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Al lancio di una monetina

È stata decretata come sappiamo la sorte di EMA, l’Agenzia europea del farmaco. Parlo di “sorte” volutamente, perché sono rimasto deluso, al pari di tanti che ne stanno discutendo in queste ore, che la politica europea abbia voluto demandare al lancio di una monetina la scelta della città che ospiterà l’Agenzia dopo Brexit.

Non desidero lanciare anatemi sull’esito della competizione: sono certo che sia Milano sia Amsterdam costituissero città idonee ad accogliere EMA. Voglio però richiamare tutti alla necessità di avere una politica che, a ogni livello, faccia il proprio mestiere.

A livello comunitario, a livello nazionale fino al livello territoriale, serve recuperare una classe dirigente capace di valutare e, poi, prendere decisioni nell’interesse della collettività. Quindi, idonea a essere giudicata per le sue azioni.

Il management, che per natura è abituato a essere valutato per i risultati che porta, sa bene quanto la partita del farmaco sia strategica per tutti noi. In questo Paese si fa innovazione nel biomedicale meglio che altrove. L’industria farmaceutica ha raggiunto nel 2017 il suo record storico con oltre 14.000 prodotti in sviluppo, di cui più di 7.000 in fase clinica. Secondo il report di The European House – Ambrosetti, l’Italia è uno dei Paesi che ha condotto il maggior numero di studi clinici, pari al 17% di quelli realizzati in Europa (3.900), di cui il 37% nell’area oncologica.

Certo, ci sono aree di miglioramento. Dobbiamo, per esempio, fare i conti con una certa lentezza nella messa sul mercato dei prodotti innovativi: qui da noi ci vogliono in media oltre 15 mesi dall’approvazione di un farmaco alla sua prima commercializzazione. Praticamente cinque volte il tempo impiegato in Germania.

Le aziende del pharma e del biomedicale italiane, però, appartengono a uno dei settori dove è arrivata per prima l’industria 4.0, quella tecnologica, automatizzata, intelligente. Il rapporto uomo-macchina può fare in sanità cose straordinarie: dalle nuove applicazioni chirurgiche ai medical devices interconnessi fino a soluzioni personalizzate per la cura domiciliare o per la prevenzione di malattie croniche.

È l’eccellenza italiana, quella che ci ha portato alla forte candidatura di Milano come sede di EMA. Oggi più di ieri, quindi, dobbiamo sostenere gli imprenditori e i manager che lavorano per un’economia della salute più moderna e competitiva.

Di questo stiamo ragionando nella Commissione Sanità che Federmanager ha istituito al proprio interno e che si sta occupando anche di valorizzare la filiera della salute, che da sola genera oltre l’11% del nostro Pil, creando valore diffuso nei territori dove è alta la concentrazione di imprese del settore.

Ho apprezzato molto il commento scritto da Luca De Biase sul Sole 24 ore, il cui titolo “La tecnologia premia chi genera valore” sintetizza un pensiero che condivido. La creazione di valore, in un’economia complessa come la nostra, si concentra sulla dimensione immateriale dei prodotti: ricerca, immagine, design, informazione, senso, dice De Biase. Ebbene, nell’industria 4.0 i manager hanno l’opportunità di portare avanti l’idea di sviluppo sostenibile attraverso un utilizzo saggio delle nuove tecnologie.

Ancor più se consideriamo la materia sanitaria, dobbiamo ritenere sostenibile solo quel sistema in cui l’economia abbraccia un criterio etico che considera le ricadute della propria azione nella vita delle persone. Qualità e tempestività delle cure, produttività della ricerca scientifica, innovazione farmacologica e, perché no, digitalizzazione dei servizi e degli strumenti sanitari rappresentano fattori determinanti per costruire il benessere individuale.

Di fronte ai bisogni mutevoli dei cittadini e a un’aspettativa di vita che – per fortuna – cresce, l’unico approccio utile è un approccio sistemico: basato sull’integrazione tra soggetto pubblico e privato, capace di pianificare investimenti e politiche, in cui l’industria svolge il suo ruolo d’avanguardia.

Nulla che possa essere legittimamente affidato al caso.