L’Europa è in fibrillazione. Si lavora per arrivare al 25 marzo con un progetto credibile di sviluppo della dimensione comunitaria. E per allontanare il rischio, non tanto remoto, che i 60 anni dalla firma dei Trattati CEE e Euratom siano salutati da tante strette di mano e nessuna proposta condivisa sul futuro.
«Temo che assisteremo a una cerimonia, ma stavolta non me la sento di biasimare nessuno per questo», ci dice Emma Bonino che, con un’intera carriera spesa nelle istituzioni europee e internazionali, resta su questo tema una delle voci più lucide e indipendenti.
L’abbiamo raggiunta a pochi giorni dalla ricorrenza per capire quante chances ci siano di perseguire quel sogno europeo degli “Stati uniti d’Europa” a lei caro da sempre. «Il motore dell’integrazione europea è franco-tedesco e sia la Francia sia la Germania hanno elezioni generali quest’anno, la prima in aprile-maggio, la seconda in settembre. Senza contare altre elezioni in Olanda e, forse, Italia. Nel frattempo circolano molte idee sul rilancio dell’integrazione europea che, per essere messe in pratica a partire dall’autunno di quest’anno, necessitano però di una vittoria elettorale delle forze pro-europee». Emma Bonino spera che sia questo il caso.
Molti capi di Stato che il 25 marzo si presenteranno con dichiarazioni e assunzioni di impegni, lasceranno la poltrona subito dopo. Se dal voto dovessero risultare vincitori i partiti euroscettici e nazionalisti, molti equilibri si frantumerebbero.
Quando le chiediamo se non sia tutta colpa dei «populismi», se questo termine così abusato sia adatto a spiegare i fenomeni attuali, ci risponde così: «Una volta che le parole si sono diffuse, che piacciano o meno è abbastanza irrilevante. Mi preoccupa la sostanza di quello che il termine comunemente denota: ovvero risposte sbagliate – come la chiusure delle frontiere – a problemi reali – come l’occupazione e la distribuzione della ricchezza. Oppure l’uscita dall’euro come risposta alla stagnazione economica italiana. Illusioni pericolose che sentiamo ripetere tutti i giorni. Occorre uno sforzo maggiore da parte di tutti per ristabilire la verità su queste questioni, uno sforzo che noi Radicali Italiani (www.radicali.it) stiamo facendo su temi come l’immigrazione e l’Europa».
Ci sono poi capitoli obbligati per i 27 Paesi membri, su cui lavorare. «I settori sui quali avanzare siano chiari a tutti: completamento del mercato interno e dell’unione bancaria, controllo dei confini esterni e immigrazione, difesa e diplomazia. E in molti di questi campi non c’è nemmeno bisogno di cambiare il trattato, un capitolo eventualmente da riaprire nel 2019».
Per l’ex ministro degli Esteri il fatto che, in questo contesto, l’Italia abbia dalla sua la presidenza del Parlamento europeo e quella del G7 «non apre particolari opportunità». Senza nulla togliere all’iniziativa di Tajani, Gentiloni e degli altri rappresentanti italiani, la verità è che «il parlamento europeo ha scarsissima influenza sulle scelte di politica economica del nostro come di altri paesi europei – per non dire nulla». Quanto all’azione del governo italiano, ecco, «esso può avere un impatto decisivo sullo sviluppo e la crescita economica del nostro paese – che abbia o no la presidenza del G7». E sarebbe anche un’azione opportuna perché, afferma una risoluta Bonino, «negli ultimi anni non ho visto risultati molto incoraggianti».
Anche le 26 pagine del Libro Bianco sul futuro della UE presentate da Juncker sembrano aver deluso le aspettative. Sono stati presentati 5 scenari senza, tuttavia, privilegiarne alcuno. Si va dall’ipotesi zero (lasciamo tutto com’è) all’ipotesi dell’Europa a più velocità richiamata dalla Cancelliera Merkel al vertice informale di Malta e rilanciata a Versailles da Spagna, Italia, Francia e Germania lo scorso 6 marzo.
Di fronte alle diverse declinazioni di Brexit, (nell’ordine, Grexit, Frexit e Italexit), Emma Bonino depura il messaggio: «La Brexit dovrebbe avere l’effetto di ricordare a tutti quanto è importante il mercato interno europeo. In fin dei conti, continuare ad accedervi è la singola cosa che il governo britannico perseguirà con maggiore accanimento nel corso dei negoziati che stanno per aprirsi a seguito dell’attivazione del famigerato articolo 50 del trattato. Poter contare su un mercato ampio e ricco come quello europeo, qualunque politica commerciale adottino gli altri, cominciando dagli Stati Uniti, è una garanzia per i lavoratori e gli imprenditori di questo continente». Come a dire che, almeno su questo terreno, non si ammettono detrattori.
* Giornalista, Vice Direttore Progetto Manager