinque miliardi di euro sono utilizzati dagli italiani per l’assistenza sanitaria integrativa intermediata, un dato molto sotto la media europea.
E’ determinante, a mio avviso, trasferire una quota più consistente della spesa sanitaria “privata” delle famiglie italiane agli enti che, senza scopi di lucro, basano la loro attività sul principio mutualistico e della porta aperta, senza esami preventivi all’ingresso.
Alla manifestazione per il quarantennale del FASI, svoltasi lo scorso 16 novembre a Roma, che ha visto la partecipazione tra gli altri del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e del presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, abbiamo presentato un’indagine “ad hoc”, realizzata da KPMG, in cui sono stati riportati alcuni “numeri” che evidenziano l’impatto sociale del Fasi, sui costi che altrimenti sarebbero a completo carico dello Stato.
A titolo meramente esemplificativo, sono state analizzate tre tipologie di interventi afferenti l’area specialistica ortopedica, che, se nel periodo 2009 – 2016 non fossero state rimborsate dal nostro Fondo ai suoi assistiti, avrebbero comportato per il Servizio Sanitario Nazionale, un costo aggiuntivo di 41,3 milioni di euro in più rispetto a quanto già pagato.
Alla cerimonia hanno preso la parola, inoltre, il deputato Federico Gelli, il senatore Andrea Mandelli e Fabrizio Landi, presidente di Toscana Life Sciences.
Tutti si sono dichiarati d’accordo sul fatto che l’inesorabile e progressivo invecchiamento della popolazione italiana e la tendenziale cronicizzazione delle malattie, costringeranno sempre più l’intero sistema sanitario nazionale, pubblico e privato, a una crescente domanda di prestazioni difficilmente compatibili con le attuali politiche di razionalizzazione, dovute anche al perdurare della crisi mondiale, della spesa e riorganizzazione complessiva del sistema.
I tre esperti hanno rilevato come, nella situazione data, la spesa sanitaria privata pesa di più su chi ha meno, su quanti vivono in territori disagiati e sugli anziani che hanno bisogno di più cure.
“Insomma – è stato detto – la coperta è corta e assistiamo a fenomeni preoccupanti, segnalati da ricerche e studi, nei quali si evidenzia che percentuali sempre più alte di nostri concittadini che, stretti nella morsa della crisi economica, spesso evitano di sottoporsi ad analisi e cure per mancanza di soldi”.
Da queste considerazioni, sono due, a mio giudizio, le grandi questioni che determineranno il cambiamento sostanziale del sistema di welfare, così come lo conosciamo: la cronicizzazione delle malattie e l’impetuoso sviluppo delle tecnologie digitali.
I Fondi di sanità integrativa hanno il dovere di implementare i loro servizi, sfruttando al massimo le potenzialità tecnologiche: basti pensare ai sistemi di medicina a distanza che, se li adoperassimo, per gli oltre dieci milioni d’italiani che già aderiscono a forme di assistenza integrativa, consentirebbero un consistente risparmio di spesa alla sanità pubblica, oltre a cure più efficaci.
Lo stesso vale sul tema della cronicizzazione delle malattie che impegnerà l’intera società italiana nel prossimo futuro; è necessaria un’opera di coordinamento tra Stato centrale, Regioni e Fondi di assistenza integrativa per definire un serio programma di tutela integrata, capace di aiutare i cittadini nel momento del bisogno.
* Presidente FASI