È una vera maledizione che incombe sul nostro Paese. Ogni giorno muoiono tre persone sul luogo di lavoro. Alla fine dell’anno se ne contano mille. Una cifra impossibile da sopportare. Tanto è vero che tutti si ribellano a questa dannazione. E si cercano prevenzioni, sistemi di allarme, qualcosa che metta fine a questa strage. Ma alla fine dell’anno, inevitabilmente, si raccoglie la stessa cifra, mille persone che la mattina vanno a lavorare, la sera non tornano a casa.
Le responsabilità sono tante, naturalmente, ma è difficile individuare qualcuno al quale effettivamente e concretamente dare questo peso. Sotto accusa c’è sicuramente il sistema degli appalti, questa realtà evanescente per cui qualcuno vince una gara per un’impresa, quale che sia, poi appalta una parte del lavoro a un’altra persona, o azienda, questa a sua volta delega ad altri parte del lavoro. E in questo labirinto si perdono i parametri del buon lavoro, le responsabilità si incrociano, e alla fine ci si ritrova sempre con quel peso enorme, insopportabile.
Mille morti l’anno, ma non bisogna dimenticare gli incidenti non mortali, centinaia di migliaia, che colpiscono pesantemente la persona. Alla base di questo triste fenomeno c’è sempre una sottovalutazione del rischio che si corre. I lavoratori sono i primi a non comprendere fino in fondo la necessità di moltiplicare l’attenzione a come ci si muove. Spesso le norme decretate vengono sopportate con noia, o addirittura non rispettate perché ci si crede sempre immuni, e immortali. Mentre la realtà è ben diversa.
Sostanzialmente alla base di queste tristi evenienze c’è un problema culturale. Una ottima iniziativa, che peraltro temo si sia persa per strada, è stata quella di iniziare a parlare di incidenti sul lavoro e della sicurezza già sui banchi di scuola, addirittura alle elementari. Sono i giovani, meglio i giovanissimi quelli che possono abituarsi a considerare il fenomeno degli incidenti sul lavoro come un’eventualità che può colpire sempre e provocare disgrazie. E di conseguenza assumere spontaneamente gli atteggiamenti atti a salvaguardare la salute.
Anche per questo sembra importante l’accordo che Federmanager ha raggiunto con “Lavoro&Welfare”, un’associazione culturale che segue con attenzione i problemi del lavoro, per far crescere con una serie di iniziative la cultura dell’impegno contro gli incidenti del lavoro. Sarà certamente interessante verificare le strade che questo accordo proverà a percorrere, anche perché le possibilità sono molteplici, puntando alla crescita dell’attenzione e della consapevolezza nei confronti di questi eventi luttuosi.
Dietro l’attenzione dei manager a questo fenomeno c’è sicuramente anche la consapevolezza che gli incidenti sul lavoro, mortali o meno che siano, costituiscono sempre una penalizzazione per l’azienda. In un’epoca in cui il problema principale per un’impresa sul fronte della gestione delle risorse umane è il reperimento delle persone e il mantenerle legate, il ripetersi di incidenti costituisce un dato molto negativo. Ci sono tanti motivi per scegliere un’azienda o un’altra in cui lavorare, ma certamente quello degli incidenti costituisce un fattore importante. Non è un caso come tante imprese di grido si siano poste l’obiettivo di zero incidenti. C’è sicuramente il desiderio di partecipare a un ridimensionamento del triste fenomeno, ma anche quello di migliorare la propria realtà reputazionale.
Ciò detto, e sempre considerando che sono fondamentali e benemerite le iniziative che possono prendere le singole aziende o i sindacati, credo che sarebbe opportuno se si decidesse di affrontare il problema degli incidenti sul lavoro coralmente, con tutte le parti interessate. Nel recente incontro tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, il tema della sicurezza del lavoro è stato preso in seria considerazione tanto è vero che si è deciso di affrontarlo in una comune sessione di lavoro. Impegno lodevole, che testimonia l’attenzione che si riserva al tema, ma forse la cosa migliore sarebbe quella di allargare quanto più possibile la partecipazione a questo tavolo di confronto. E il primo invitato a farne parte dovrebbe essere proprio il Governo. Perché l’esecutivo ha la responsabilità primaria in merito, dato che l’attenzione dei ministri competenti è fuori discussione, e soprattutto perché solo un intervento legislativo può servire a dare una sterzata a tutte le possibili azioni a favore della sicurezza sui posti di lavoro.
Personalmente credo che questo sia un tema che debba vedere un protagonismo attivo dell’associazionismo dirigenziale. I dirigenti sono l’asse portante delle imprese, l’ossatura sulla quale lo sforzo produttivo coglie i suoi risultati e proprio in quanto tali debbono essere in prima linea in uno sforzo che coinvolga tutto il Paese su un tema così centrale. I manager hanno le competenze necessarie per un approccio realistico, devono essere centrali in questo sforzo.
I dirigenti sono l’asse portante delle imprese, l’ossatura sulla quale lo sforzo produttivo coglie i suoi risultati. Devono essere in prima linea.
