Uno dei temi fondamentali, affrontati dal nuovo contratto, è quello della formazione, divenuta non solo un diritto, ma un valore. Questa è un’opportunità straordinaria: si potrà puntare su strumenti utili per la crescita delle imprese e delle persone incrementando il periodo lavorativo di vecchie generazioni c’è meno spazio per quelle nuove, ma c’è anche più tempo per avvalersi di saperi preziosi e trasferirli alle nuove leve. Dovrebbero essere introdotti strumenti incentivanti e agevolazioni per affiancare chi ha maggiore anzianità di servizio a chi ne ha meno, creando un circolo virtuoso. So che è molto complicato, ma è l’unica strada possibile.
Presidente Dal Poz, in un recente contributo per Agenda Digitale ha parlato della necessità di diffondere la cultura dell’innovazione: quali sono i capisaldi e quali gli strumenti che abbiamo a disposizione?
Una delle conseguenze della lunga crisi economica che abbiamo attraversato è stata la tendenza, da parte delle imprese, a chiudersi. Ancora oggi, nonostante i segnali positivi che cominciamo a rilevare, non è stato recuperato il 24% della capacità produttiva metalmeccanica rispetto al 2007.
In questo scenario, era difficile immaginare che un imprenditore fosse sempre in grado di proporsi sui mercati internazionali e di destinare una parte delle risorse finanziarie all’introduzione di elementi innovativi. Ora però abbiamo a disposizione una serie di strumenti utili: da una parte c’è il piano Industria 4.0, con delle agevolazioni fiscali significative che si inseriscono in uno scenario di mercato in crescita. Inoltre abbiamo introdotto un profondo cambiamento culturale che è il Rinnovamento Contrattuale.
Uno dei temi fondamentali, affrontati dal nuovo contratto, è quello della formazione, divenuta non solo un diritto, ma un valore. Questa è un’opportunità straordinaria: si potrà puntare su strumenti utili per la crescita delle imprese e delle persone. Piuttosto, c’è da lamentare un ritardo nell’introduzione di alcuni di questi strumenti. In altri Paesi esistono corpi intermedi, soggetti che hanno questa mission e che si pongono come naturale collegamento tra il mondo accademico e quello delle imprese. In Germania, ad esempio, c’è il Fraunhofer Institute che si occupa di trasferimento tecnologico. Insomma, molta strada ancora deve essere fatta, ma la direzione presa è quella giusta.
L’Industria 4.0 è una trasformazione epocale per il manifatturiero italiano: come stiamo vivendo questo cambiamento? I timori di una riduzione del ruolo umano sono fondati?
Che ci sia un profondo cambiamento nell’approccio, sia metodologico che tecnico è un dato evidente. Che questo si trasformi in una riduzione o in una contrazione della forza lavoro qualificata, invece, è una visione che non mi trova d’accordo.
Anzi, si stanno aprendo delle opportunità vastissime. L’evoluzione in atto è epocale. Con l’introduzione delle prime automazioni alcune mansioni (più ripetitive e poco specializzate) sono state soppiantate, ma si sono create delle industrie parallele: dalla manutenzione dei robot alla personalizzazione della produzione.
Analogamente, l’industria 4.0 modificherà profondamente i profili dei nostri progettisti: gli ingegneri che stanno studiando oggi avranno a disposizione degli strumenti che non esistevano fino a qualche anno fa. Ciò che conta è investire in tecnologie abilitanti: non si tratta solo di acquistare un macchinario nuovo e introdurlo nel sistema produttivo, ma di adeguare le linee alle nuove tecnologie. Far evolvere le competenze è la strada giusta per la creazione di nuove opportunità di lavoro.
C’è anche un problema di ricambio generazionale: qual è la sua opinione sull’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, eccezion fatta per alcune professioni usuranti?
C’è la necessità di mediare tra quelli che sono degli oggettivi bisogni dal punto di vista della bilancia economica del paese e il necessario ricambio dei lavoratori. Ma anche in questo caso la soluzione si può facilmente trovare: la convivenza di queste competenze contribuisce al miglioramento della competitività sul mercato.
È vero che incrementando il periodo lavorativo di vecchie generazioni c’è meno spazio per quelle nuove, ma c’è anche più tempo per avvalersi di saperi preziosi e trasferirli alle nuove leve. Dovrebbero essere introdotti strumenti incentivanti e agevolazioni per affiancare chi ha maggiore anzianità di servizio a chi ne ha meno, creando un circolo virtuoso. So che è molto complicato, ma è l’unica strada possibile.
Tornando al tema della formazione, quali sono le peculiarità dell’iniziativa “Ricomincio da 4”?
Il piano Industria 4.0 è uno strumento così importante di politica industriale che si integra perfettamente con quello scenario di rinnovamento contrattuale e culturale che è stato portato avanti dai metalmeccanici. Ma continuano a mancare, soprattutto nelle Pmi, competenze non soltanto di carattere manageriale.
Siamo appena usciti da una crisi che ha ridotto notevolmente le possibilità di investimento per gli imprenditori. Il progetto “Ricomincio da 4” nasce a valle di un’indagine, fatta da Federmeccanica nel 2015, per valutare la consapevolezza delle nostre imprese nei confronti dell’innovazione 4.0. Ne era emersa, tra i vari dati analitici, un’esigenza di maggiore conoscenza trattandosi di temi articolati e complessi.
Abbiamo creato una task force che si è occupata di promuovere – insieme a Federmanager e con il finanziamento di Fondirigenti – le tematiche funzionali a Industry 4.0 relative alle tecnologiche abilitanti, alle rinnovate competenze necessarie e all’organizzazione del lavoro. Al momento sono coinvolte 100 imprese e 150 manager, a cui si stanno aggiungendo manager inoccupati.
La piattaforma, sarà attiva fino a fine maggio e conterrà contributi di diversa natura. D’altronde, in Italia ci sono circa 30.000 manager, il cui aggiornamento è indispensabile. I manager, infatti, sono nelle aziende un’importantissima cinghia di trasmissione per rendere pervasivi i nuovi principi coinvolgendo tutta la popolazione aziendale. I manager, inoltre, possono svolgere un ruolo importante nei confronti delle piccole imprese, ancora in gran parte prive di skills 4.0.
Infine, un bilancio dell’esperienza di Carlo Calenda a capo del Mise ed eventuali aspettative per le ormai imminenti elezioni politiche.
Non abbiamo mai nascosto la grande soddisfazione per il lavoro del Ministro e per la sua conoscenza delle imprese del manifatturiero. Apprezziamo, inoltre, il fatto che abbia voluto prorogare il Piano anche per il 2018, mettendo l’accento sul tema della formazione.
La nostra speranza è che il lavoro del ministro Calenda non si esaurisca entro i prossimi 14 mesi, ma che diventi qualcosa di strutturale. Per quanto riguarda le prossime elezioni, l’auspicio è di vedere l’industria manifatturiera e metalmeccanica al centro dell’agenda di governo. Chi l’ha fatto (come la Germania) ha performato meglio. Non dobbiamo dimenticare che il manifatturiero costituisce oltre il 50% del nostro export ed è una colonna portante del Made in Italy.
* giornalista