Circa 96 miliardi di euro l’anno. + 2,9% di crescita. Aumento dell’occupazione (specie giovanile) dell’1,5%. Effetto moltiplicatore, per una filiera complessiva di 265,4 miliardi di euro. Esiste un’altra Italia: giovane, colta, cosmopolita, in crescita. È l’Italia delle industrie culturali.
Tra queste, l’editoria è da sempre l’ambito che si è distinto per forza industriale: la filiera, tra editori (quasi 5 mila), stampatori, cartiere, legatorie, sviluppatori di software, conta decine di migliaia di imprese, classificandosi come il settore culturale industrialmente più “pesante”, seguito a stretto giro dall’industria dei videogiochi e dei software (solo al terzo posto cinema, radio e tv, a differenza di quanto viene percepito dai non addetti ai lavori).
Il dato non stupisce. Non dimentichiamo che la seconda scoperta fondamentale per la storia dell’umanità, dopo il fuoco, è stata proprio la scrittura (prima ancora della ruota, che è avvenuta 500 anni dopo): siamo animali culturali e abbiamo trasmesso le nostre competenze e costruito il progresso attraverso la parola scritta. E proprio per questo, anche se quando si parla di libri il pensiero corre subito ai romanzi, la parte più consistente del mercato (e del fatturato) è costituita proprio dalla non fiction: editoria scolastica e professionale, saggistica, riviste di settore. In altre parole, la parte più solida dell’editoria è costituita dai contenuti messi a disposizione per un’Italia che studia e si aggiorna.
In questo risiede il valore strategico dell’editoria: gli editori sono aziende che producono un oggetto di un enorme valore immateriale.
Sostenere l’industria editoriale significa quindi contribuire direttamente all’alfabetizzazione e alla preparazione professionale e culturale dei cittadini, ovvero al progresso della società.
Sinora, nonostante tutti gli sforzi (sacrosanti, peraltro) per promuovere la lettura e per sostenere le vendite dei libri, in Italia non era mai stato organizzato un grande evento che mettesse a sistema tutta la filiera in un’ottica di business e formazione, un approccio che all’estero si verifica più di frequente (si consideri che l’Italia è al quarto posto in Europa come peso del comparto editoriale).
Sostenere l’industria editoriale significa contribuire alla preparazione professionale e culturale dei cittadini, quindi al progresso della società
In parte questo si è verificato perché gli editori si incontrano tra loro a margine delle fiere nazionali e internazionali e frequentano diversi programmi di business.
Tuttavia, a queste occasioni che restano preziose va aggiunto un approccio sistematico che valorizzi in maniera puntuale le professionalità di settore: centinaia di competenze specifiche, da quelle più prettamente artigianali a quelle manageriali, che hanno bisogno di un confronto organizzato.
The Publishing Fair (22-24 novembre 2019 a Torino) ha proprio l’obiettivo di colmare questa lacuna, creando un luogo in cui l’industria editoriale possa fare business e confrontarsi, per costituire il complemento di tutte le altre grandi fiere presenti in Italia, in un’ottica di valorizzazione reciproca del sistema-libro.
E a proposito di managerialità, l’editoria vanta un altro felice primato: le figure apicali femminili sono oltre il 22% del totale, a fronte di comparti come il manifatturiero in cui le donne ricoprono un ruolo dirigenziale solo nel 4% dei casi. Da ogni punto di vista, quindi, sostenere i processi dell’industria editoriale significa contribuire fattivamente al successo industriale del Paese.