Anche quest’anno l’ormai consolidato incontro di primavera VISES/ Federmanager, in collaborazione con l’Università LUISS – Guido Carli, ha affrontato un tema-chiave della nostra vita collettiva: quello dell’innovazione sociale che sale “dal basso” e che evoca la voglia di reagire e di costruirsi un altro pezzo di futuro.
Il sociale è ormai rientrato a pieno titolo nell’economia, da cui era stato marginalizzato dall’ondata precedente, trainata dal “pensiero unico” economico, globalizzante ed ipercompetitivo.
La resilienza rispetto all’impatto che ha avuto la crisi da parte degli individui, delle famiglie, delle imprese e delle associazioni ha contribuito a cambiare gli stili di vita, i modelli di business e anche le iniziative sociali.
Quello che serve oggi è prendere atto innanzitutto del “molto” che già esiste in tema di innovazione sociale dal basso e di una significativa “spinta alla restituzione”, vale a dire un atteggiamento etico che si sta diffondendo quale componente essenziale del nostro stare insieme, dopo l’ubriacatura precedente per una competizione individualistica fuori misura. Lo stesso progetto dedicato ai Manager Innovatori, promosso da VISES/Fondirigenti, ha dato segnali inequivocabili in tal senso.
Ma serve anche prendere atto di alcune esigenze che possono aiutare la costruzione di un ciclo del NOI di cui si avverte il bisogno dopo l’esaurirsi degli eccessi del ciclo dell’IO, come ad esempio:
- l’esigenza di portare “in alto” l’attivismo che è nato (e che nasce) “in basso”, contribuendo a mettere a sistema il molto che già si fa negli ambiti più diversi;
- l’esigenza di interpretare e di gestire il legame virtuoso che esiste (ma che può ancora crescere) tra sociale ed economico: sul piano di nuovi servizi più a misura dei cittadini (ad esempio in termini di Neo-Welfare), di promozione di nuova occupazione nel sociale a fronte di una realtà economica che, anche in prospettiva, si presenta come labour saving, di sostegno a nuovi professionismi che nascono da un neo-sociale ben gestito;
- l’esigenza di riconoscere e di interpretare modalità nuove di azione in cui si rovescia il rapporto tradizionale pubblico/privato in favore di un rapporto privato/pubblico: perché le risorse pubbliche sono sempre più limitate, perché le istituzioni finiscono con l’essere troppo distanti per registrare bisogni e attese nuove che emergono dalla società, perché lo stesso sociale deve trovare una modalità maggiormente evoluta e responsabile di presenza all’interno della convivenza collettiva (all’insegna di un neo-sociale e non di un nostalgico e sterile neo-statalismo).
Ormai è evidente come la realtà abbia fatto giustizia delle nostre vecchie Mappe Mentali, anche per quanto riguarda il rapporto tra il sociale e l’economico. E questo richiede di saper stare quotidianamente all’interno dei processi in atto e del loro sviluppo, mentre il sociale cerca proprie forme autonome di organizzazione, non di rado anticipando soluzioni utili per tutti.
Sta alle classi dirigenti inserirsi opportunamente in questo flusso di azione e non solo di idee, che prefigura alcuni elementi del ciclo nuovo, nel quale la stessa figura del manager può giocare un ruolo di traino e di accompagnamento evoluto se riesce a interpretare le forze in movimento dentro l’azienda e al di fuori di essa.
*Presidente Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema