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Dati alla mano

Per aiutare le aziende italiane a essere competitive serve un management che sappia ricavare il meglio dall’interpretazione dei data analytics, così da determinare le priorità di azione e intervento.

Spalancare la finestra sul presente significa, per un manager, comprendere a fondo la direzione verso cui si proietta il sistema produttivo.

Oggi, con una formula particolarmente efficace, i dati vengono definiti “il petrolio dell’economia digitale”. Per quale ragione?

Perché sono i dati – personali, comportamentali, industriali, solo per citarne alcuni – a costituire la risorsa preziosissima su cui vengono modellati piani di sviluppo aziendale e commerciale. Rappresentano il tesoro strategico attraverso il quale prevedere situazioni operative, preferenze ed efficacia di prodotti e servizi.

Ma per disporre di un patrimonio così ambito, le aziende devono essere in grado di “lavorare” i dati, in modo da ricavare informazioni che si rivelino utili e, al contempo, accessibili e tracciabili.

Un obiettivo complesso, a cui i manager devono puntare con la capacità di destreggiarsi tra le maglie imposte da tutele fondamentali, come quella della privacy, e difficoltà tecniche di non poco conto.

Ecco perché in questa fase storica, ancor più che in passato, si avverte l’esigenza di una managerialità multidisciplinare e davvero al passo con i tempi, spesso frenetici, dell’innovazione.

In un contesto globale che presenta 5 miliardi di persone connesse al web e 6 milioni di ricerche al minuto su Google, chi non è in grado di trarre valore dai dati, rimane inevitabilmente in fuorigioco. Senza appello.

La nostra Federazione ha colto con lungimiranza l’importanza della posta in palio e ha già iniziato ad attrezzarsi con percorsi che garantiscono ai manager la certificazione di competenze decisive per guidare, e non inseguire, il cambiamento.

Le aziende hanno bisogno, infatti, di un management che sappia ricavare il meglio dall’interpretazione dei data analytics, così da determinare le priorità di azione e intervento. E questa esigenza si manifesta nel quadro più ampio del percorso nazionale di digitalizzazione che in Italia, inutile negarlo, presenta molteplici criticità.

Se il contesto è ancora incerto, i manager hanno un ruolo fondamentale nel modellarlo.

Vogliamo un Paese moderno? Dobbiamo contribuire a costruirlo. E l’esempio offerto dalle iniziative che Federmanager ha avviato può costituire una best practice utile come riferimento per i decisori pubblici e per le iniziative private.

Grazie all’impulso fornito dalla nostra Commissione di settore per l’innovazione e la trasformazione digitale, miriamo a dispiegare le ampie potenzialità di sviluppo tecnologico che il sistema federale è in grado di esprimere attraverso le elevate competenze di cui dispone, a partire dai “digital twin” – gemelli digitali – pienamente operativi su piattaforme e database.

Il progresso non ci spaventa, lo affrontiamo con propositività e cultura manageriale.

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