Passi in avanti

Il Paese è chiamato a promuovere una visione della sicurezza che vada al di là dei formalismi. E più di qualcosa si sta muovendo

«All’acqua e ‘a ‘o sole fravica, cu’ ‘na cucchiara mmano»: era il formidabile incipit di “Fravecature” (“Muratori”: «All’acqua e al sole lavora, con una cazzuola in mano»), una poesia di Raffaele Viviani – forse il più vibrante tra i grandi poeti napoletani del secolo scorso, prolifico autore di grandi liriche a cavallo delle due guerre e fino ai primi anni Cinquanta. Nella sua raccolta “Canti del lavoro”, il poeta raccontava l’ordinaria tragedia di Ruoppolo, un manovale che «tene doje creature», due bambini, e lavora su un “anneto” – un andito: insomma, un’impalcatura – finché un tragico giorno «nu’ pere mise stuorto» (un piede poggiato storto), «nu’ muvemiento faveso» (un movimento falso) «e fa nu’ vol’e l’angelo» (fa un volo dell’angelo). «Primma c’arriva, è muorto».

Se anche grazie a Viviani il dolore inaccettabile delle morti sul lavoro tocca ancora l’anima e indigna, l’impressione è che il “corpaccio torpido” dell’opinione pubblica sia assuefatto a questo abominio, e tanto più lo siano alcune articolazioni dello Stato, da cui pure ci si deve attendere reattività operativa risolutiva. E viene in mente – poi basta, lo giuriamo – ancora una poesia in napoletano, più recente e musicata, il “Don Raffae’” di Fabrizio De Andrè: «Prima pagina venti notizie, ventuno ingiustizie, lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna e s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità».

Ecco: se questo è il quadro dell’assuefazione perdente verso le storture del nostro sistema socio-economico va detto che proprio sul fronte degli infortuni e dei decessi sul lavoro, forse qualcosa sta cambiando. Perché un primo segnale concreto d’impegno il Governo in carica l’ha dato, sia riattivando la “patente a punti” per le imprese ad alto “rischio caratteristico” di infortunistica, sia soprattutto riaprendo dopo molti anni le assunzioni di ispettori del lavoro, circa 1000 per ora, che inizieranno a rimpinguare le file di un ruolo operativo essenziale per migliorare preventivamente l’adesione spontanea di imprenditori e maestranze ai principi della sicurezza moltiplicando i sopralluoghi sul campo, rigorosamente a sorpresa.

Già: perché questo è il paradosso. Che oggi, nel creare le condizioni in cui i rischi diventano tragici eventi concreti, concorrono certamente, e in primis, gli imprenditori distratti, incolti o, peggio, incoscientemente cinici, ma anche i lavoratori che troppo spesso disattendono le procedure e disapplicano le protezioni personali. A volte, certo, capita l’abominio di contesti nei quali i lavoratori sono praticamente costretti a lavorare senza protezioni, ma molte altre volte sono essi stessi a trascurarle.

È per questo insieme di motivi che la situazione della sicurezza sul lavoro e degli infortuni mortali è ancora tragicamente critica, in Italia. Vediamo i dati.

Nei primi cinque mesi del 2025 si sono contate 271 denunce di infortunio mortale in calo sul 2024 ma di appena 9 unità e 4 in più rispetto al 2023, a riprova che si tratta di variazioni contingenti non indicative di macrofenomeni. Nel 2024 secondo i dati ufficiali c’erano stati 589.571 (+0,7 %) infortuni totali denunciati, di cui 1.090 casi casi mortali (+4,7 %) tra i 797 sul luogo di lavoro e gli altri in “itinere”, cioè negli spostamenti del personale per e da il luogo di lavoro.

Se si guarda al trend decennale dei dati, la situazione attuale è migliore di quella di quindici o venti anni fa, poiché fino al 2014 si stava su circa 1600 infortuni mortali all’anno. Ma guardando ai confronti internazionali, per misurare il “caso Italia” nei termini severi che richiede, questo miglioramento impallidisce. La media dei Paesi dell’Unione europea registra 1,66 morti ogni 100 mila occupati, con 3286 decessi nel 2022. L’Italia ha invece accusato 2,66 morti per 100 mila occupati, collocandosi all’ottavo posto nella classifica europea. I settori più colpiti, in tutta Europa e anche da noi, sono l’edilizia (23%) seguita da trasporti, agricoltura e industria.

Guardando alle medie mondiali – ma è una magra soddisfazione – si scopre però che non solo l’Unione europea ma perfino l’Italia è “messa meglio” dell’insieme del pianeta, nel quale si stimano 2,9 milioni di decessi annui legati al lavoro, con un tasso globale medio di 4 decessi per 100 mila lavoratori.

Guardando alle medie mondiali, si stimano 2,9 milioni di decessi annui legati al lavoro, con un tasso globale medio di 4 decessi per 100 mila lavoratori

Ma cos’altro sta preparando il governo per accentuare l’azione preventiva contro questa che è pur sempre un’inaccettabile ecatombe? Di sicuro c’è che la maggioranza sta lavorando ad una mozione – in cui vorrebbe coinvolgere anche l’opposizione – per impegnare il governo a continuare sulla strategia intrapresa ma anche a fare di più, e subito. Promuovendo un “salto” culturale importante, che comprenda anche la formazione – sia delle imprese che dei lavoratori – potenziando gli strumenti finora impiegati, a partire dalle scuole superiori, «perché non dobbiamo dimenticare – dice Paola Mancini, senatrice Fdi e membro della Commissione Lavoro del Senato in quanto essa stessa consulente del lavoro – che gli studenti di oggi saranno poi i lavoratori del domani e quindi che questa consapevolezza di cosa vuole dire lavorare in sicurezza non deve essere solo un approccio formalista, come quello sulle 8 ore di lavoro, ma deve essere un approccio integrale nei confronti della vita stessa, perché, come si diceva, la sicurezza è un valore integrale, un modo di vivere appunto in sicurezza. È un approccio che si ha, e si deve avere, sempre: da quando si prende l’auto o il motorino o la bicicletta per andare a lavorare, a quando proprio si sta sul posto di lavoro.»

Naturalmente potenziare la formazione è un modo in più per accrescere la pressione sulle imprese affinché ottemperino scrupolosamente a tutte le regole sulla sicurezza, anche perché, come dice ancora Paola Mancini, «la sicurezza deve essere sempre più adeguata ai diversi contesti, non può limitarsi a garanzie formaliste, come al contrario è stata vissuta per molto tempo. Oggi la sicurezza formale e burocratica non basta più, oggi deve essere effettivamente implementata a misura d’uomo. Anche l’implementazione dell’intelligenza artificiale dovrà essere finalizzata ad allertare tutti i rilevatori di pericolo possibili tenendo al centro l’uomo. Che non dovrà essere emarginato o mortificato, su questo fronte. Ma al contrario valorizzato per individuare anche quei fattori di pericolo che sul lavoro non sempre si possono estrinsecare in numeri.»

La senatrice Paola Mancini: «L’implementazione dell’intelligenza artificiale dovrà essere finalizzata ad allertare tutti i rilevatori di pericolo possibili tenendo al centro l’uomo.»

Un capitolo tutto da riscrivere, in questo quadro, impatta però sul problema dei problemi, ossia l’inserimento di queste garanzie sulla sicurezza negli articolati contrattuali affidati alle negoziazioni ordinarie delle varie associazioni di categoria e territoriali, in rappresentanza delle imprese dal punto di vista negoziale, come lo è il sindacato dal punto di vista delle maestranze.

Problema dei problemi perché la contrattazione va a rilento. Dovrebbe essere la “sede propria” per discutere delle scelte cruciali per la vita delle singole aziende ma anche delle loro risorse umane; a maggior ragione oggi, dopo la nuova legge sulla rappresentanza dei lavoratori nei Consigli d’amministrazione e sulla loro partecipazione agli utili.

C’è da auspicare che con questo nuovo istituto di legge la qualità dei rapporti sindacali possa finalmente fare un passo avanti consistente, in Italia, a tutto vantaggio delle condizioni generali del rapporto di lavoro, e innanzitutto della sicurezza.

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