Buongiorno a tutti e grazie per l’invito. Saluto il presidente Cuzzilla, e con lui i vertici di Federmanager, i rappresentanti delle associazioni di categoria e tutti i presenti.
Sono felice di essere qui con voi a condividere alcune riflessioni che toccano tutti noi – imprese, manager e istituzioni – molto da vicino. Il tema di oggi è ampio e ambizioso: la costruzione del futuro economico e produttivo del nostro Paese.
Leggendo il titolo di questo convegno mi sono tornate alla mente le parole del grande Montanelli in un’intervista di fine anni ’90: “Se tu mi chiedi cosa sarà il domani per gli italiani, forse sarà un domani brillantissimo. Per gli italiani, non per l’Italia. L’individualità italiana si può benissimo affermare in tutti i campi, anche scientifici. Io sono sicuro che gli scienziati italiani, i medici italiani, gli specialisti italiani, i chimici, i fisici italiani quando avranno a disposizione dei gabinetti europei veramente attrezzati brilleranno. Gli italiani, l’Italia no. L’Italia non ci sarà, non c’è.”
Ecco, io credo che noi oggi siamo qui con la consapevolezza di dover impedire che questa profezia si avveri cercando, insieme, un percorso che restituisca all’Italia quella dimensione socio-economica complessiva che merita, garantendo agli italiani opportunità professionali all’interno di un sistema fondato sul rispetto di valori comuni e condivisi.
Il nostro Paese ha conosciuto, a partire dagli anni ’50 e ’60 e fino alla fine degli anni ‘90, una stagione di grande crescita. Un Paese non privo di criticità ma ottimista, sede di grandi gruppi industriali, nazionali e internazionali, con un tessuto di imprese medio piccole che lavoravano basandosi sull’indotto delle grandi aziende e sulla domanda del mercato interno, oltre che sull’export.
L’Italia era per i manager il Paese ideale dove crescere e fare carriera, in un contesto favorevole allo sviluppo delle capacità gestionali delle imprese. Progressivamente però le aziende estere hanno cessato di credere nel Belpaese relegandolo molto spesso al ruolo di mercato da sfruttare, non nel quale investire. Troppo spesso le grandi industrie italiane hanno abbandonato il Paese, sono state acquisite da gruppi esteri o hanno pesantemente delocalizzato, e di italiano ormai hanno solo il certificato di nascita dell’imprenditore. E tutto ciò si è riverberato sul tessuto delle Pmi.
Abbiamo di fronte due importanti sfide: la capacità di internazionalizzare guardando ai mercati esteri e la capacità di imparare a fare “rete” costruendo sinergie tra Pmi
La crisi economica mondiale che ha toccato tutti i principali paesi industrializzati, a partire dal 2008, ha costretto istituzioni e mondo imprenditoriale a confrontarsi con scenari economici complessi e sfavorevoli. Si è assistito allo sconvolgimento del mondo del lavoro, creando disoccupazione e instabilità in ogni ambito, a qualunque livello e indipendentemente dalla qualifica del lavoratore.
Operatori di call center, così come amministratori delegati di multinazionali, si sono trovati nella condizione d’inventarsi un nuovo lavoro in un mercato in grande sofferenza e senza più garanzie. Per non parlare della triste cronaca di imprenditori che hanno rinunciato finanche alla vita.
In questo scenario le Pmi hanno dimostrato, pur con enormi difficoltà, maggiori capacità di adattamento. Puntando sulla diversità e capacità di creare prodotti straordinari, le Pmi sono state in grado di stupire per vitalità e capacità di inventarsi, nonostante tutto, sempre un futuro.
È proprio il terreno delle Pmi a rappresentare un’opportunità di riscatto per il Paese, le istituzioni e il mondo dei manager, attraverso due importanti sfide che abbiamo di fronte: la capacità di internazionalizzare guardando ai mercati esteri e la capacità di imparare a fare “rete” mettendo le sinergie a fattore comune.
Oltre a queste sfide che vorremmo definire “esterne”, ce n’è anche una, “interna”, che è forse la più complessa: quella di managerializzarsi, ovvero affiancare al patrimonio di tradizione ed esperienza tipico delle aziende di famiglia le professionalità manageriali che consentono di cogliere le opportunità del mercato economico di oggi e di domani. La disponibilità di tanti bravi, esperti conoscitori degli schemi di gioco di business globali, rappresenta un’occasione irripetibile per portare nelle nostre Pmi competenze preziosissime e oggi assenti.
In questo scenario la politica e le istituzioni hanno il compito di fornire tutti gli strumenti e le condizioni per una crescita solida ed una equa redistribuzione della ricchezza lungo due direttrici: la promozione delle esportazioni e l’aumento della domanda interna.
Il governo ha varato il piano straordinario 2019 per l’export, stanziando 420 milioni di euro nel triennio, per la promozione delle nostre imprese in tutto il mondo. L’obiettivo è quello di concentrare le risorse nei paesi che si caratterizzano per un alto potenziale di export attraverso strumenti come la blockchain, che garantiscono la tracciabilità del made in Italy, e le iniziative per la valorizzazione delle nostre eccellenze.
L’esperienza degli scorsi anni ci ha dimostrato che solo l’export però non basta, le tensioni economiche a livello internazionale rendono anche necessaria una domanda interna stabile. Alla crisi del 2008 non si è risposto con politiche adeguate a rilanciare consumi e investimenti nazionali. Vogliamo quindi più export, ma è al contempo necessario affermare un modello di crescita che si basi maggiormente sull’aumento della domanda interna. A livello italiano ed europeo.
Crediamo fortemente nell’Europa, ma è proprio per difenderne gli ideali che vogliamo cambiarla in meglio. Le imminenti elezioni europee rappresentano uno snodo fondamentale per archiviare la fase dell’austerity e intraprendere con decisione la strada della crescita anche in Europa. L’introduzione del salario minimo a livello europeo è una condizione indispensabile per ridare impulso alle economie nazionali ed evitare concorrenze sleali.
La stessa misura del reddito di cittadinanza ha come obiettivo quello di aiutare chi è più in difficoltà a inserirsi nel mercato occupazionale, dare slancio ai consumi ma anche promuovere il diritto al lavoro dei cittadini, consentendo a tutti di concorrere alla crescita sociale.
Abbiamo approvato il decreto crescita e lo sblocca-cantieri per rilanciare proprio la domanda interna, sostenendo le realtà produttive e investendo nelle infrastrutture strategiche per il Paese. Con due distinte misure, che ho fortemente voluto fossero approvate, abbiamo destinato 900 milioni di euro ai Comuni per aprire cantieri diffusi in tutto il territorio destinati alla messa in sicurezza e allo sviluppo sostenibile. È evidente che il dibattito deve concentrarsi sulle opere utili al sistema-Paese, che abbiano un impatto certo, immediato e lungimirante sullo sviluppo economico e sulla qualità della vita dei cittadini.
La sburocratizzazione, portata avanti con il decreto semplificazioni, è un nostro impegno altrettanto concreto teso a facilitare la vita alle aziende e ad agevolare chi dà impulso alla nostra economia.
L’obiettivo fondamentale da perseguire dev’essere quello di sprigionare le energie positive dell’Italia e il ruolo esercitato dai manager è fondamentale per valorizzare tutte le potenzialità del Paese.
La grande qualità della dirigenza italiana è uno dei fattori che negli anni più ha contribuito alla crescita, rendendoci tra i leader mondiali nel settore manifatturiero e dell’industria. Molti sono stati i manager che, mettendo le proprie competenze al servizio del Paese, hanno saputo dare nuovo impulso all’economia. Fra questi, mi piace sempre ricordare Adriano Olivetti, imprenditore e manager illuminato, che rappresenta certamente un punto di riferimento comune.
La sua filosofia si basava anzitutto sulla valorizzazione della dimensione umana come elemento fondamentale per il successo aziendale. Olivetti di fatto ha posto la questione della responsabilità etica dell’impresa nei confronti della propria comunità ed è questa un’eredità imprescindibile di cui tutti dobbiamo farci carico.
La consapevolezza che deve unirci è quella della stretta correlazione tra sviluppo sociale e sviluppo economico, tra sostenibilità e crescita. Come governo abbiamo impresso una svolta decisa alle politiche di sviluppo nella direzione della tutela ambientale, a partire dagli incentivi per il risparmio energetico e la riqualificazione degli immobili, dai finanziamenti agevolati e dai contributi diretti per l’economia circolare, sino ai bonus per lo sviluppo della mobilità sostenibile.
Per la prima volta tutela ambientale e successo dell’impresa vanno di pari passo. Una crescita compatibile con la salvaguardia dell’ambiente, quindi, non solo è doverosa sul piano etico, ma anche auspicabile sotto il profilo delle prospettive future di sviluppo e di guadagno.
Il ruolo esercitato dai manager è fondamentale per valorizzare tutte le potenzialità del Paese.
L’obiettivo da perseguire dev’essere quello di sprigionare le tante energie positive
La sostenibilità sul piano della tutela ambientale deve però affiancarsi alla sostenibilità sul piano economico dell’impresa. Per questo è necessario creare le condizioni fiscali che consentono al tessuto produttivo di crescere.
La promozione della compatibilità socio-ambientale dello sviluppo, negli sforzi di questo governo si sviluppa parallelamente all’impegno per ridurre la pressione fiscale, che abbiamo già avviato e intendiamo proseguire in un percorso condiviso tra le istituzioni e il mondo dell’imprenditoria.
In questo quadro il ruolo del management è di particolare rilievo perché può indirizzare le politiche gestionali delle imprese nella giusta direzione. Il mondo dei professionisti dirigenziali oggi ha di fronte a sé un compito ineludibile, che rappresenta una grande opportunità: quello di guardare al domani e affrontare un mercato sempre più globalizzato.
È necessario sviluppare due punti di forza del tessuto produttivo, ai quali ho fatto riferimento in premessa parlando di internazionalizzazione e di tendenza a fare rete. Alle nostre imprese servono resilienza e resistenza, capacità di adattarsi e di fare massa critica.
Quanto alla capacità di guardare a nuovi mercati, l’innovazione è un tema cruciale. Il voucher per l’innovation manager promosso dal nostro governo, che è in fase di attuazione, stanzia 40 mila euro a ogni azienda al fine di favorire i processi di trasformazione digitale essenziali per investire nell’internazionalizzazione.
Accanto all’innovazione c’è il tema della necessità di formare nuovi manager. L’attuale ambito della governance esprime molti talenti che, in virtù dell’esperienza e della competenza maturate, contribuiscono in maniera determinante allo sviluppo dell’Italia.
È necessario però uno sforzo sempre maggiore per tramandare il proprio know how alle nuove generazioni, formando una nuova classe di dirigenti che possa traghettare l’economia, l’industria e tutto il sistema-Paese verso le sfide del nostro futuro.
Esprimo particolare apprezzamento per l’impegno nella formazione da parte di Federmanager, che dimostra grande attenzione al tema della crescita professionale. Dal canto suo, con il piano formazione 4.0, il governo intende stimolare le imprese a investire in quest’ambito.
Insieme alla resilienza occorre, come dicevo, la capacità di resistere in un contesto ad alto tasso di concorrenzialità. È necessario a tal fine favorire fenomeni di aggregazione tra le imprese, indispensabili nel mercato globalizzato, e aumentare la competitività facendo rete e sinergia.
Oltre al già citato Piano straordinario per l’export, va in tal senso va il progetto Impresa 4.0 che dimostra gli sforzi del governo per sostenere le realtà produttive che consentono al Paese di crescere, competere, generare nuove opportunità di lavoro e creare sviluppo su tutto il territorio. La Via della seta è un altro grande esempio del nostro impegno per aprire nuovi mercati a favore delle imprese italiane e creare l’opportunità per attrarre tutti insieme nuovi investimenti.
Abbiamo destinato 900 milioni di euro ai Comuni per aprire i cantieri.
Concentriamoci sulle opere utili, che hanno un impatto certo e lungimirante sullo sviluppo economico e sulla qualità della vita dei cittadini
Il governo ha la piena volontà di lavorare con il mondo produttivo per un’Italia sempre migliore. Un’Italia che metta al centro il benessere collettivo, la crescita diffusa, la valorizzazione di tutte le nostre eccellenze che ci possono rendere sempre più protagonisti nel mondo. Un’Italia che produce, che fa squadra, un’Italia che cresce insieme come comunità.
Noi continueremo a lavorare, come manager dell’Italia, per consolidare questi obiettivi e saremo sempre al fianco di tutte le professionalità che vogliono costruire con noi una stagione di rinnovamento e di rilancio del Paese.