L’intelligenza artificiale è ormai ben oltre un avveniristico orizzonte delineato da suggestioni tecnologiche: è parte integrante del nostro presente e porta di ingresso verso una fase matura dei processi di digitalizzazione.
L’IA sta infatti ridefinendo tempi e modi di produzione, assetti organizzativi e flussi di comunicazione.
Come spesso accade nelle fasi di cambiamento epocale, vi è però il rischio concreto di oscillare tra visioni apocalittiche, che descrivono l’IA come una minaccia allarmante, e l’entusiasmo ingenuo di chi esalta le novità “a priori”.
Ma la vera sfida – e da manager lo sappiamo bene – è quella di governare la transizione, interpretando con lungimiranza le opportunità e le criticità che si manifestano.
La via da seguire è certamente quella di un modello “Human First”, concepito per mantenere il ruolo centrale e prioritario delle persone: un grande banco di prova, in questo senso, è rappresentato dal mondo del lavoro, in cui già si registrano trasformazioni di notevole portata.
Autorevoli rilevazioni ci dicono infatti che, tra il 2023 e il 2024, la percentuale di imprese che ha utilizzato regolarmente l’IA è raddoppiata a livello globale, ma il fenomeno si dimostra in ulteriore crescita.
In Italia, come spesso accade, si procede invece a velocità alterne, con le grandi aziende che si stanno strutturando in tempi rapidi e il vasto tessuto delle Pmi, cuore industriale del Paese, che sovente fatica a tenere il passo.
Nelle aziende vi è poi un’altra questione all’ordine del giorno: delegare numerose attività basilari all’intelligenza artificiale rischia di sottrarre ai giovani quelle esperienze formative necessarie per sviluppare il proprio bagaglio di competenze.
Per questo le organizzazioni devono, ancor più oggi, configurare circuiti virtuosi di conoscenza, una vera e propria “intelligenza collettiva” che individui soluzioni ottimali per trasmettere le esperienze maturate dai senior alle risorse più giovani.
Parallelamente, imperativo strategico diventa investire convintamente in processi di upskilling e reskilling, perché la trasformazione tecnologica modifica il lavoro nella sostanza, ridisegnandone contenuti, competenze e processi operativi.
Anche in questa prospettiva, la nostra Federazione si dimostra una volta di più anticipatrice del cambiamento. Da anni, infatti, tra i nostri profili di certificazione delle competenze manageriali, previsti dal percorso BeManager, vi è quello per Innovation manager, figure capaci di guidare il percorso di transizione tecnologica e digitale delle aziende, con l’obiettivo di aiutarle a crescere e a dimostrarsi competitive su mercati mutevoli.
Da sempre i manager e le loro competenze contribuiscono a guidare lo sviluppo del Paese, quella dell’IA è una nuova prova a cui il nostro sistema è chiamato e sono certo che riusciremo a superarla insieme.
