Abbiamo perso 5 mila manager dal 2011 ad oggi. Parliamo del 7% del totale dei manager industriali, quelli che sono assunti con il contratto sottoscritto da Confindustria e Federmanager per le aziende produttrici di beni e servizi. Non sono pochi, ma poteva andare peggio. È andata peggio infatti tra il 2011 e il 2015, nel periodo in cui la crisi viveva la fase più acuta. In quegli anni l’emorragia era conseguenza della sofferenza del tessuto imprenditoriale: il numero di imprese industriali in caduta libera, fatturati in calo, occupazione ai minimi storici.
La novità del 2018 è che la dirigenza industriale, invece, sta tenendo nei numeri. Oggi contiamo oltre 70.500 manager in servizio, un dato conforme a quello registrato nel 2017 e sostanzialmente in linea con il censimento del 2014 quando, appunto, il nostro Pil è tornato positivo (grafico 1).
Grafico 1. Manager industriali – Andamento 2011 – 2018
Fonte: Elaborazione Federmanager su dati Inps
Abbiamo tratteggiato una fotografia del management industriale, analizzando i dati di fonte Inps. La tenuta occupazionale risulta prevalentemente effetto degli investimenti in capitale umano delle aziende più strutturate e ha riguardato in maggior misura la fascia di età degli over 55.
Lato azienda, nel complesso, il numero delle aziende industriali è tornato a crescere, seppur lievemente, registrando un +0,8% nell’ultimo anno e un + 1,2% nel triennio 2016-2018 (grafico 2).
Grafico 2. Imprese industriali – Andamento 2011 – 2018
Fonte: Elaborazione Federmanager su dati Inps
Scopriamo che l’assunzione o la nomina di manager avviene nelle realtà industriali di grande e media dimensione. I dati che abbiamo analizzato indicano che è in atto un significativo processo di selezione tra le imprese industriali, a partire dall’anno 2016 in cui si sono avviati gli incentivi previsti dal piano Impresa 4.0.
Sembra sussistere un collegamento tra l’introduzione di misure di agevolazione per investimenti in tecnologia e fattori abilitanti che sono state avviate a livello di politica industriale generale e la fiducia delle imprese verso l’acquisizione di nuove risorse e nuove competenze.
Le imprese che affrontano con successo la sfida 4.0 sono state quelle di dimensioni più grandi, dove già era presente una forza manageriale, che aumenta. Lo conferma anche il trend crescente del numero medio di manager per azienda con almeno un dirigente: nelle aziende in cui era già attivo almeno un manager, il numero medio dei manager è passato dai 4,04 del 2011 ai 4,52 del 2018.
Al contrario, le Pmi, sebbene tengano nel numero complessivo, sono più esposte ai rischi della trasformazione e sempre più di frequente prive di managerialità.
Lato manager, il quadro tracciato mostra ancora un vantaggio per la fascia di età over 50 e over 55. Nel 2018, i manager con più di 55 anni sono il 37% del totale contro il 5% degli under 40.
In continuità con quanto osservato nelle analisi condotte negli anni precedenti, si conferma il fatto che le imprese che operano in Italia premiano maggiormente l’esperienza, mentre i più giovani faticano a ottenere l’avanzamento di carriera in tempi rapidi. Confermato anche il basso tasso di coinvolgimento delle donne ai livelli apicali. Le donne manager costituiscono appena il 14% del totale (grafico 3).
Tuttavia, nonostante il decremento complessivo del periodo 2011-2018, le donne manager aumentano, seppur di poco, la loro presenza, passando dall’11% nel 2011 al 14% nel 2018.
Possiamo credere che sia un fenomeno da guardare con interesse, che disegna una curva esponenziale legata all’incremento della presenza femminile nella fascia di età più giovane.
In prospettiva, dunque, considerando la graduale uscita delle generazioni over 55 dal mondo del lavoro, il numero di donne manager promette di rappresentare una quota più consistente della popolazione totale.
Grafico 3: Manager industriali donne – Andamento 2011 – 2018
Fonte: Elaborazione Federmanager su dati Inps
Ultima osservazione. Il management industriale è per lo più concentrato nel nord Italia, con una evidente presenza nel nord ovest, in cui è ricompresa la Lombardia, e meno nel nord est, tradizionalmente composto da un vivaio di Pmi che sono sì vivaci, ma anche meno managerializzate. Preoccupa però che nel Mezzogiorno il trend sia discendente da anni. La frattura del Paese infatti pare accentuata anche dall’andamento occupazionale dei manager: sud e isole, rispetto al 2011, contano 950 manager in meno.
Sono dati in linea con gli scenari industriali disegnati da molti istituti di ricerca economica e certificano il grande sforzo del nord del Paese per uscire definitivamente dalla crisi, a cui si contrappone lo stato di difficoltà che ancora caratterizza il nostro Mezzogiorno (grafico 4).