4330

#Assise2018, manager presenti

La parola manager è stata pronunciata più volte alle recenti Assise generali di Confindustria. Riecheggiava nei corridoi, sui tavoli di lavoro, in modo significativo rispetto al passato. Certo, non ha ancora raggiunto i documenti ufficiali, in cui si parla d’altro. Ma posso affermare con prudente franchezza che abbiamo trovato nuova consapevolezza da parte degli industriali sulla necessità di affidare lo sviluppo del business alle competenze manageriali.

Voglio innanzitutto soffermarmi su questo perché si tratta di un dettaglio non trascurabile. Credo infatti che nell’accento sulla parola manager che tornava spontaneo nei discorsi degli industriali ci sia parte della ragione della nostra presenza all’appuntamento di Verona dello scorso 16 febbraio.

Siamo stati invitati a partecipare alle Assise e abbiamo espresso le nostre posizioni sui temi più diversi, dall’Industria 4.0 alla sostenibilità e all’Europa, dichiarando l’importanza di stringere ulteriormente le relazioni industriali, condividendo visione e intensificando il dialogo.

Il messaggio che ho portato, intervenendo personalmente al tavolo di lavoro dedicato a “L’impresa che cambia”, è proprio quello di una nuova sinergia di sistema che si esprime nel collegare il mondo imprenditoriale e quello manageriale nella convinzione che lo sviluppo del tessuto produttivo richieda un impegno congiunto.

Ciò non significa spingersi oltre lo steccato, e nemmeno abdicare alla tutela di interessi di categoria che sono ben chiari e ben presenti nella testa di chi guida il nostro sistema federale. Il cambio di paradigma è però ineluttabile perché reagisce a una conclamata crisi della rappresentanza in cui siamo finiti per grande merito altrui, a partire dall’azione di delegittimazione politica, più che per demerito nostro.

Tuttavia, stare al passo con l’evoluzione dei fabbisogni e con la trasformazione rapidissima del contesto industriale è una sfida che impone anche a noi un cambiamento.

Il lavoro di riposizionamento che stiamo conducendo insieme a tutti gli attori del nostro sistema federale, dal centro ai territori, costituisce l’applicazione responsabile di cosa significa fare rappresentanza al servizio della categoria e del Paese. I corpi intermedi stanno dimostrando di essere il motore del cambiamento. Negli ultimi mesi Federmanager e Confindustria hanno avviato progetti comuni che intervengono direttamente nel tessuto produttivo, sostenendolo e producendo valore aggiunto.

La domanda che mi pongo, e che a Verona hanno posto i nostri rappresentanti di Fondirigenti, Fasi, Previndai e di 4.Manager, l’associazione bilaterale a cui abbiamo dato vita pochi mesi fa, è come massimizzare i risultati di questo impegno per gli anni a venire affinché sia possibile promuovere competitività del Paese e aumentare il benessere di chi lo abita.

Perché, come ho dichiarato pubblicamente, non si tratta più di riformare il Paese, ma direttamente di trasformarlo. Non si tratta più di fare ciascuno la propria parte, perché questo si rivelerà insufficiente. A ben vedere, se le riforme possono essere decise a colpi di maggioranza, o perfino da un leader solo, le trasformazioni mai.

Così, dopo esserci confrontati con gli industriali riuniti a Verona, faccio appello a maggior coraggio. Non solo nell’indicare dettagliatamente quali proposte politiche e normative servono ad agganciare la ripresa economica, ma per essere davvero innovativi.

Auspico che sia scritto nero su bianco che, se serve più visione che amministrazione, più filosofia che burocrazia, all’Italia serve anche più managerialità che tecnica.

Mi aspetto che siano sempre più numerosi gli imprenditori che nella propria azienda, da soli o in forma aggregata, scelgano la collaborazione dei nostri manager. Dobbiamo favorire la costruzione di una nuova cultura d’impresa, che sappia investire in managerialità e innovazione.

Saper fare bene le cose, ma anche aver chiara la rotta. Quindi, remare tutti in un’unica direzione di sviluppo.