Con grande piacere intervengo all’Assemblea nazionale di Federmanager. Il mio messaggio è rivolto ai manager, “spina dorsale” dell’industria italiana, ai quali porgo i miei auguri più sinceri.
Di fronte alle trasformazioni della tecnologia, della robotica, della digitalizzazione e di fronte anche a sfide come quelle della sostenibilità e dell’economia circolare, la funzione manageriale è destinata ad assumere una centralità e una responsabilità ancora maggiore. Per questo motivo è di primaria importanza il ruolo che Federmanager svolge a livello nazionale, ed è importante altresì che si misuri con grandi temi dello sviluppo del Paese mettendo al centro la dimensione europea. Perché non c’è futuro e sviluppo per l’Italia fuori dal processo dell’integrazione europea, così come non c’è un’Europa forte e coesa senza un’Italia attiva politicamente ed economicamente.
Esprimo a tal proposito forte apprezzamento per le chiare e nette parole del presidente Stefano Cuzzilla: “Noi siamo europei”, e mi permetto di continuare dicendo che l’Europa è l’orizzonte minimo in cui ci confrontiamo, poiché costruire l’integrazione europea non vuol dire cedere la nostra sovranità, al contrario condividerla a livello europeo, è la condizione per recuperare questa sovranità e per poterla esercitare in sfide globali sempre più complesse.
Non c’è futuro e sviluppo per l’Italia fuori dal processo dell’integrazione europea, così come non c’è un’Europa forte e coesa senza un’Italia attiva politicamente ed economicamente
Il quadro della situazione però è, ad oggi, allarmante: infatti, le recenti previsioni economiche della Commissione europea hanno evidenziato un rallentamento dell’area euro che sconta le incertezze del quadro internazionale e mostra anche una significativa sensibilità all’andamento della domanda estera. Le previsioni della Commissione hanno poi indicato, purtroppo, che la situazione dell’Italia è ancora peggiore: cala il Pil e il debito sale.
In particolar modo, però, ciò che preoccupa e che mi preme sottolineare, è il dato che emerge sugli investimenti: l’Italia è l’unico Paese europeo che segna, qui, un dato negativo. La situazione è dunque estremamente preoccupante in quanto il quadro mostra chiaramente che se l’Europa rallenta, l’Italia è ferma.
Allora i temi che pongo in rilievo sono due: da un lato la sensibilità della crescita alla domanda estera ci deve dire che l’Unione europea deve rafforzare e difendere il multilateralismo, sostenere un’economia globale aperta ma al tempo stesso regolata e basata su criteri di reciprocità. In secondo luogo, è evidente che la priorità è aumentare gli investimenti pubblici e privati, a partire da quelli in reti, innovazione, infrastrutture, che hanno la duplice funzione di alimentare la domanda interna e di rafforzare la crescita potenziale e la produttività.
La priorità è aumentare gli investimenti pubblici e privati, a partire da quelli in reti, innovazione, infrastrutture, che possono alimentare la domanda interna e rafforzare la crescita potenziale e la produttività
Risulta evidente che se si vuole aumentare la domanda interna basata sugli investimenti ciò va fatto attraverso un’azione a livello europeo, e per questo dobbiamo impegnarci per il rafforzamento del processo di integrazione europea: non solo attraverso più investimenti comuni, ma con il completamento e la riforma dell’area euro, per l’introduzione di un bilancio della zona euro che svolga una funzione di stabilizzazione macroeconomica, il completamento dell’unione bancaria e la costruzione di un’unione del mercato dei capitali in modo tale da avere la differenziazione delle fonti di finanziamento.
Tutto ciò richiede un impegno e una battaglia non contro l’Europa ma dentro e per l’Europa. A tal proposito desidero congratularmi con le organizzazioni produttive dell’industria e del lavoro che hanno firmato un appello riguardante questi temi, un documento che condivido pienamente e che definisco molto interessante, e che individua la stessa priorità che è al centro del programma dei progressisti europei: un piano straordinario di investimenti europei in infrastrutture, reti, innovazioni e sostenibilità.
Le battaglie da affrontare e le prospettive future, però, richiedono affidabilità e chiarezza nella direzione di marcia, altrimenti prevale un’Europa egoista e nazionalista, al contrario, soprattutto noi come Italia, necessitiamo di credibilità.
La sfida più significativa risulta comunque essere quella che concorre all’europeizzazione della nostra società civile, costruendo in tal senso basi solide, date da ruoli attivi, in primis dell’Italia, per una reale democrazia europea.
Ringrazio Federmanager, a nome del Parlamento europeo e della Commissione economica e monetaria, che si proietta come parte integrante di quest’importante sfida.