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A Just Energy Transition

Al di là di mode e obblighi imposti dall’Europa, la strada verso la transizione energetica è senza ritorno: alcune indicazioni per percorrerla in sicurezza, con vantaggi economici e benefici per tutti.

Alberto Zanobini, Coordinatore della “Commissione energia e sistema elettrico” di Federmanager Nazionale

Oggi, occuparsi di politica industriale implica occuparsi anche di ambiente. Le trasformazioni profonde innescate dalla transizione energetica stanno rivoluzionando il modo di fare industria e le dinamiche competitive. Per questo, nell’ambito delle varie attività condotte dalla “Commissione energia e sistema elettrico” di Federmanager, di cui sono il coordinatore, abbiamo scelto di partecipare ai lavori parlamentari propedeutici all’aggiornamento del Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che l’Italia dovrebbe inviare alla Commissione europea entro fine giugno. Un Piano strategico, a cui abbiamo voluto fornire un apporto in termini di indicazioni di sistema e di visione manageriale.

Continueremo a lavorare con le istituzioni, consapevoli che l’Europa si sta muovendo fortemente sulla transizione verso le rinnovabili, indicando date ed obiettivi per la sostituzione delle fonti fossili. L’obiettivo condiviso deve essere comunque quello di cercare di perseguire una Just Transition, vale a dire una transizione energetica equa e sostenibile. La transizione verso le rinnovabili non deve infatti generare nuove forme di povertà e altre disuguaglianze. Si deve intervenire affinché la decarbonizzazione costituisca un progresso per tutti.

La struttura del sistema elettrico italiano è molto diversificata sotto il profilo degli impianti produttivi, con quelli centralizzati di grandi dimensioni che producono energia dalle fonti più diverse, impianti periferici e altri medio/piccoli diffusi sul territorio, alcuni a uso industriale, alcuni a uso privato. Infine, reti e infrastrutture che collegano la fase di produzione con quella del consumo, con sistemi che possono essere “intelligenti”, come nel caso delle smart grid, o in via di digitalizzazione (smart meter, ad esempio).

In questa dinamica del settore, vale la pena di citare le Cer, le Comunità energetiche rinnovabili, recentemente rilanciate dall’uscita del decreto attuativo in Italia, che stanno diventando un fenomeno di interesse mediatico, anche se la loro sostenibilità economica è ancora in discussione. Nelle intenzioni dell’Europa queste devono portare la produzione dell’energia verso le periferie e l’autoconsumo.

I consumatori finali, dal canto loro, sono spinti al passaggio verso consumi elettrici (riscaldamento a pompa di calore, mobilità elettrica, per citare due esempi), superando man mano il gas come fonte di riscaldamento primaria.

Ciò comporterà non solo una gestione totalmente diversa della rete, progettata in passato su altre premesse, ma anche a una diversa consapevolezza da parte della popolazione.

Le trasformazioni dipenderanno, come velocità, in parte dagli obblighi imposti a livello comunitario, in parte dalla sostenibilità economica e tecnologica delle scelte proposte alla popolazione. E solo se tutti si muoveranno verso lo stesso obiettivo, si potrà realizzare nel concreto una transizione energetica robusta.

Il passaggio verso i consumi elettrici comporterà una gestione diversa della rete, progettata in passato su altre premesse, e una maggiore consapevolezza da parte della popolazione

Al di là di mode e obblighi imposti dall’esterno, la strada verso la sostenibilità e la transizione energetica è senza ritorno, e comporta benefici indiscutibili, per noi, per il Paese e per il futuro dei nostri figli. Ciò implica però certezza dimostrabile degli investimenti e dei relativi ritorni economici. Senza certezze di investimento, senza un’economia di scala che tenda ad ottimizzare i costi e senza una opinione pubblica allineata su obiettivi condivisi, la transizione sarà lenta e complicata, con evidenti rischi di competizione rispetto a Paesi più agili e veloci del nostro.

Pniec, il nostro punto di vista

Nell’ambito della revisione del Pniec, sussistono alcune posizioni e azioni che ci sentiamo di suggerire e che abbiamo portato all’attenzione dei decisori.

Innanzitutto, una riassegnazione delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici, attraverso una negoziazione su investimenti, canoni e iniziative a favore dei territori. La durata dei titoli concessionari va infatti adeguata alla media europea, che si aggira sui 60-90 anni. In Italia si arriva a 30 anni, ma in alcune regioni si scende anche a 15. In tal modo si guarderebbe allo sviluppo di una strategia pluriennale, mantenendo nel Paese il controllo degli impianti.

La durata delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici andrebbe allineata alla media europea, che si aggira sui 60-90 anni, mentre in Italia si arriva a 30

La seconda azione riguarda la semplificazione del permitting, con l’obiettivo di accelerare la creazione di nuovi impianti di energia rinnovabile, dato l’importante ruolo assegnato alle energie da fonti rinnovabili-Fer nel processo di decarbonizzazione e nel raggiungimento degli obiettivi al 2030. Ad esempio, razionalizzando la disciplina sulle autorizzazioni attraverso la creazione di un “Testo Unico” sul permitting di progetti Fer. Inoltre, sburocratizzando a livello territoriale per mantenere entro limiti temporali precisi la concessione dei permessi (attualmente la durata media per le autorizzazioni è 5 anni per gli impianti eolici ed oltre 1 anno per i fotovoltaici).

Quindi, occorrerebbe introdurre l’obbligo per le nuove costruzioni di prevedere l’autoproduzione e incentivi per sviluppare mobilità elettrica pubblica e privata.

Quanto al nucleare, intendiamo dare uno specifico contributo allo sviluppo del Piano strategico nazionale del nucleare, partecipando al Tavolo lanciato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Infine, altri due punti importanti che rispondono agli obiettivi di sicurezza energetica e integrazione delle infrastrutture.

Il riconoscimento del ruolo strutturale del capacity market per la sicurezza energetica del Paese implica che si prosegua con lo strumento delle aste del capacity market per garantire una maggiore stabilità e adeguatezza del sistema, prevedendo inoltre adeguati livelli di remunerazione.

Poi, le infrastrutture intelligenti (micro/smart grid) e i progetti integrati (Battery energy storage systems – Bess), che svolgeranno sempre più un ruolo cruciale nel catalizzare, se non anticipare, la transizione energetica favorendo da un lato la crescente generazione da fonti rinnovabili e dall’altro l’elettrificazione degli usi finali dell’energia.

Dal punto di vista strategico, infine, riteniamo necessario il consolidamento di una classe di manager – attraverso attività di formazione specifica e certificazione – che supporti lo sforzo della transizione energetica in ambienti tra loro diversi e non abituati, oggi, a lavorare in modo integrato. E ciò vale per la Pubblica amministrazione, che su smart city e digitalizzazione si muove spesso in modo disordinato e senza un supporto manageriale adeguato. Ma vale anche per le Pmi, tessuto industriale fondamentale del Paese, spesso poco managerializzate e in difficoltà nel percorso verso la sostenibilità.

Per questo stiamo elaborando un progetto per la creazione e certificazione degli Energy transition manager – Etm, con profilazione delle competenze e introduzione della figura dell’Etm tra i profili gestiti in ambito Federmanager-BeManager.

È infatti necessario creare gestori in grado di supportare tutti i protagonisti del cambiamento che ci attende, con le opportune competenze sia di tipo tecnologico sia strategico. Queste figure devono essere a un livello alto e devono essere spese nei punti nevralgici del sistema decisionale. E solo un sistema manageriale è in grado di farle crescere, certificarle e contribuire al loro inserimento dove serve.

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