La nostra azienda attualmente si trova ad affrontare un doppio cambiamento: il primo deriva dalla decisione di costituire una one-company, che sicuramente rappresenta una scelta indispensabile, soprattutto per raggiungere quella massa critica necessaria a competere sui mercati internazionali; l’altro cambiamento è di tipo culturale, necessario per stare al passo con il processo di innovazione che sta coinvolgendo tutti player stranieri.
Tutte le aziende Finmeccanica hanno sviluppato una propria territorialità, una propria indipendenza e, di fronte a questo duplice cambiamento, condividere competenze e risorse è tutt’altro che semplice.
Con una forza di 10 mila ingegneri che si occupano di progettazione e un portfolio prodotti davvero molto ampio, che genera un reddito per l’azienda ma che richiede anche una forte capacità di innovazione, dobbiamo mettere a fattor comune questa capacità tecnologica potenziale e riversarla in risultato nelle singole progettualità, là dove serve.
Questa è una grande sfida e i manager hanno un compito fondamentale: devono essere agili, devono capire le necessità e le opportunità, introdurre innovazione tecnologica in tutti i prodotti per mantenere uno stato dell’arte e far sì che siano sempre competitivi.
Sul concetto di competitività dobbiamo un po’ differenziare: da un lato, c’è l’aspetto di competitività vera, quella connessa alla capacità del prodotto di trovare un cliente, di attrarlo e di possedere delle caratteristiche di performance interessanti e, dall’altro lato, c’è la competitività che deriva dall’aspetto della redditività di quei prodotti.
Non possiamo pensare che il prezzo si costruisca sulla base del costo sostenuto per realizzare il prodotto. Piuttosto, esiste un punto fisso che è rappresentato dal quanto i clienti sono disposti a spendere per quel prodotto. Quindi la variabile su cui lavorare, e questa è la sfida per i team di progettazione, è individuare il migliore costo del prodotto che si sta progettando.
Con l’evoluzione rapidissima che stiamo attraversando, le opportunità di fare value costing sono molte: la presenza di nuovi materiali che hanno caratteristiche inimmaginabili consente di sfruttare al meglio tutti gli ambiti ad alta tecnologia. Dalla manifattura addittiva al trade printing, si aprono vere rivoluzioni in campo produttivo.
Industry 4.0 sta spostando l’accento da quei prodotti che erano stand-alone, fisicamente installati in qualche ambiente, alla connessione in cloud, dove è possibile accedere a molti dati sul loro funzionamento, consentendo di fare analisi di tipo prognostico. Tutto ciò dà la possibilità non solo di migliorare nel tempo la performance del prodotto o renderne più sicuro l’impiego, ma anche di offrire servizi di manutenzione e di assistenza diversi, basati sulla capacità di prevedere cosa succederà.
Ecco, se questo flusso di informazioni viene esteso, si liberano risorse per fare altri progetti e si riduce il time to market, che è l’altro grosso vantaggio. In un contesto dove è richiesta grande agilità, il tempo di introduzione di prodotti anche complessi che hanno magari un ciclo di vita di cinque – sei anni, come nel caso di velivoli, ridurlo anche solo di uno o due anni significa realizzare un vantaggio competitivo immenso.
Le preoccupazioni sulla produttività e sulla conseguente riduzione di occupazione legate all’avvento di Industry 4.0 non sono difatti da alimentare: servono piuttosto risorse pregiate e non ce ne sono mai abbastanza.
Quando parlo di team di progettazione non parlo certo di una prerogativa della funzione ingegneria: quello del futuro è un lavoro di squadra dove l’ingegneria siede accanto alla funzione procurement.
La soluzione è la costruzione di team di progettazione che non siano isolati nel silos di una funzione e possano traguardare gli obiettivi del prodotto in modo sereno rispetto a quelli che sono il contesto e lo scenario di mercato competitivi nel quale il prodotto andrà a operare.