È questione di etica

Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale accendono i riflettori su nuove dinamiche economiche e sociali, complesse e da gestire attentamente. Ne parliamo con Luciano Floridi

Luciano Floridi, professore ad Oxford e Bologna

 

Il tema dell’intelligenza artificiale e delle sue diverse applicazioni è oggetto di esplorazione scientifica da anni, i più attenti direbbero forse da decenni. Tuttavia, negli ultimi mesi, ha fatto prepotentemente irruzione nelle conversazioni comuni in conseguenza dell’esplosione del fenomeno “ChatGPT” e le nostre vite si sono imbattute in un interlocutore ulteriore, parecchio intelligente nel comporre le informazioni recepite. Per approfondire l’analisi di un rapporto che sta maturando, come quello che ci lega sempre più all’IA, Progetto Manager ha incontrato Luciano Floridi, Professore a Oxford e Bologna, ed espressione d’eccellenza dell’intelligenza umana made in Italy.

Professore, negli ultimi anni ha concentrato parte dei suoi studi sulla questione etica che interessa l’intelligenza artificiale. A che si riferisce?

Partiamo dal fenomeno ovvero dalla comprensione dei problemi di carattere etico che possono essere connessi all’impiego dell’intelligenza artificiale. Mi riferisco a ingiustizie, manipolazione dell’opinione pubblica, divulgazione di fake news, discriminazioni. Ecco, questi temi sono legati a ciò che generalmente categorizziamo come “bene” e “male”. Sono, in alcuni casi, regolamentati dalla legge o lo saranno in futuro, ma in parte si rivelano ancora scoperti perché non corrispondono a manifestazioni di illegalità; semplicemente non si dovrebbero fare, anche se non è una norma a vietarlo. Considerata sotto il profilo etico, quindi, l’IA, che è una nuova forma dell’agire, genera numerose difficoltà. Tra i problemi che potremmo classificare come più ordinari, si pensi alla privacy, e problemi nuovi, come la questione della manipolazione delle opinioni e delle preferenze.

All’asse normativo bisognerebbe pertanto affiancare, a suo modo di vedere, la costruzione di una nuova etica?

Sì, le faccio un esempio: il codice della strada ci impone i limiti di velocità da rispettare, ma non ci obbliga a fermarci se vediamo una persona alle prese con una gomma bucata. Questa è una scelta etica, non ha a che vedere con la legge. Ecco, è l’etica a regolare molte volte le dinamiche civili. La cosiddetta compliance, l’essere cioè in regola con le norme, è il minimo richiesto per non commettere qualcosa di immorale. L’etica ci aiuta a interpretare la legge nel modo migliore e ci permette di “dare forma” alla legge quando ancora non c’è. Ci consente inoltre di comportarci anche meglio di quanto richiesto dalla legge, o contro quanto leggi ingiuste impongono. Insieme al quadro normativo legale, serve sempre un quadro normativo etico.

E a chi è rimessa la creazione di questo quadro normativo etico?

Non cadrò nella tentazione di dire che spetti ai filosofi, perché non è così. È la società nel suo complesso a doverlo determinare. Come sta avvenendo per le grandi emergenze ambientali, ad esempio. Oggi abbiamo sviluppato un’etica nei confronti dell’ambiente, o degli animali, semplicemente impensabile fino a qualche decennio fa. La società evolve, più o meno lentamente, verso posizioni etiche nuove attraverso un dialogo interno che manifesta moderne sensibilità. Sul tema dell’IA, per intenderci, sarà indispensabile il dialogo tra impresa, intellettuali chiamati a dare un contributo concettuale e mass media, per citare tre attori fondamentali.

La società evolve, più o meno lentamente, verso posizioni etiche nuove attraverso un dialogo interno che manifesta moderne sensibilità

Come cambieranno secondo lei le relazioni uomo-macchina e cosa succederà ai processi umani dal punto di vista del lavoro?

Credo che vedremo una crescita progressiva dell’abitudine a interagire con strumenti capaci di rapportarsi a noi in maniera via via più semplice. Già nel presente, se pensiamo ad Alexa o ChatGPT, rileviamo la presenza sempre maggiore di agenti artificiali intorno a noi. Le nuove generazioni si rivolgeranno a risorse in grado di fornire risposte più accurate e affidabili. Attenzione, capiteranno degli errori, anche tremendi, ma è nelle cose. Se l’interazione sarà sbagliata, gli errori accadranno. Ma è ciò che succede anche oggi se io, per sbaglio, ordino online 22 litri di latte invece di 2. È anche un po’ ciò che è successo per alcuni casi riguardanti le auto a guida autonoma. Sarà indispensabile la volontà di imparare a gestire gli strumenti nuovi. È come se una persona volesse utilizzare un trapano senza averlo mai usato prima, sarebbe pericoloso e probabilmente ne uscirebbero fuori dei pasticci.

Risulterà quindi fondamentale dotarsi delle competenze giuste. Ecco, come sarà secondo lei la sfida per i manager?

Sarà impegnativa. La presenza diffusa, intensa e profonda di queste tecnologie trasformative obbliga a riconsiderare costantemente la strutturazione del mondo del lavoro, a riorganizzare la forza lavoro, ma anche a ripensare produttività, tempistiche, logistica, oltre che i momenti di vendita e acquisto. Un concetto deve essere però chiaro: con una progressiva affermazione dell’intelligenza artificiale servirà sempre più capacità manageriale e non meno, come alcuni improvvidamente sostengono. L’idea che arriveranno sistemi pronti a fare tutto al posto nostro non sta in piedi, soprattutto per i ruoli complessi. A gestire le priorità, per esempio, saranno le intelligenze e le abilità dei manager. Da filosofo, credo che sarà cruciale la capacità di comprendere dove intervenire con l’IA all’interno del proprio contesto aziendale. I manager dovranno saper porre le domande giuste.

Con una progressiva affermazione dell’intelligenza artificiale servirà sempre più capacità manageriale. A gestire le priorità saranno le intelligenze e le abilità dei manager

Anche alla luce di questa sua analisi, emerge una curiosità: come si rapporta il Floridi-utente all’intelligenza artificiale?

Personalmente la utilizzo così come cerco di utilizzare quelle tecnologie che ci semplificano la vita: dal piccolo robot tagliaerba ai dispositivi che regolano automaticamente il riscaldamento. Professionalmente, uso l’IA soprattutto per gli adempimenti burocratici: compilare moduli, riassumere brevi testi di carattere generico, cercare informazioni. Direi che molte incombenze burocratiche potrebbero essere ormai delegata all’IA. Così non è per le attività di ricerca, che richiedono un peculiare impegno intellettuale non affidabile alla macchina. Per un bell’articolo di ricerca ci vogliono menti brillanti, in carne e ossa. Formulare la domanda giusta richiede tanta intelligenza umana, non capacità di risposta digitale.

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