Un Paese in affanno. Ecco la fotografia che al momento rappresenta la nostra economia e che, per fine anno, potremmo vedere ulteriormente aggravarsi. Siamo cresciuti poco rispetto alla situazione pre-crisi ma, soprattutto, molto meno degli altri. Il nostro debito, ormai, sfiora il 135% del Pil e, come se non bastasse, dichiarazioni improvvide sempre più frequenti generano effetti immediati sullo spread, il che significa non solo alimentare sfiducia e incertezza negli investitori e nei consumatori, ma anche qualche miliardo in più di spesa per interessi.
Noi siamo l’Italia che costruisce, lo abbiamo detto chiaro e forte nella nostra Assemblea nazionale. Andiamo avanti, senza nascondere però la maggiore fatica. Eppure basterebbe fare meno demagogia, meno chiacchiere, e concentrarsi su alcuni, pochi obiettivi, possibilmente in modo condiviso evitando di disperdere energie, piuttosto valorizzando le scarse risorse disponibili.
Innanzitutto, l’Europa. Un’Europa in cui i numeri prevalgono rispetto agli aspetti sociali, che sembra avere smarrito i valori più profondi che ne hanno sostenuto la costituzione ma che non può prestarsi a diventare l’alibi sul quale scaricare tutte le responsabilità, anche quelle che derivano dalla nostra incapacità di fare i compiti a casa.
Evitare di sforare la soglia magica del 3% non è solo un obbligo che ci impone l’Europa, ne vale la nostra credibilità sui mercati finanziari. Se dobbiamo rispettare quella soglia è perché tutti dovremmo sentire la cogente responsabilità di non scaricare ulteriori debiti sulle future generazioni. Sui nostri figli e sui nostri nipoti.
Se si fosse saputo leggere e interpretare i grandi cambiamenti che si sono susseguiti negli ultimi decenni avremmo intuito per tempo che la sfida della competitività si sarebbe inevitabilmente spostata sul terreno della qualità, dell’innovazione e dell’internazionalizzazione. La digital transformation è la nostra opportunità. La via della crescita passa attraverso questo sentiero stretto e arduo, ma potenzialmente dirompente. Una strada alternativa non c’è.
Abbiamo bisogno di stimolare le energie migliori e di remare tutti nella stessa direzione per dare una sferzata che ci possa consentire di afferrare una fragilissima ripresa e tramutarla in una crescita duratura
Questo impone una visione e un’azione strategica di medio-lungo periodo che continua a mancare, se si rincorre il consenso elettorale. Mentre avremmo bisogno di stimolare le energie migliori e di remare tutti nella stessa direzione per dare una sferzata che ci possa consentire di afferrare una fragilissima ripresa e tramutarla in una crescita duratura in grado di rilanciare l’occupazione.
Meno burocrazia e una giustizia civile più efficiente sono riforme a costo zero, fondamentali per dare maggiore credibilità agli investitori. Un fisco meno vorace verso il mondo del lavoro è un altro fattore determinante per liberare energie e conferire maggiore forza alle nostre imprese. Investire nelle infrastrutture fisiche e digitali ci consente di essere più veloci e di sfruttare meglio la nostra invidiata posizione geografica.
Ma il tema vero è quello delle competenze. L’intelligenza artificiale deve diventare nostra alleata per far evolvere le nostre piccole e medie imprese e vincere la sfida dell’efficienza e della produttività. Il voucher chiesto da Federmanager per l’inserimento di manager innovativi previsto nell’ultima legge di bilancio va nella giusta direzione.
L’Europa è il nostro mercato principale e non possiamo metterla in discussione: facciamoci sentire di più, cerchiamo alleati, mandiamo a Bruxelles le persone migliori con dei mandati precisi
Il nostro è un Paese a vocazione industriale e che fa dell’export un suo punto di forza. Ma come possiamo mettere in discussione l’Europa, che è il nostro mercato principale? Semmai facciamoci sentire di più, cerchiamo alleati, mandiamo a Bruxelles le persone migliori con dei mandati precisi.
Il digital divide e l’arretratezza sulla banda larga rappresentano il segno tangibile del ritardo anche culturale che abbiamo accumulato rispetto ai grandi cambiamenti che sono avvenuti in questi anni. Cambiamenti che si realizzano con una estrema rapidità, che è la variabile più importante con cui oggi le imprese e il management devono confrontarsi. La sfida tecnologica è la strada da perseguire anche per modernizzare la nostra pubblica amministrazione e vincere la resistenza della burocrazia, che trascina con sé la piaga della corruzione e della collusione.
Per chi il posto di lavoro lo ha perso, o non lo ha mai avuto, l’obiettivo non deve essere quello di assistere le persone ma di orientarle professionalmente verso soluzioni che abbiano una prospettiva occupazionale. Occorre pertanto dotarci di un mercato del lavoro che funzioni davvero, altrimenti si alimenta solo l’assistenzialismo e non si offre dignità alle persone.
Questa è la vision che in questa assise Federmanager ha voluto trasferire al mondo politico, istituzionale e sociale rivendicando il giusto ruolo e la corretta immagine che la categoria manageriale merita nell’ambito del contesto economico e sociale. Attori del cambiamento e del successo nelle imprese in cui operano in modo socialmente responsabile e, anche fuori dalle imprese, protagonisti del processo di modernizzazione del Paese.