“Tsunami”, “rivoluzione”, “evoluzione cooperativa”: sono tante le definizioni che cercano di circoscrivere, per lo meno a parole, gli impatti che l’intelligenza artificiale sta avendo sulle nostre vite.
L’Italia, come l’Europa del resto, si trova a dover competere in un contesto molto dinamico in cui altri player sono capaci di enormi investimenti non solo in tecnologia, ma anche in ricerca e sviluppo.
Per non rischiare di accumulare ritardo, è bene che il Vecchio Continente si muova unito nella direzione di un aumento consistente dei fondi, creando ecosistemi virtuosi per sperimentare e innovare. Ne va non solo della nostra competitività, ma anche della possibilità stessa di giocare un ruolo da protagonista nella geopolitica del futuro.
È altresì cruciale che i manager, chiamati quotidianamente a guidare le proprie organizzazioni sui nuovi mercati, fisici e virtuali, siano consapevoli di questa trasformazione, adeguino le proprie competenze e stimolino le imprese a colmare il gap di digitalizzazione che esiste.
Basti pensare che in Italia poco più del 45% delle persone dispone di competenze digitali di base. Vuol dire che moltissimi italiani non hanno le cognizioni minime per approcciarsi al digitale, figuriamoci per avventurarsi in un’interazione consapevole con le nuove forme di IA!
E questo vale anche, sul piano industriale, per la galassia di micro, piccole e medie imprese che oggi sono costrette a fare i conti con modelli organizzativi e processi produttivi che mutano radicalmente.
In questa prospettiva, il prossimo 14 ottobre presenteremo a Roma il nuovo Rapporto sul tema dell’intelligenza artificiale realizzato dall’Osservatorio 4.Manager, per fornire uno strumento di analisi e consultazione sulla transizione in atto.
L’attenzione del Rapporto è rivolta in particolare alle competenze di leadership e manageriali, in quanto l’IA determinerà la creazione di molte “nuove professioni” caratterizzate da un’elevata intensità di competenze. Profili che, in parte, riusciamo a intravedere come necessari, ma che nella maggioranza dei casi saranno poco prevedibili e in continuo aggiornamento.
Di fronte alle opportunità e alle complessità gestionali che l’introduzione dell’IA può generare, non ci si può far trovare impreparati: è necessario che le organizzazioni siano “managerializzate” in senso stretto.
Del resto, come sottolineato dal recente “AI Index Report” dell’Università di Stanford sui trend emergenti, ci sono ambiti in cui l’IA ha già superato le performance umane. E questo ci stupisce, anche se solo parzialmente, e ci inquieta. Però, sostiene l’ateneo americano, in molti settori l’IA aumenta la produttività dei lavoratori e migliora, nel complesso, la qualità del lavoro.
Dobbiamo fare in modo che questo processo virtuoso si consolidi a sistema, nella maniera più sostenibile possibile, anche sotto il profilo etico.